Riministoria© Antonio Montanari

Due maestri riminesi al Seminario di Bertinoro.

Lettere inedite (1745-51) a Giovanni Bianchi (Iano Planco)

di Antonio Montanari

 

Note al testo

 

1 Le quattro lettere sono datate 11 marzo 1749, 3 maggio 1749, 4 novembre 1750 e 18 settembre 1751. L’unica che non tocca il nostro argomento, quella del 1750, contiene una raccomandazione inviata da Bianchi a mons. Colombani, tramite Cenni, per tale Domenico Brunelli. Tutte le lettere di vari autori, indirizzate a Giovanni Bianchi, che saranno qui citate, sono conservate nel Fondo Gambetti della Biblioteca Gambalunghiana di Rimini (BGR), ad vocem.

2 Giovenardi parla di "quelli della nostra setta" (27 ottobre ’45). Cenni cita i "Bianchisti" (2 giugno ’51).

3 La definizione è tolta da una lettera da Bertinoro (2 luglio ’49) del forlivese dottor Vincenzo Galbani a Bianchi, in cui si tratta di una polemica suscitata da Cenni a proposito dell’iscrizione dettata dallo stesso Galbani per una campana della Cattedrale di Bertinoro. Le Note Critiche composte da Cenni e la relativa risposta di Galbani, si trovano nella cartella "Cenni L." del Fondo Gambetti, Miscellanea Manoscritta Riminese (BGR). Nella lettera del 2 luglio ’49 Galbani dice di aver letto "un foglio di riflessioni critiche" su quella iscrizione, "tinte d’un velenoso inchiostro, col quale (e non altro) franca[men]te dissi segnarsi le pagine dalla Scuola di Rimino, quando per essa vuolsi a qualchuno stringer adosso il giubbone, o quando si pretende avilirlo, come nel mio caso, che sono una pagliaresca casa". Le parole di Galbani, indirettamente, evidenziano uno degli aspetti della personalità di Bianchi (spirito polemico, intolleranza verso le critiche e le opinioni contrarie alle sue), che dovette riflettersi in modo inevitabile anche sopra la sua scuola ed i suoi seguaci. G. L. Masetti Zannini, in pochi tratti, ha delineato efficacemente la personalità di Bianchi: spiccatissima "coscienza del proprio indiscusso valore", "studio di primeggiare", "diffidenza verso gli altri (un uomo come lui, in relazione con innumerevoli persone, ebbe in realtà pochissimi amici)": cf. Vicende accademiche del Settecento nella carte inedite di Iano Planco, in "Accademie e Biblioteche d’Italia", xlii, 1-2, 1974, p. 54. (Vincenzo Galbani era stato nel ’40 medico di Longiano: cf. Viaggi 1740-1774 di G. Bianchi [SC-MS. 973, BGR], c. 14v.)

4 "Una gratuita scuola, o per meglio dire una pubblica Università di ogni sorte di Studj": cf. G. Giovenardi, Orazion funerale in lode di mons. Giovanni Bianchi, Venezia 1777, p. xxvii.

5 Cf. Viaggi 1740-1774 , ms. cit., c. 365r.

6 Nelle lettere, egli si firma talora anche Matteo, oppure Matteo Domenico. Per il cognome, troviamo pure Giovanardi. Anche nelle lettere di Cenni e del vescovo il cognome subisce la stessa variazione. Noi abbiamo uniformato la grafia in Giovenardi, senza ulteriori precisazioni nei luoghi interessati.

