Riministoria

Antonio Montanari, Scienza e Carità

11.

L’infanzia, "problema politico" del fascismo (1925-1940)

 

 

Con l’Opera Nazionale di protezione ed assistenza della maternità e dell’infanzia [ONMI], istituita dalla legge 10 dicembre 1925, n. 2.277, il fascismo intende dimostrare che il problema dell’infanzia è "squisitamente politico, di eugenetica, demografia, igiene e difesa sociale, di progresso morale, economico e culturale". [1]

L’ONMI nasce dopo l’Opera Nazionale del Dopolavoro (1° maggio 1925) che ha "lo scopo di promuovere il sano e proficuo impiego delle ore libere dei lavoratori", dopo il Patronato nazionale per l’assistenza sociale (26 giugno 1925), e prima dell’Opera Nazionale Balilla (3 aprile 1926), "destinata a preparare i giovani fisicamente e moralmente". [2] L’ONMI è la risposta alla "decadenza demografica" dell’Italia, provocata da tre fattori: anzitutto l’urbanesimo che, "diretta filiazione dell’industrialismo", a sua volta produce atteggiamenti di "nuovo egoismo" i quali fanno dimenticare il "supremo orgoglio della paternità e della maternità"; poi l’emigrazione verso l’estero, ed infine l’insufficiente organizzazione sanitaria. [3]

Il rimedio fondamentale alla "decadenza demografica" della nazione, viene indicato in un’"educazione dell’anima" attraverso la religione, da attuare nella famiglia la quale deve vivere in un’"Italia rurale" pensata come "nerbo dello Stato in pace e in guerra". [4] Per ottenere questo risultato, Mussolini ha ideato la "conciliazione" tra Stato e Chiesa; ha preso misure "per la difesa della razza" che anticipano le leggi del ’38 [5]; ha creato lo "Stato Corporativo"; ed ha iniziato la "battaglia del grano" e le bonifiche integrali onde evitare l’emigrazione e favorire lo sviluppo delle campagne. [6] Il principio ispiratore della politica demografica dello "Stato etico" che il fascismo si prefigge di realizzare, è di mirare non solo alla quantità ma anche alla qualità. [7]

Le "finalità sociali" dell’ONMI, definita "grande organo della politica sociale e nazionale fascista", sono anzitutto quelle di trasformare la beneficenza in assistenza "come forma della politica sociale". [8] Per modificare la realtà esistente, il 15 aprile 1926 è emanato un Regolamento applicativo della legge del ’25, che detta le norme relative ai "compiti d’integrazione e coordinamento delle attività svolte da altri Enti o istituti e dai privati", e per la vigilanza ed il controllo sulle singole istituzioni di assistenza da parte dell’ONMI. [9]

Il prezioso lavoro di queste "singole istituzioni" viene inevitabilmente oscurato dalla politica del regime. Ne abbiamo una prova nella Relazione Sanitaria per l’anno 1938 del nostro Comune, dove si osserva, genericamente, che per l’infanzia e la maternità "pur tanto si fa a Rimini con mezzi sinora modestissimi". Nessun riferimento sottolinea l’azione particolare dell’Aiuto Materno. [10] L’ONMI a Rimini non disponeva di una propria sede, ed era ospitata presso lo stesso Aiuto Materno. [11]

A tutto il 31 dicembre 1930, in Italia esistevano "211 Istituti per la Maternità di cui 131 di ricovero, indipendentemente dalle private iniziative che non sono facilmente controllabili". Il problema dei rapporti con gli istituti preesistenti alla legge del 1925, non tocca soltanto gli aspetti igienici o terapeutici, ma riguarda (soprattutto) le "deviazioni educative" dalla linea politica del regime fascista, e le "resistenze passive dei singoli enti" [12] che immaginiamo gelosi della loro autonomia di gestione e d’indirizzo.

