Riministoria© Antonio Montanari

Aurelio Bertòla politico, presunto rivoluzionario. Documenti inediti (1796-98)

di Antonio Montanari

[da "Studi Romagnoli" XLVIII (1997), Cesena 2000, pp. 549-585]

 

NOTE AL TESTO

Per tornare ai capitoli:

1. Un filosofo della Storia 2. La paura della "mendicità" (1795-96) 3. Partenza da Rimini (21 ottobre 1796) 4. La malattia a Bologna (novembre 1796) 5. Ritorno a San Lorenzo (3 dicembre 1796) 6. In fuga a Roma (15 gennaio 1797) 7. L’invasione francese ed il caso Martinelli 8. Il "cittadino" Bertòla a Rimini (26 aprile 1797) 9. Il "Piano dell’educazione letteraria" (maggio 1797) 10. Le Letture patriottiche (agosto 1797) 11. La "giubbilazione" da Pavia (ottobre 1797) 12. L’ultimo viaggio a Milano (gennaio 1798)

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NOTE AL TESTO

1 L’abate philosophe Giovanni Cristofano Amaduzzi, pur definendola "pregevolissima", considerò la Filosofia della Storia opera difficile per lo stile "cinquecentistico", nuovo nella penna di Bertòla, e "faticoso ad esser compreso di primo lancio da chi la legga per solo diletto": cf. lettera a Bertòla, 11 marzo 1789, minuta in Fondo Amaduzzi, Biblioteca Accademia Filopatridi, Savignano sul Rubicone [in seguito FAF], codice 4. [La riproduzione è fedele ai manoscritti. Le nostre integrazioni all’interno delle citazioni sono indicate entro parentesi quadre. Le parti sottolineate sono rese in corsivo.]

2 Cf. Filosofia della Storia, libro III, capo V, § XXI e § XXII; e libro II, capo IV.

3 Cf. rispettivamente Fondo Piancastelli, Biblioteca Saffi di Forlì [in seguito FPS], 64.11 per la Breve Introduzione, e FPS, 64.16 per il Ragionamento. La data della Breve Introduzione è determinabile in base ad un passo all’inizio, nel paragrafo intitolato Elementi di Cronologia. Il Ragionamento fu utilizzato da Bertòla negli anni accademici 1786/87 e 1787/88, come si ricava da annotazioni autografe. I due mss. non sono numerati nelle pagine. [Nelle citazioni epistolari, la sigla "FPS" sarà usata nel nostro testo tra parentesi quadra, facendola seguire dal numero relativo della classificazione. L’epistolario tra Bertòla e Ippolito Pindemonte, da cui ricaveremo alcune notizie, è stato pubblicato in E. M. Luzzitelli, Ippolito Pindemonte e la fratellanza con Aurelio De’ Giorgi Bertòla, Foggia, 1987, pp. 89-156: nelle citazioni useremo la sigla "PL", seguita dal numero di pagina e dalla data, sia per le lettere di Bertòla sia per quelle di Pindemonte. I documenti provenienti dal FPS sono quasi tutti inediti: soltanto alcuni, infatti, sono stati ripresi brevemente, e talora con errori, in alcune biografie di Bertòla, sempre però per sostenere la tesi che egli sia stato un acceso rivoluzionario.]

4 Altri giudizi sulla realtà contemporanea si possono ricavare dai due discorsi massonici tenuti a Milano nel 1788, di cui diremo in una nota successiva.

5 Le notizie che presentiamo sono tolte da cronache locali e documenti riprodotti in numerosi luoghi da A. Dolcini nel suo Napoleone il "bifronte", Bologna 1996, e dall’Atlante per il Dipartimento del Rubicone a cura di G. Gattei e P. G. Pasini, "Romagna arte e storia", n. 6, 1982.

6 Cf. M. A. Zanotti, Giornale di Rimino per gli anni 1796 e ’97, SC-MS. 314-315, Biblioteca Gambalunghiana di Rimini [in seguito BGR], passim.

