Riministoria© Antonio Montanari

Fame e rivolte nel 1797

Documenti inediti della Municipalità di Rimini

4. Petizione al Cittadino Bonaparte

 

Al "Cittadino Generale in Capite dell’Armata Francese in Italia Buonaparte li 7. Febrajo 1797", i rappresentanti della Municipalità riminese inoltrano una lunga petizione, nella quale espongono "la situazione deplorabile della loro Città per ottenere per essa tutta quella commiserazione, che, avuto riguardo alle circostanze, può meritare la di lei innocenza, ed il diritto che ha per ciò di essere esaudita dal cuore benefico, non meno che compassionevole" di Napoleone [AP 502]. Nel documento si prende "la cosa un poco più da lontano", per dimostrare "l’onestà della petizione" stessa, raccontando che nel luglio ’96 "quest’infelice Città senza la più piccola colpa per sua parte e solo per l’altrui acciecamento, fu costretta di pagare in tre giorni all’Armata francese la rispettabile somma di scudi sessantatremila settecento in moneta sonante di banco [71]. Questo pagamento per la ristrettezza del tempo, e per l’esorbitanza della somma fu non solo superiore alle forze de Contribuenti, ma non fu neanco eseguito colle regole della giustizia, poicché Rimino dovette improntare anche per quelle Municipalità che non avevano denaro".

"Per cumulo di sventura da molto tempo nel nostro povero Stato", prosegue la petizione, "non circola che o moneta, che per essere quasi tutta di rame si chiama erosa, o di carta, sotto nome di Cedole, quali il nostro Governo ha così aumentato di quantità, che a fronte della moneta la Cedola perde fino il cinquanta per cento". Per pagare in "moneta di banco" ("fina") la somma richiesta dai francesi, la Municipalità riminese fu costretta a "spogliare tutte le Chiese, e le Case dell’argento e dell’oro lavorato". Intanto il Governo promulgava un bando con il quale alla moneta "fina" veniva dato un aumento nominale del trenta per cento. Ma il bando "per delle ragioni particolari non fu promulgato in questa provincia", per cui a Rimini le "monete di banco" continuarono ad avere l’antico valore. Venne così favorita la loro fuga verso le province dove era riconosciuto l’aumento, e dove non si aveva più né moneta "buona" né materia per fabbricarla.

"In mezzo a tanta miseria ecco, che si è improvvisamente presentata la Vostra Armata", prosegue il messaggio a Napoleone: "Abbiamo dovuto cederle tutti i nostri Cavalli, siamo stati obbligati di provederla in fretta di pane, di carne, di vino, di foraggi, di biade, e di legna. Questo carico è forte, ma se a questo solo si fosse limitato il dispendio, noi ci si saremmo adattati con rassegnazione". Lo scritto ricorda che tutti i proprietari "si sono prestati, e si presteranno sempre volentieri, quando, o si richiedono generi che sono nelle loro mani, o quando la richiesta è proporzionata alle loro forze". Se i Commissari francesi "non bene istruiti delle angustie di questa povera Città, e della qualità de’ suoi prodotti, o chiedono somme maggiori delle sue forze, o generi, che non sono del suo suolo", bisogna che Bonaparte sappia come stanno le cose. Il Commissario francese "Tagliard" [Taillard] chiede l’impossibile: cioè vuole prodotti che vanno pagati in contanti ai mercanti per non ridurli alla mendicità, oppure merci che vanno ordinate fuori di Stato e pagate in quella moneta buona che non c’è. Le richieste, ammontanti a circa ventimila scudi, superano le possibilità economiche di Rimini.

La petizione ricorda anche che, nei mesi precedenti all’arrivo dei francesi, il Papa ha "esaurite tutte le nostre risorse forzandosi a dispendj, e sussidj straordinari per preparare una guerra, che è sempre stata disdetta dal nostro cuore"; e che i Commissari napoleonici, appena giunte le loro truppe, hanno preso quel poco che restava nelle casse cittadine. Rimini ha da sopportare infine il carico per il mantenimento delle stesse truppe francesi. In questa situazione, la città chiede "che la somministrazione de generi richiesti sia ridotta almeno alla sola metà, e che per quelli che non abbiamo sia in nostra libertà di somministrar loro tanto denaro nelle specie, che circolano nella Provincia, cioè parte in cedole, e parte in moneta erosa". Per le "pubbliche casse", la petizione propone di poter "esiggere non solo le gravezze, che sono della ragione della Città, ma che partecipiamo per l’avvenire anco di quelle, che erano della Camera Apostolica", per "sostenere almeno una parte delle grandiose spese a cui ci forzano le straordinarie circostanze nelle quali ci troviamo involti senza colpa, e senza delitti" [72].

 

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