7 Si tratta della cit. Orazion funerale.

8 Cf. L. Giovenardi, I Giovenardi nei 122 anni successivi di possesso della chiesa dei SS. Vito e Modesto, Diocesi di Rimini, Gatteo 1892, passim. L’autore era pure lui sacerdote. A p. 15 si legge: "Bello era il vedere allorché il Canonico Mattia Giovenardi passeggiando accompagnava il cugino Giampaolo che, fatta la scuola, ritornava ai SS. Vito e Modesto: perciocché dopo breve tratto di strada, rissando quasi nemici si separavano, e la causa era questa che il Canonico Giovenardi avvegnaché dotto, pure non trovando mai nel discorrere la parola che confacesse all’idea, o meglio non avendo punto di comunicativa, l’altro indispettito lo lasciava brontolando". Nella lettera del 4 agosto ’44 inviata da Lorenzantonio Santini a Bianchi, si legge: "Giovanardi Junior è fuori un’altra volta dal Seminario". Sulla figura di Giampaolo G., si veda lo studio di P. Meldini, Il medico di Parrocchia, in "San Vito e Santa Giustina, contributi per la storia locale", Rimini 1988, pp. 173-187. Giampaolo era figlio di un altro Giovenardo e di Lucia Arcangeli (cf. in SC-MS. 375, BGR, la biografia inedita di Giampaolo, opera di anonimo, e raccolta dal bibliotecario della stessa BGR, Antonio Bianchi [1784-1840]). Sul testamento di G. Bianchi, cf. in Atti di Francesco Masi, 1775, c. 591r, Archivio di Stato Rimini. In alternativa a Giovenardi, per l’elogio funebre, sono qui fatti i nomi di Cesare Torri e Lorenzo Drudi.

9 Cf. la lettera datata 16 giugno ’48: "Due sole copie delle novelle del Sig. Ab[at]e Giovenardi di Bertinoro erano venute nelle mie mani".

10 Cf. L. Tonini, Indicazioni, o Memorie di Scrittori, e d’Opere Riminesi (1841), SC-MS. 1306, BGR, p. 316. In lettera del 12 settembre 1741 al dottor Francesco Pedroni di Santarcangelo, nel Minutario di Bianchi (MS-SC. 969, BGR), troviamo che Mattia "per molti anni è stato" discepolo di Bianchi stesso "in Filosofia, e Lingua Greca".

11 Cf. la cit. Orazion funerale, pp. xxxii-xxxiii.

12 Dall’Album Lynceorum, pubblicato nelle Novelle Letterarie di Firenze, vi, 1745, coll. 842-846, ricaviamo l’elenco degli accademici fondatori: "Ianus Plancus, Restitutor perpetuus; Stephanus Gallus, Scriba perpetuus; Franciscus Marius Pasinius, Censor; Ioannes Paullus Iuvenardus, Censor; Matthias Iuvenardus, Ioannes Antonius Battarra, Comes Iosephus Garampius, Gregorius Barbettus, Laurentius Antonius Santinius, Ioannes Maria Cella".

13 Negli anonimi (ma dello stesso Bianchi) Recapiti del Dottore Giovanni Bianchi di Rimino (1751), il finale "catalogo degli scolari" cita "il sig. canonico Mattia Giovenardi, professore pubblico di Filosofia in s. Arcangelo" e il "sig. abate Lucantonio Cenni, maestro di rettorica nel seminario di Bertinoro" (p. VI).

14 Cf. Lynceorum restitutorum codex, SC-MS. 1183, BGR, cc. 13r/v.

15 Cf. C. Tonini, La Coltura letteraria e scientifica in Rimini, Rimini 1884, ii, pp. 325-329. A p. 329 si ricorda il duplice plauso epistolare, tributato da Federico il Grande di Prussia nel ’69 e nel ’70 al nostro poeta.

16 Il 16 febbraio ’51, a proposito della rappresentazione de I due gemelli veneziani di Carlo Goldoni, Cenni scrive a Bianchi: "mi conviene ogni dì impazzire a diriggerla in meglio, ed io per mancanza di soggetto devo sostenere la parte di servetta".

17 Così si legge nella lettera (datata 19 marzo 1749) del vescovo di Bertinoro, che apre il carteggio. Si tratta del futuro card. Giuseppe Garampi

18 Il carteggio di Mattia Giovenardi comprende 42 lettere: 28 sono degli anni 1745-48, datate Bertinoro. Quello di Cenni ne contiene 135: le prime 50 (1749-52) sono spedite da Bertinoro, così come le nn. 94-112 (1758-63).

19 La disavventura di Cenni per il suo "amoretto con una giovane di Bertinoro", è ricordata da C. Tonini, Coltura, cit., p. 326.