7 Cf. A. Bianchi, Storia di Rimino dalle origini al 1832, manoscritti inediti a cura di A. Montanari, Rimini 1997, p. 169. Bianchi (che fu bibliotecario alla BGR), riferisce però a prima dell’armistizio di Bologna l’episodio, ignorato da Zanotti e dagli storici che si sono rifatti al suo Giornale.

8 Cf. P. Pozzetti, Notizie per l’elogio di Aurelio De’ Giorgi Bertòla, Rimini 1779 (BGR, 13.MISC.XII.49), p. 12.

9 Sui rapporti tra Bertòla e la Mosconi, cfr. A. Montanari, La filosofia della voluttà. A. Bertòla nelle lettere di E. Mosconi, Rimini 1997. Lauretta è nata nel 1785.

10 Cf. A. Baldini, La malattia di Aurelio Bertòla, in "Nozze Malaguti-Montanari", Garattoni, Rimini 1929, p. 52.

11 Luzzitelli (op. cit., p. 20) scrive che Wilczeck era Gran Maestro della Gran Loggia Provinciale della Lombardia austriaca. A Wilczeck (ib., p. 25), Bertòla aveva dedicato le Operette in verso e in prosa nel 1785.

12 "Pindemonte mi scrive che tu sei fatto anche Bibliotecario dell’Università": cf. nel cit. La filosofia della voluttà, p. 26. È una lettera della Mosconi a Bertòla (1784).

13 Bertòla il 19 giugno 1788 [FPS, 63.16] era stato nominato dal Regio Imperial Consiglio di Governo "Reggente delle Scuole minori del Gesù", in sostituzione del can. don Carlo Corti, con il compito di "regolare il metodo di dette Scuole, ed introdurvi il buon gusto, col sistemarle in tutti i loro rapporti".

14 Questo Diario si compone di tre parti. Le prime due constano di piccoli fascicoli, la terza di un foglio volante. Il primo fascicolo (cm 13,4x18,4), è di 36 pp. e comprende il periodo dal 14 giugno 1793 al 28 gennaio 1795. Il secondo fascicolo (cm 13x18,6), è di 8 pp. (di cui l’ultima senza testo), e si riferisce al periodo dall’11 ottobre 1796 al 15 gennaio 1797. Infine il foglio volante (quattro facciate, cm 9,9x27,2), comprende il periodo 1° aprile 1797-11 maggio 1797. Nel corso del presente lavoro citeremo anche un’aggiunta (6-10 marzo 1797), dal retro della lettera FPS, 63.50.

15 Cf. i quattro articoli apparsi in RiminiLibri, nn. 7, 8, 9, 12 e poi raccolti in A. Montanari, Un "Diario" inedito di Aurelio Bertòla, "Quaderni di Storia", n. 1, Ed. Il Ponte, Rimini 1994. Gli originali del "Diario" sono conservati in Fondo Gambetti, Miscellanea Manoscritta Riminese [in seguito FGM] della BGR, cartella "Bertòla De’ Giorgi, A." assieme ad altre carte che citeremo in seguito.

16 Che il viaggio fosse diretto a Pavia, lo attesta anche la lettera FPS, 62.260 di C. Zacco a Bertòla (del 26 novembre 1796).

17 Mons. Garampi fu Nunzio apostolico a Vienna dal 1776 al 1785, anno in cui viene nominato Cardinale: sull’argomento, cf. il volume di U. Dell’Orto, La Nunziatura a Vienna di Giuseppe Garampi, Città del Vaticano, 1995. Erano gli anni di Maria Teresa (morta nell’80) e del figlio Giuseppe II (1780-90). A quest’ultimo succede il fratello Leopoldo II, imperatore sino alla morte nel ’92, quando gli subentra il figlio Francesco II (l’altro figlio è il Granduca di Toscana Ferdinando III).

