Riministoria© Antonio Montanari

"Monsieur l'Abbé, carissimo Fratello"

 

Quella lingua francese che padre Giorgi suggeriva a Casanova di studiare, l'abate Amaduzzi la usa per scrivere l'indirizzo delle lettere che da Roma invia al "carissimo Fratello" Monsieur l'Abbé François Marie Amaduzzi dans le College Insigne de Savignano. Sono documenti inediti che abbiamo potuto esaminare presso la Rubiconia Accademia dei Filopatridi, nella cui Biblioteca sono conservati. (1) Le annotazioni in essi contenute, prevalentemente riguardano problemi di famiglia e questioni pratiche di tutti i giorni, dal vestiario al cibo. Non mancano però riflessioni di carattere morale, osservazioni su come comportarsi nei rapporti con il prossimo, e cronache su fatti della Chiesa.

"Domattina seguirà la solenne clausura del Seminario Romano, e l'espulsione de' Gesuiti dal medesimo coll'intervento de' tre Cardinali visitatori e del Prelato Segretario per la pubblicazione ed intimazione del decreto", si legge nella missiva del 16 settembre '72. Tre giorni dopo, Amaduzzi fa la cronaca degli eventi preannunciati: la cerimonia del 17 è avvenuta "colla scorta di 277 soldati, e coll'intervento di numeroso popolo, tuttoché il tempo fosse piovoso". Prosegue Amaduzzi: "Vedo ora i Gesuiti, ed i loro Fautori assai umiliati".

Il 26, un'altra notizia: "Ieri mattina fu loro [ai Gesuiti] levata anche la Chiesa di San Vitale, ed affidata ai Padri Passionisti". Manca ancora quasi un anno alla soppressione della Compagnia dei "Solissi", che avverrà il 21 luglio '73. (2)

Il 20 gennaio '73, Amaduzzi traccia un breve profilo del pontificato di Clemente XIV, che gli appare "tutto opposto al regolamento degli altri", perché "ora non giovano gl'impegni, e le aderenze".

Dalla sua esperienza, l'abate savignanese trae spunto per invitare il fratello a non scaldarsi troppo in certe discussioni: "Se doveste stare in Roma, cambiereste e cuore, e lingua, sebbene la moderazione stia bene in tutti i luoghi, e perciò non è meraviglia, se io sento molti mal contenti della vostra fierezza, ed acrimonia, quale non sò, come intendiate unirla colla pietà, che deve essere mansueta, e tollerante. Ma per voi sono questi discorsi noiosi, ma però tali, che da me dobbiate volentieri riceverli".

Il 20 maggio 1772, Amaduzzi aveva già spiegato al "carissimo Fratello" che "chi vuol stare in pace in questo Mondo, del che io non trovo cosa migliore, conviene che s'adatti a tutti gli umori che son pur vari e diversi. Lasciate voi pure tanto ascetismo che è buono solamente in Chiesa in tempo d'orazione, ma non già in ogni atto civile ed esterno".

