Riministoria

Antonio Montanari, Scienza e Carità

9.

L’Ospedalino Regina Elena (1925)

 

 

Già auspicato da suor Isabella Soleri sin dall’istituzione dell’Aiuto Materno [1], e previsto per il 1920, il "piccolo ospedale per bambini infermi" può iniziare la sua attività soltanto il 29 luglio 1925. [2]

Il ritardo nella sua realizzazione è dovuto alla mancanza di fondi per la gestione. Nel dicembre 1920 il Consiglio dell’Aiuto Materno, tracciando un bilancio della propria attività negli ultimi cinque anni, scrive: "Nei primi tempi l’opera che svolgeva il nostro Istituto era delle più modeste e pari alle entrate ordinarie e straordinarie di cui poteva disporre". [3] Le numerose offerte raccolte non sono riuscite però a soddisfare le necessità di bilancio. [4] Il Comune di Rimini ha versato un contributo straordinario di 300 lire soltanto nel 1911. [5]

Il costo "sempre crescente dei generi di vitto e l’aumento di tutte le altre spese", leggiamo nella Relazione del dicembre 1920, "hanno consigliato ad allargare la sfera dell’Opera che altrimenti avrebbe inevitabilmente vissuta una vita troppo anemica e forse sarebbe stata assorbita da qualche Ente maggiore per l’impossibilità assoluta di funzionare coi mezzi di cui poteva disporre".

Fu così che il Consiglio d’Amministrazione "aderì alla richiesta del locale Comitato di Assistenza Civile, di ricoverare e mantenere" alcuni figli di combattenti. Dal 1916 al ’19, l’Assistenza Civile versa all’Aiuto Materno la somma complessiva di 20.617,26 lire.

Cessato tale servizio, l’istituto "si trovò in gravi preoccupazioni, poiché le entrate previste non erano sufficienti a coprire le spese più che triplicate, e l’accresciuto concorso della pubblica beneficenza non avrebbe potuto che in minima parte sopperire al disavanzo che si andava creando, molto più che una spesa di circa lire 10.000 era necessaria per le riparazioni al fabbricato danneggiato dal terremoto del 1916". [6]

Per rimediare tale cifra, nel 1919, il Consiglio d’Amministrazione decise di vendere allo Stato due ‘gioielli di famiglia’, ricevuti con la donazione di suor Soleri: un quadro trecentesco di scuola riminese ed un bassorilievo rappresentante la Pietà. [7] Lo Stato però ha offerto soltanto novemila lire, settemila per il polittico e duemila per il bassorilievo. [8]

Il Consiglio d’Amministrazione, nell’aprile 1920, ha chiesto (ed ottenuto) che il valore delle due opere fosse elevato a 10.000 lire, da destinare al pagamento dei "lavori in parte eseguiti e in parte da eseguirsi", decidendo all’unanimità anche "di soprassedere per il momento all’impianto dell’Ospedalino, ferma la massima di effettuarlo quanto prima possibile". [9]

Il 9 febbraio 1921 il Ministero della Pubblica Istruzione emette un mandato per il pagamento all’Aiuto Materno della cifra pattuita, a condizione che le due opere d’arte vengano trasferite a Ravenna, in attesa che a Rimini sia sistemato un locale della Pinacoteca per accoglierle. L’Aiuto Materno, a marzo, scrive alla Soprintendenza delle Gallerie e dei Musei di Bologna, che appariva del tutto inutile spedire a Ravenna i due pezzi, per farli rientrare successivamente a Rimini: la procedura, inoltre, avrebbe ritardato il pagamento del mandato, mentre l’istituto "aveva urgenza di esigere le 10.000 lire per soddisfare alle spese dei lavori già eseguiti". [10]

Il 4 agosto 1921 "la Soprintendenza dei Monumenti di Ravenna, per conto della Direzione Generale delle Belle Arti (Ministero della Pubblica Istruzione), prende in consegna dalla Presidenza dell’Istituto "San Giuseppe" per Aiuto Materno e Infantile in Rimini: 1) Un polittico del secolo XIV in cinque scomparti, di scuola riminese, e 2) un bassorilievo del secolo XV rappresentante la Pietà; e li affida in deposito alla Civica Biblioteca Gambalunga e Museo annesso in Rimini". [11] Allegata all’Atto di consegna, si trova la Descrizione del polittico e del pannello, grazie alla quale è possibile identificare le due opere. Il polittico raffigura una Crocefissione centrale, con ai lati i Santi Barbara e Damiano (alla destra), Apollonia e Cosma (alla sinistra). Esso è attualmente esposto al Museo della città. [12] Il "pannello marmoreo del secolo XV, con busto di Cristo in medaglione, due angeli e due profeti nei pennacchi" è invece conservato nei magazzini dello stesso Museo.

Ottenuti i fondi, l’Aiuto Materno riesce a realizzare l’Ospedalino che, dotato di quattordici letti per bambini inferiori ai sei anni, è "destinato a colmare una grave lacuna nell’assistenza sanitaria locale". [13] In occasione del giubileo reale, esso viene intitolato "al nome augusto di S. M. la Regina Elena".