18 Cf. in Dolcini, Napoleone, cit., p. 288.

19 Anche questi brani sulla situazione storica romagnola, sono ricavati da Dolcini, Napoleone, cit., passim.

20 Cf. A. Varni, L’Emilia Romagna nell’Italia napoleonica, in "Storia dell’Emilia Romagna", Bologna 1980, vol. III, p. 30. Scrive don Saverio Tomba che in quei giorni del ’96 era molto "periglioso" essere qualificato "giacobino" (Dolcini, Napoleone, cit., p. 291).

21 Cf. G. Scotti, La vita e le opere di Aurelio Bertòla, Milano 1896, p. 25.

22 I "due amici" potrebbero essere Orintia Sacrati (cf. infra nel nostro testo), e Nicola Martinelli.

23 Questa persona è indicata come Serafini, ma in realtà si tratta di Serafina Mularoni, una giovane che Bertòla aveva preso sotto la sua protezione, e che poi finì al suo servizio.

24 La somma risultava da 24 scudi e 20 bajocchi per vitto ed alloggio, 20 bajocchi per acqua di tabacco, e 36 scudi prestati al cinque per cento.

25 Cf. A. Baldini, La malattia, cit., p. 53.

26 Questa lettera viene recapitata a Bertòla dal mercante riminese Nicola Giangi, noto anche come autore di cronache (che citeremo): cfr. BGR, SC-MS. 340 (1782/1809), dove incontriamo la notizia della morte della madre di Bertòla, Maddalena, di anni 84 circa, avvenuta la sera del 13 gennaio 1789; e quella della scomparsa dello stesso poeta, che riportiamo in seguito. Circa Storti, va ricordato che Bertòla collaborò con lui alla redazione del Nuovo giornale enciclopedico italiano dopo la morte della curatrice Elisabetta Caminer, come risulta da vari passi del "Diario" e da varie lettere [FPS ] non soltanto dello stesso Storti. Da una minuta di Bertòla a Storti del 29 novembre 1796 [FGM], apprendiamo che il riminese aveva chiesto a Zacco (cfr. la cit. lettera di risposta di Zacco, FPS, 62.260), di fargli ottenere il permesso di ingresso a Venezia proprio adducendo, come "vera ragion mercantile che so esser la migliore", quella di lavorare per il Giornale. La lettera di Storti del 17 dicembre sembra esser la risposta a questa missiva di Bertòla del 29 novembre. Sull’argomento, cf. A. Montanari, Bertòla redattore anonimo del Giornale Enciclopedico. Documenti inediti, in "romagna, arte e storia" n. 50/1997, pp. 138-141.

27 Il viaggio era iniziato, secondo quanto risulta dal Diario, il giorno precedente. Nell’aprile ’97 l’identico viaggio da Bologna (partenza il 24) a Rimini (arrivo il 26), come vedremo, sarà interrotto da una sosta a Forlì (il 25).

28 Si vedano le insinuazioni della Mosconi a proposito di Orintia nel cit. La filosofia della voluttà, p. 73.

29 La lettera è datata Roma 11 febbraio 1797 ed indirizzata al "cittadino Lorenzo Mascheroni professore all’Università di Pavia": cf. G. Gervasoni, Dodici lettere inedite di A. B., in "Studi su A. B. nel II centenario della nascita (1953)", Bologna, s. d., p. 140. Il 14 gennaio Bertòla aveva segnato nel Diario l’acquisto di "un tavolino da scrivere in piedi".