20 Si legge il 9 febbraio ’49: "il frate P: F: a lei noto per mezo del Sig[no]re Abbate Cenni". Giovenardi allude forse ad un colloquio intervenuto fra Cenni e Bianchi. Non esiste infatti nessuna lettera di Cenni anteriore a quella data: il carteggio di Cenni inizia l’11 aprile ’49. Contro i frati, Giovenardi scrive anche in altre epistole. Il 30 aprile ’46, ad esempio, ricorda che arcivescovo di Ravenna e vescovo di Cervia erano fuori sede "mangiando, e bevendo alle spese de loro preti", e precisa: "Sono frati ambedue tanto che basta".

21 La lettera di Bianchi è allegata al foglio di Giovenardi datato 8 giugno ’49 (lettera "che io le rimando indietro, siccome ella desidera", scrive Giovenardi).

22 Mons. Galvani ("prelato tutto dedito agli studi"), è stato vescovo di Bertinoro dal ’34 al ’47: cf. L. Gatti, Bertinoro, Notizie storiche, Forlì 1938, p. 84.

23 È la lettera datata 27 ottobre ’45. Il verso riportato conclude una composizione del XVIII sec. che riproduciamo integralmente: "Son Goti irresoluti i Ravennati / Son Ebrei di Romagna i Forlivesi / Son padri delle balie i Cesenati / Son scimmie di Bologna gl’Imolesi / I Riminesi son tutti spiantati / Sarsina e Cervia stan male in arnese / Mantengon le gallere i Faentini / E in Bertinoro son son buoni i vini" (cf. N. Matteini, Romagna una terra, Rimini 1995, p. 94).

24 Cf. lettera del 27 maggio ’51. Qui si parla del Prefetto "homo bilinguis" (è una citazione della favola iv del libro ii di Fedro, nella quale si ricorda il "male che può ordine una lingua infida e doppia").

25 Ibidem.

26 Cf. lettera dell’11 agosto ’51.

27 Cf. lettera del 24 agosto ’51.

28 Scrive C. Tonini, Coltura, cit., p. 326: sembra che Cenni "lasciasse in istato, come suol dirsi, interessante" il suo "amoretto".

29 Nel sonetto allegato alla lettera del 30 agosto ’60, Cenni si firma "maestro pubblico della Città di Bertinoro". [Il sonetto, dedicato a Sant’Eufemia, gli era stato richiesto da Bianchi per l’antico monastero riminese a lei intitolato: esso è stato da noi pubblicato in Pagine di Storie & Storia, n. 2, supplemento al settimanale riminese "Il Ponte", n. 3 del 3 marzo 1996.] Cenni resterà a Bertinoro fino al ’63, quando si trasferirà a San Marino (cf. lettera del 30 agosto ’63: "sono stato fatto Maestro della Repubblica di S. Marino con la paga di scudi 100, e la Casa, ma ò l’obligo di tenere, e pagare il Sotto Maestro"; in precedente lettera, del 5 luglio, accusa il vescovo Colombani di aver tramato ai suoi danni, per escluderlo dalla riconferma "nel pubblico impiego" a Bertinoro; riconferma che il 23 agosto dichiarava di "aver ottenuto da Roma […] ad onta de’ pochi nemici, che qui tengo"). A San Marino Cenni fu "institutore dell’Accademia de’ Titanici" (cf. Schede Gambetti, BGR). Dopo San Marino, sarà la volta di Urbania, nel ’69. Prima del ritorno a Bertinoro era stato maestro pubblico a Comacchio, dal ’53.

30 Si tratta dell’abate Stefano Galli (1721-88), allievo di Bianchi e poi Minutante alla Segreteria di Stato a Roma. Planco quando, come si è visto sopra, nel ’45 ricostituisce a Rimini l’Accademia dei Lincei, nomina "Stephanus Gallus Ariminesis, probibliotecarius publicus, vir græce et latine doctus, scriba perpetuus", cioè segretario perpetuo. Da un documento inedito del 1748, conservato nell’Archivio di Stato di Rimini (cf. Archivio Storico Comunale di Rimini, AP 690), si apprende che Galli era stato sino ad allora "custode" (cioè, "probibliotecarius" o vicebibliotecario) della Gambalunghiana di Rimini da sette anni, assumendo poi "per modo di provisione" la carica principale, tra la cacciata per motivi politici di Lodovico Bianchelli (giugno ’48) e l’assunzione di Bernardino Brunelli (dicembre ’48, su raccomandazione del cardinal Legato). Per le vicende di Galli e Bianchelli alla Gambalunghiana, cf. il nostro articolo Il contino Garampi ed il chierico Galli alla "Libreria Gambalunga". Documenti inediti di prossima pubblicazione su "Romagna arte e storia".