La legge del ’25 riserva all’ONMI il potere di elargire contributi e sussidi: "Tali sovvenzioni sono, di regola concesse, per mettere in grado le istituzioni stesse di sopperire a spese necessarie e indilazionabili pel loro normale finanziamento, alle quali non possono far fronte con le ordinarie entrate. Hanno la preferenza le istituzioni che, per ristrettezza di mezzi disponibili in relazione all’assistenza esercitata, versino in condizioni di maggior bisogno, e a parità di condizioni quelle che risultino meglio amministrate e dirette". [13]

L’ONMI "provvede alla protezione ed alla assistenza: a) delle gestanti e delle madri bisognose od abbandonate; b) dei bambini lattanti o divezzi fino al quinto anno, appartenenti a famiglie bisognose e dei minorenni fisicamente o psichicamente anormali, oppure materialmente o moralmente abbandonati, traviati o delinquenti, fino all’età di anni 18". Altre sue funzioni sono "la diffusione delle norme igieniche, la profilassi contro la tubercolosi e le malattie infantili, la vigilanza sulle istituzioni che assistono i minori, il coordinamento con la Provincia per l’assistenza ai fanciulli abbandonati. L’ONMI aveva anche compiti di assistenza economica alle madri sprovviste di mezzi". [14]

Il programma fascista in tema di assistenza infantile, raccoglie le istanze [15] della nuova cultura scientifica sviluppatasi tra Ottocento e Novecento, che il duce inserisce però in una diversa prospettiva politica, attribuendovi finalità opposte rispetto a quelle con cui erano state formulate. Tale mutamento è un aspetto che non riguarda soltanto la questione dell’assistenza infantile, ma rimanda al più ampio discorso sull’ideologia mussoliniana, nata nel segno del verbo socialista rivoluzionario, sviluppatasi con il programma sansepolcrista del 1919, ed approdata alla dittatura.

I cambiamenti storici successivi, dal ’25 al ’40, condizionano l’attività dell’ONMI. Basta scorrere alcuni titoli dei giornali di quegli anni, per rendersene conto. Come esempio prendiamo le cronache locali de Il Popolo di Romagna. [16] Nel 1932 un breve titolo ("Fasci femminili") è sormontato da tre righe di ‘occhiello’ con una citazione mussoliniana: "Ci siamo già sganciati dal concetto troppo limitato di filantropia per arrivare al concetto più profondo di assistenza. Dobbiamo fare un passo avanti: dall’assistenza, dobbiamo arrivare all’attuazione piena della solidarietà nazionale". [17] Nel testo si ricorda: "Ogni Fascio Femminile ha costituito un piccolo centro di assistenza materna ed infantile". Non si citano ovviamente gli istituti ‘privati’ come il nostro Aiuto Materno.

Nel 1933 un breve servizio (intitolato "L’Opera Maternità nell’anno XI realizzerà il comandamento del Duce"), ricorda che Mussolini "nel discorso dell’Ascensione e nella prefazione del libro del Korherr, Regresso della nascite morte dei popoli", ha lanciato la parola d’ordine: "Massimo di natalità, minimo di mortalità". A fianco, appare un’altra massima mussoliniana da mandare a memoria: "Fra tutte le insurrezioni dei tempi moderni, quella più sanguinosa è stata la nostra". [18]

Annunciando l’edizione dello stesso 1933 della tradizionale Giornata della Madre e del Fanciullo che si celebra ogni 24 dicembre, il foglio fascista scrive: "E il Natale, festa della Cristianità, esaltazione della Natività e della Divina figura di Maria, è dedicato a celebrare, in forma suggestiva e poetica il valore politico e sociale della famiglia, elemento essenziale della Nazione". [19] La cronaca della manifestazione è introdotta a piena pagina da un altro motto di regime: "Bisogna onorare la madre e il bambino perché ciò significa onorare i valori supremi della stirpe". [20]

Le cerimonie riminesi vedono presente il prof. Del Piano, primario dell’ONMI cittadina e presidente della Federazione provinciale dell’Opera stessa: "Durante la distribuzione dei premi in denaro, delle culle, dei regali e giochi i bambini del Brefotrofio cantavano gli inni della Patria". In "tutte le chiese della Diocesi, d