30 L’epistola reca la data del 24 ottobre 1797 [PL, p. 155]. C. Tonini nella sua Coltura letteraria e scientifica in Rimini, Rimini 1894, II, p. 374, riferisce erroneamente l’espressione "fuggendo una persecuzione del Governo Romano" non alla partenza di Bertòla da Rimini, ma a quella successiva da Roma. Così pure Scotti, op. cit., p. 26, ed A. Piromalli, La storia della cultura, in "Storia di Rimini dal 1800 ai nostri giorni", V, Rimini 1981, p. 26. Secondo il cit. Gervasoni, Bertòla fuggì da Rimini perché ai "locali giacobini" dovette "sembrare troppo conservatore, e dare ombra di cultura e di fama" (p. 140, nota 33). Piromalli (ib.) ipotizza motivi opposti a quelli esposti da Gervasoni, scrivendo che è "molto più verosimile" che Bertòla sia fuggito "per i tumulti riminesi contro i magistrati della città sospettati di favorire i Francesi" (che però, come lui stesso aggiunge, non erano ancora entrati in città), "e per i movimenti dei contadini intimoriti dalla notizia della venuta dei Francesi". Sia Gervasoni sia Piromalli sono lontani dalla verità a causa dell’errore di Tonini (che oltretutto attribuiva la lettera di Pindemonte al Rubbi).

31 Così Nicola Giangi nel cit. SC-MS. 340.

32 Bertòla avrebbe voluto recarsi a Napoli con l’amico Antonio Di Gennaro, duca di Belforte, abitante in quella città: cf. FPS, 63.37.

33 "L’accusa di aristocratico lo bandiva anche da Roma": cf. A. Roffi, Studi su A. Bertòla, Forlì 1914, p. 18, dove però non troviamo la fonte della notizia, inserita oltretutto in un contesto cronologicamente errato. Infatti si dice che il ‘bando’ da Roma avvenne mentre Bertòla "scriveva le Lettere [recte: Letture] istruttive". Come vedremo, l’incarico al poeta di compilare le Letture è successivo e risale all’agosto del ’97. Pozzetti nelle citt. Notizie, p. 12, non parla del motivo della partenza di Bertòla da Roma, scrivendo soltanto: "Rivide anche in questo torno la bella Firenze, e quei letterati, che apprezzavanlo grandemente, donde fece ritorno a Rimino".

34 La richiesta di Martinelli è accolta il 21 aprile 1797 dall’Amministrazione Centrale con lettera (da Forlì) diretta alla Municipalità di Rimini: "La di lui esenzione sarà durevole quanto lo saranno i bisogni di sua salute, e niente più" (cf. AP 901, Epistolario 1797-1798, Archivio Storico Comunale di Rimini, in Archivio Stato Rimini [in seguito ASR], n. 124, c. 321). Martinelli viene sostituito da Luigi Ferrari (cf. AP 503, Copialettere 1797, ASR, 25 aprile 1797, pp. 281-282).

35 Il vero titolo dell’Amministrazione Centrale era "dell’Emilia".

36 Il cit. documento n. 124 di AP 901 [ASR], è il primo, tra quelli inviati quotidianamente alla Municipalità di Rimini, ad essere spedito da Forlì: esso ci permette di stabilire che la data dell’effettivo trasferimento da Ravenna a Forlì dell’Amministrazione Centrale è appunto il 21 aprile, mentre l’annuncio ufficiale (datato 15 aprile) parla del giorno 18 (AP 901, c. 29r). Tale annuncio è tratto dal foglio a stampa della stessa Amministrazione Centrale (cf. in M. A. Zanotti in Raccolta di Stampe, SC-MS. 1195, BGR, c. 84).

37 Il prof. Peter Franck (direttore generale della Medicina per la Lombardia al tempo della dominazione austriaca), è una vecchia conoscenza di Bertòla: con lui ha compiuto il celebre viaggio sul Reno.