31 Cf. lettera dell’11 aprile ’49.

32 Il 4 maggio ’49 Giovenardi si dichiarava in attesa di un priorato o di un canonicato, propendendo per quest’ultimo perché per il priorato "è assai maggiore la spesa, e la soggezione, altresì dicono che sia minore la rendita". (Cenni in calce alla lettera del 30 aprile, scrive a Bianchi di aver saputo dallo stesso Mattia Giovenardi che questi stava per esser "proveduto del Priorato di Santarcangelo".) Nella lettera del 26 dicembre ’49, egli si firma: "Mattia Canonico Giovenardi". Egli vide realizzato il suo desiderio probabilmente per interessamento di suo cugino Giampaolo che a Santarcangelo fu pubblico lettore di Scienze dal ’39 al ’49, anno in cui successe allo zio Gaudenzo come arciprete di San Vito. (Sulla morte dello zio Gaudenzo, cf. la lettera di Giampaolo a Bianchi dell’8 aprile ’49: "Quantunque in questo avvenimento, come ho fatto ancora in altri, abbia ricorso alla Filosofia, con tutto ciò non hò potuto ottenere da questa, di non provare una di quelle perturbazioni d’animo, dalle quali è agitata la nostra umanità, quantunque faccia ogni possa la ragione, per mantenersi ferma, e stabile contro gli urti di così fatte percosse".) Mattia era stato raccomandato da Bianchi, nella cit. lettera del 12 settembre 1741, al dottor Francesco Pedroni (per fargli ottenere una cattedra al Seminario di Ravenna), come "uomo dottissimo […] in ogni genere d’ottimi studi molto versato". Il 13 settembre ’41, don Mariangelo Fiacchi di Ravenna parla con Bianchi dell’abate Giovenardi e del "negozio" con l’arcivescovo per tale cattedra. In data precedente (9 luglio), don Fiacchi dice che Giovenardi sotto la "disciplinata scuola" di Bianchi "si è fatto quel valente letterato che è, e a cui istanza verrebbe a seminare in questo paese le sue virtù". Da un’epistola inviata da don Fiacchi a Bianchi il 10 febbraio ’45, ed avente per oggetto una raccomandazione per il cit. abate Galli, apprendiamo che nel ’41 l’istanza di Giovenardi, "dotto discepolo" di Bianchi, "non ebbe buono effetto". L’arcivescovo di Ravenna era Ferdinando Romualdo Guiccioli. Suo fratello Alessandro il 21 maggio ’45 viene eletto alla sede vescovile di Rimini, facendo iniziare per la città un’"epoca infausta", secondo il cronista M. Zanotti, perché Rimini divenne in quell’anno suffraganea della chiesa ravennate (cf. L. e C. Tonini, Rimini dal 1500 al 1800, ii, Rimini 1888, pp. 336-339).

33 Ricaviamo i dati anagrafici di mons. Colombani dal cit. volume di L. Gatti, Bertinoro, p. 84: egli morì nel 1788 dopo 40 anni di vescovato.

34 Ringrazio mons. Antonio Drudi di Bertinoro per avermi cortesemente fornito copia dell’atto di battesimo (Archivio Diocesano di Bertinoro, vol. 15, 1751-1766), ove si legge che i coniugi Cenni provenivano dalla parrocchia "SS. Trinitatis". Il sacerdote che officiò il battesimo, fu il Sacrista Stefano Galamini. Rusticiana è "patrona particolare di Bertinoro", mi ha spiegato mons. Drudi, mentre a Lucia era dedicata un’originaria devozione della Cattedrale del luogo. Il nome del "patrinus", Filippo Mangelli, è preceduto da un’abbreviazione quasi illeggibile, per i tratti della grafia e la qualità dell’inchiostro: ma pare possibile interpretarla come "Adv" (avvocato). Non è stato possibile rintracciare il registro dei matrimoni del 1751.

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