La stessa lettera contiene alcune curiosità sulla vita di Amaduzzi: "Ricevo 12 paoli che mi favorisce il Fratello a cui i miei saluti e ringraziamenti distinti. Monsignor Borgia mi fece trovare sabato mattino un bell'abito di mezzo tempo ed assai nobile sopra del letto di casa senza che io ne sapessi la provenienza, che mi fu ben facile d'immaginarvisi. Siccome questo è stato fatto da un sartore a sola descrizione di mia statura senza misura, così è riuscito abbondantissimo, e mi conviene perciò farlo scucire quasi tutto e farlo addattare al mio scopo, dopo aver fatto le spese di farmi accomodare l'altro mio. Perciò mi cresce quella spesa in tempo, che mi sono incomodato molto a mantenere per alcuni giorni a titolo di carità un povero e buon vecchio Riminese di 84 anni raccomandatomi da Mons. Bianchi, e che finalmente mi è riuscito di accomodare nell'Ospizio de' vecchi invalidi di San Michele a Ripa, per special grazia, ed ordine di Nostro Signore il quale è passato sopra a tutte le difficoltà, ed ha derogato alle leggi del luogo per usare questa clemenza a questo povero vecchio a mio riguardo, dicendomi che frattanto accomodava il vecchio, e che poi avrebbe accomodato me. Peno io frattanto di molestarvi ma perché non vorrei debiti attorno, che troppo mi occorrono, sarebbe facile, che il Fratello mi facesse avere un altro zecchino se nò avrò pazienza benché n'abbia precisa necessità per farmi il ferraiolo che non ho ancora potuto fare. Sia benedetta la miseria, benché la mia sia splendida per gli onori che riscuoto in mezzo alla medesima e che uniti alla mia moderazione filosofica mi rendono questa meno sensibile, e meno penosa. Ricevetti volentieri le calzette, e le solette de' piedi. Pregate nostra madre, che mi saluterete caramente, a farmi fare due, o tre paia di manichetti senza le mezze maniche, che son buone, ma che non siano di quella tela ultima, giacché sono andati subito in malora, e perciò sarà meglio, che siano di quella tela fiorata che dura di più".

Il tema del vestiario (assieme a quello dei soldi), torna di frequente nell'epistolario famigliare di Amaduzzi: "Mi conviene farmi una veste per camera d'estate, giacché quella che portai meco da casa, non ne può più. M'abbisognano pure le parti davanti all'abito di nobiltà, ed un paio di calzoni di raso…", scrive a Francesco Maria il 21 aprile 1773.

All'altro fratello Giuseppe Antonio, Amaduzzi comunica il 22 settembre '74: "Per mezzo d'un vetturale di Coriano recuperai sino da ieri mattina il fagotto contenente otto formaggi, e due mortadelle insieme alla calzette nere, e colle solette, e di tutto vi ringrazio di tutto cuore". Da Savignano e dintorni, al dotto abate amici e conoscenti inviano spesso prodotti gastronomici locali: il 29 agosto '72, Amaduzzi dichiara di aver ricevuto "i due Presciutti mandatimi dai Signori Amati di Gatteo", ed una non meglio precisata "scattola del Signor Pietro Borghesi". (3)

Il cibo romagnolo conquista gli amici romani di Amaduzzi: "Ho qualche obbligazione a persona a cui è venuta voglia de' Bazzotti di Romagna, e per mezzo mio li vuole…", sembra quasi implorare il fratello abate affinché esaudisca la sua richiesta. (4)

 

 

Note

 

(1) Il volume primo comprende 204 lettere a Monsieur l'Abbé François Marie Amaduzzi dans le College Insigne de Savignano, Roma 1766 - 1772. Il volume secondo contiene: 122 lettere allo stesso François Marie Amaduzzi, Roma 1772 - 1792; 30 lettere con copertina che reca: Piccola raccolta di lettere dell'ab. Giovanni Cristofano Amaduzzi scritte al di Lui fratello Giuseppe Antonio dimorante in Savignano loro Patria (1772-1782); e Panegirico e sette prefazioni fatte in tempo de' suoi studi: sono esercitazioni scolastiche svolte presso Iano Planco a Rimini.

(2) Cfr. qui nel cap. su Amaduzzi, p. 39, e nel cap. L'insonnia di Papa Ganganelli, pag. 61.

(3) Pietro Borghesi (1722-1794) ampliò la raccolta numismatica iniziata dal padre Bartolomeo, e passata poi al figlio (anch'egli di nome Bartolomeo, 1781-1860), che diverrà famoso per il suo lavoro di ricerca in questo settore del collezionismo dotto.

(4) Lettera del 29 agosto '72.

 

 

Da Antonio Montanari, "Lumi di Romagna" (1992-93), pp. 103-106

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