38 C. Botta, Storia d’Italia dal 1789 al 1814, 1824, p. 146.

39 La lettera in FPS è erroneamente catalogata con l’anno 1795 e di mittente ignoto.

40 La Repubblica di San Marino, "richiesta di "estradare" il vescovo di Rimini, Vincenzo Ferretti […] si prestò ubbidiente alla pretesa di Bonaparte (anche se, non potendo consegnare il vescovo che aveva già preso il largo da Senigallia, restituì soltanto il suo bagaglio), ricevendone in cambio l’attestazione ufficiale del rispetto francese per l’indipendenza della piccola Repubblica e, più concretamente, l’esenzione dalle contribuzioni militari, una congrua sovvenzione di cereali e quattro cannoni (che, a vero dire, i sammarinesi non si curarono mai di richiedere)": cf. il cit. Atlante per il Dipartimento del Rubicone, p. 51. Mons. Ferretti fece ritorno a Rimini il 13 aprile. La Municipalità gli scrisse il 18: "Abbiamo tutta la compiacenza che il Generale Francese vi abbia restituito alla vostra greggia. Ce ne congratuliamo vivamente certi di sperimentare propizj effetti del vostro ristabilimento" (cf. AP 503, ASR, pp. 237-238).

41 Le citazioni riportate sono tolte dalla Lettera al Conte Nicola Martinelli Presidente della Municipalità di Rimino, Foligno 1797, passim. L’opuscolo consta di 24 pp., e contiene quattro documenti: [I] la lettera della Municipalità di Ravenna del 1° Aprile 1797 (p. 3) che trasmette [II] "una Stampa della Giunta di Difesa generale" del 28 marzo, indirizzata "Agli Abitanti dell’Emilia" (pp.4-6); [III] la risposta della Municipalità riminese, firmata da Martinelli (pp. 7-8); e [IV] la replica a Martinelli stesso della Giunta di Difesa (pp. 9-24), nella quale ci si riserva di dire "molto di più" in altra occasione "in cui occorra parlare" di Martinelli, o di scrivere la storia della sua vita politica. Per quanto ci risulta, l’unico accenno a tale Lettera è quello contenuto nel ms. Zanotti [SC-MS. 315, cit., pp. 126-127], ove si ricorda che l’affermazione di Martinelli (sull’"affare di mezz’ora" e sull’"ultimo sforzo della Romana debolezza"), "era molto dispiaciuta": "Un soggetto di riguardo, che gli fù compagno in Collegio non volle trascurare l’offesa, che venne fatta alla Corte medesima, onde con severo, e critico scritto in forma di lettera reso pubblico colla stampa in Foligno, gli dimostrò qual fù la vera debolezza Romana nella tolleranza di tanti di lui maneggi non solo, ma ben anche nella mal spesa beneficenza verso di lui, e de’ suoi sì largamente praticata, e caratterizzò quindi il Conte come credé meritare". Il "soggetto di riguardo" autore della risposta è il presidente della stessa Giunta di Difesa, Giuseppe Luosi, che in seguito sarà ministro della Giustizia nella Cisalpina. La Lettera è segnalata nell’unica scheda intitolata a "Martinelli Nicola" esistente nel Catalogo Gambetti, BGR. In testa alla p. 3 della Lettera, il tradizionale motto "Libertà-Uguaglianza" (che appare in tutti i documenti ufficiali), è sostituito dalla beffarda triade "Chimera-Empietà-Impossibilità". Un esemplare della Lettera è in BGR, 11.MISC.RIM.113,17. (Sul frontespizio non è indicato il tipografo, ma soltanto il luogo di stampa.) Merita attenzione l’accenno alla "Loggia rustica", che pare indicare in Martinelli un esponente della Massoneria: nella quale si potrebbe ipotizzare la garante di tutta l’attività politica svolta dal conte riminese e che non risultava gradita alla Giunta di Difesa. Il dissidio tra la Giunta e Martinelli potrebbe infine confermare l’esistenza di due anime all’interno del movimento ‘giacobino’ locale.

42 La notizia su Nicola Martinelli "destinato ambasciatore in Vienna", che è del tutto inedita, si ricava dalle lettere FPS, 63.133-134 di Bertòla a Francesco Martinelli, delle quali parliamo in seguito. Sull’attività politica di Martinelli all’inizio del sec. XIX, cf. G. C. Mengozzi, Figure e vicende del Risorgimento, I. L’età napoleonica, pp. 61-62, in "Storia di Rimini dal 1800 ai nostri giorni, I. La storia politica", Rimini 1978.

43 Copia della lettera (del 5 novembre 1799) è conservata in ASR, AP 545, Lettere Segrete della Magistratura.

44 Cf. A. Piromalli, op. cit., p. 25: "Di questi ultimi anni i documenti sono scarsi e sarebbe interessante conoscere i rapporti di idee del Bertòla con Nicola Martinelli".

45 Amaduzzi, discutendo degli atteggiamenti del "puro Antiquario", aveva fatto notare a Bertòla come fosse difficile che tali atteggiamenti stessero "perfettamente a livello collo spirito illuminato del secolo" [FPS, 8.290, 24 dicembre 1776]. Dello stesso Amaduzzi si debbono ricordare i tre importanti Discorsi filosofici.

46 Cf. P. Bargellini, Pian dei Giullari, IX, Il primo Ottocento, Firenze 1962, p. 37. Monti fu in rapporto di viva amicizia con Bertòla, come testimoniano le sue lettere ("Preparaci un’accoglienza tutta Petrarchesca perché vogliamo esser Platonici, e tutto sentimento" [1797, FPS, 311.111]: cfr. G. Pecci, Le relazioni di A. B. col Metastasio, col Monti e col Foscolo, "Studi Romagnoli", V, 1954, p. 504).

47 La cit. è tolta dal sonetto ironicamente intitolato Elogio a Vincenzo Monti di Fusignano, ed attribuito a padre Lorenzo Fusconi: cf. U. Foschi, Un sonetto contro Vincenzo Monti, La Piê, n. 2/1997, p. 52.

48 Ha scritto F. Del Beccaro ne Il viaggio renano del Bertòla, in "Studi su A. B. nel II centenario della nascita (1953)", op. cit., p. 51: "non si dimentichi l’apporto del Bertòla ai moti emiliani del 1797, che taluno vorrebbe preparati anche dallo stesso abate nove anni prima con certi discorsi, rimasti inediti, che il Bertòla pronunciò a Milano". Esaminiamo in breve questi due discorsi [FPS. 64.2]: il primo è un retorico elogio della "più fina filantropia", buono anche per qualsiasi istituzione caritatevole contemporanea; nel secondo, Bertòla narra dei suoi "studiosi pellegrinaggi" in Alemagna, con riferimenti alle divisioni interne alla Franca-Massoneria, a Cagliostro e alla setta tedesca degli Illuminati (allora in crisi), sostenitori di "una specie di nuova repubblica platonica" capace secondo alcuni di "recare un fatale sconvolgimento" nei governi. Nel primo discorso, Bertòla sostiene che la Massoneria, intesa quale aristocrazia intellettuale e morale, grazie alla sua sapienza è passata indenne "fra lo stupir delle rivoluzioni". Nel secondo, accenna alle "rivoluzioni improvvise che sono già accadute" (per colpa delle "miserie altrui", cioè dei non massoni), e a quelle "onde siamo minacciati": "È un nembo che s’avanza rapidamente […]; noi lo vedremo avvicinarsi senza temerlo; e lo vedremo dileguarsi senza averlo provato". È difficile trovare in questi due discorsi la preparazione ai moti emiliani del ’97. (Un estratto del secondo discorso è in A. Bertòla, Diari del viaggio in Svizzera e in Germania (1787), a cura di M. e A. Stäuble, Firenze 1982, pp. 309-314.)

49 Cf. il saggio di A. Traina in Odi e Epodi, Milano 1994, p. 17. Amaduzzi si riferiva ad Odi, III, 9. 22.

50 Il 25 giugno a Forlì (cf. lettera dell’Amministrazione Centrale del 13 giugno, FPS, 63.12), Bertòla, Rosa e Strocchi erano stati convocati per affrettare il compimento del progetto del "Piano". Nicola Martinelli aveva scritto il 13 giugno (FPS, 61.14): "Alla fine del mese dovrai venir qua con Strocchi, e Rosa". Rosa abitava anch’egli sulle colline di Rimini, a poca distanza dallo stesso Bertòla ("Rosa è al suo casino discosto dal mio cammino di mezz’ora", FPS, 63.154), mentre Strocchi era a Faenza. Bertòla a Pindemonte parla di "due corse" fatte a Forlì nell’estate del 1797 (cf. la cit. lettera del 24 ottobre in PL, p. 155). Se la prima è quella di giugno, la seconda è determinabile a settembre in base alla lettera inviata appunto da Forlì a Strocchi in data 11 [FPS, 63.152]. Il Piano è stato pubblicato nel 1893 da A. Tambellini, cfr. BGR, 13.MISC.CVI.23, con notizie inesatte (nella prefazione) sulle vicende di Bertòla politico.

51 Da un successivo documento [FPS, 63.14, del 5 ottobre 1797], si ricava che il beneficio era in territorio di Forlimpopoli.

52 Per non restare "abbandonato in una solitudine, privo di ogni assistenza", Bertòla chiedeva l’interessamento di Maria Martinelli presso la famiglia del marito Luca Soardi, allo scopo di trovare una persona che lo assistesse a San Lorenzo.

53 Cf. il cit. Atlante per il Dipartimento del Rubicone, p. 62: "Uniteci alla Lombardia o a quella tale repubblica che il vostro cuore generoso donerà all’Italia alla conclusione della pace", aveva scritto pubblicamente a Napoleone.

54 Il capoluogo sarà trasferito da Rimini a Forlì il 1° settembre ’98 con il decreto del Direttorio della Cisalpina che riorganizzava il suo territorio riducendo i Dipartimenti da venti ad undici, e facendo scomparire quello del Lamone: "mentre l’Imolese veniva nuovamente separato dalla Romagna ed annesso al Dipartimento del Reno, l’intero territorio tra il Senio e l’Adriatico era unificato in un unico Dipartimento del Rubicone" (cf. il cit. Atlante per il Dipartimento del Rubicone, p. 79).

55 Non possiamo, per evidenti ragioni di spazio, analizzare qui tutto il contenuto delle Letture [BGR, C.214], sul quale ci ripromettiamo di intervenire in altra occasione.

56 Michele Rosa aveva attestato l’aggravamento delle condizioni di Bertòla, in un certificato che accompagnava (il 2 luglio, secondo quanto scrive A. Baldini, La malattia, cit., p. 53), la domanda di giubilazione presentata dal riminese. Alcune delle espressioni contenute nel certificato riportato da Baldini ("è combattuto da sì gagliarda e continua palpitazione di cuore, accompagnata da sibilo e da un fremito straordinario, esteso a tutta la regione de’ precordi, che incute a medici stessi un fondato timore che il male sia già passato ad una lesione organica de’ precordi medesimi"), si trovano citate e commentate in una lettera dello stesso Rosa a Bertòla del 22 maggio 1797 [FPS, 627.30], che esamina la situazione fisica del poeta e contiene il suggerimento: "non terreri nimis, nec fidare". Probabilmente, tale lettera del 22 maggio aveva accompagnato il certificato inviato a Bertòla, e poi da questi spedito a Milano il 2 luglio. (Il certificato è pure in Scotti, op. cit., p. 26.) Della giubilazione si parla anche in FPS, 471.64: "Le dure circostanze hanno fatto che nulla più si sia potuto ottenere se non il terzo della giubilazione per l’aureo celeberrimo Bertòla. […] Ma per Bertòla spero bene che ci saranno quanto prima in Repubblica altri porti". Il testo è in lettera di Strocchi, ma di altra mano (forse di Ronconi).

57 Cf. Libbro Volture del 1774 al 1799 intitolato Catastro de’ Nobili, III, pp. 87-88, ASR. Di uno di questi acquisti, registrato dal notaio Franchi il 18 novembre 1797, troviamo traccia anche in un appunto di mano di Bertòla sul documento FPS, 63.41, relativo al "Campo delle Monache di S. Eufemia". Forse si riferisce a questo fondo il passo della lettera a Strocchi [FPS, 63.152] in cui si parla di una spesa di scudi 1.146. Sui debiti lasciati dal poeta, cf. il cit. "Diario", passim. Nicola Martinelli ed Orintia Romagnoli quali creditori fecero causa a Serafina Mularoni, nominata erede universale di Bertòla.

58 Sulle idee di Strocchi, basti questo passo da una lettera a Bertòla del 22 settembre 1797 [FPS, 471.65]: "La nostra causa piace agli dei, che mi sembrano aver dichiarato il loro favore alli Francesi".

59 Martinelli va a rinunciare alla carica di ambasciatore a Vienna perché la sua salute non sopporta climi rigidi: cf. la lettera di Bertòla a Francesco Martinelli da Milano, del 3 febbraio 1798 [FPS, 63.133]. In FPS, 63.134 [Milano, 7 febbraio ’98] Bertòla scrive allo stesso Francesco che suo fratello Nicola "destinato ambasciatore in Vienna, ha per ragioni di salute presentata la sua rinunzia"

60 Qui leggiamo poi: "Vostro fratello […] vi commette di salutare in suo nome il Cittadino Alessandro Belmonte […], e dirgli che gli spiace di non essersi ingannato ne’ suoi vaticinj". Non sappiamo di che si tratti: possiamo immaginare soltanto previsioni infauste sulla dominazione napoleonica, anche in base alla cit. lettera FPS, 63.133.

61 La spedizione in Egitto parte da Tolone il 19 maggio 1798.

62 Il periodo si determina in base ad una serie di documenti e di atti notarili. Cf. "Diario" cit., pp. 8-9. Il palazzo Martinelli sorgeva nell’omonima via (ora Serpieri).

63 Cf. l’Atto di morte steso da padre Francesco Maria Veroli, parroco di Santa Maria in Trivio (chiesa di San Francesco, cioè Tempio Malatestiano), in Libro dei Defonti, Archivio Diocesano, Rimini, p. 69. Copia dell’Atto è in una scheda del cit. Catalogo Gambetti, BGR.

64 Secondo G. Pecci, op. cit., p. 510, la sepoltura avvenne "nella cappella della Madonna dell’Acqua".

65 Tale articolo era stato steso per il n. XL (previsto in uscita con la data del 30 giugno, la stessa della scomparsa di Bertòla): assieme al precedente per il n. XXXIX, è conservato manoscritto in FGM. Entrambi appartengono alla serie intitolata "Studi democratici", della quale sono rispettivamente il quinto e sesto capitolo. La collezione delle Letture in BGR, C.214 si ferma al n. XXXVIII.

66 Cf. FPS, 63.9 e 63.171.

 

Per tornare ai capitoli:

1. Un filosofo della Storia

2. La paura della "mendicità" (1795-96)

3. Partenza da Rimini (21 ottobre 1796)

4. La malattia a Bologna (novembre 1796)

5. Ritorno a San Lorenzo (3 dicembre 1796)

6. In fuga a Roma (15 gennaio 1797)

7. L’invasione francese ed il caso Martinelli

8. Il "cittadino" Bertòla a Rimini (26 aprile 1797)

9. Il "Piano dell’educazione letteraria" (maggio 1797)

10. Le Letture patriottiche (agosto 1797)

11. La "giubbilazione" da Pavia (ottobre 1797)

12. L’ultimo viaggio a Milano (gennaio 1798)

 

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