Privati ed enti diversi dalla Deputazione Provinciale e dal Comune (che godono di una speciale convenzione), pagano per i ricoveri dei bambini una retta di 12 lire, pari a quella per il ricovero delle gestanti in sala di maternità. [14]

Nel primo anno di attività, il 1926, le giornate di presenza all’Ospedalino furono 93. Negli altri settori dell’Aiuto Materno, "le gestanti legittime ricoverate in sala di Maternità per il parto furono 53", con una presenza media individuale di quindici giorni pro capite. Le giornate di presenza dei bambini in Sala di Custodia "per malattia della madre o per ragioni del suo lavoro o per provvedere all’isolamento del bambino e sottrarlo all’infezione tubercolare dell’ambiente famigliare furono 3.060". [15]

Dalle statistiche del bollettino comunale pubblicate da Ariminum sull’intero anno 1930 [16], si rilevano questi dati: 3 degenze esistenti già al primo gennaio, 27 degenze nuove per complessive 30 degenze annuali. Usciti nell’anno 28 bambini, dei quali 8 morti. Al 31 dicembre restano 2 degenze.

Per il 1938, dalla stessa fonte, ricaviamo: 2 degenze esistenti già al primo gennaio, 108 ingressi durante l’anno; usciti 103 (di cui 26 per morte), sette presenze a fine anno. [17]

[1] Cfr. nel cap. 4. L’Istituto San Giuseppe, Ente Morale (1915), la petizione al re scritta da Fanny Malvezzi Pugliesi. Cfr. pure A. Del Piano, L’Aiuto Materno di Rimini (1910-1928), cit., p. 31.

[2] La lapide, esistente tuttora nel palazzo Soleri, ricorda la data dell’inaugurazione, al termine dell’epigrafe che riporta i nomi di suora Isabella Soleri, Giovanni Facchinetti e di Antonio Del Piano. Cfr. pure la delibera del 31 ottobre 1919 (AAM), ove si legge che l’apertura dell’Ospedalino era prevista "col nuovo anno 1920".

[3] È la cit. Relazione (dicembre 1920).

[4] In tale Relazione si legge che le offerte furono di lire 1.579,75 nel 1916; 1.868,30 nel 1917; 4.782,85 nel 1918; 4.304,35 nel 1919; 5.407,60 nel 1920 (cfr. pp. 1-2). Circa le necessità di bilancio dell’Aiuto Materno, va ricordato che la crisi economica post-bellica aveva provocato una svalutazione della lira, e quindi anche dei titoli ricevuti dall’Istituto con la donazione di suor Soleri. Si noti che un capitale di centomila lire del 1914 (a tale cifra assommavano quei titoli), si era ridotto nominalmente nel 1921 a 18.200 lire.

[5] Cfr. Atti del Consiglio Comunale di Rimini, 1911 (pp. 66-67, ASC in ASR), seduta del 22 aprile 1911: "Vi è noto che da diversi mesi, per nobile e generosa iniziativa di un Comitato di gentili signore, è sorta a funzionare nella nostra Città l’istituzione dell’"Aiuto Materno" i cui fini rispondono ad un vero bisogno cittadino e la forma si concreta in una azione pratica di bene intesa carità". Con il contributo di 300 lire, il Comune aveva il diritto di nominare un proprio rappresentante in seno al Consiglio di presidenza dell’Aiuto Materno. La deliberazione è confermata in seconda lettura il 22 aprile (ib., p. 147). Il consigliere dott. Angelo Lazzari, nella prima seduta, aveva rilevato che "il Comune avrebbe anche potuto stabilire un contributo maggiore se il R[egi]o Commissario non avesse" in precedenza diminuito il dazio sul latte, che egli proponeva di riportare all’antica quota per dare in futuro un sussidio maggiore all’Aiuto Materno. Il rappresentante del Comune (e della Congregazione di Carità), nel 1924-26 è il cav. Vittorio Semprini, sostituito (per sue dimissioni) il 25 novembre 1926 dal dott. Alessandro Bonora che successivamente diverrà presidente dell’Aiuto Materno. Il 23 ottobre dello stesso anno si era dimessa la Giunta comunale Del Piano, ed il 28 ottobre si era insediato il Commissario Prefettizio Francesco Militello (Cfr. Atti del Consiglio Comunale di Rimini, 1924 (p. 30) e 1926 (pp. 242-243, ASC in ASR).

[6] Per le "urgenti riparazioni al fabbricato dell’Aiuto Materno, danneggiato dal terremoto del 1916", era stata iscritta nel bilancio preventivo del ’19 una somma di lire tremila. Iniziati i lavori di riparazione, se ne presentarono urgenti altri, "per destinare i locali al servizio Esposti", con una spesa totale di 8.857,95 lire, mentre ne restavano da eseguire ancora per 7.642,95. Calcolando "il contributo che si spera di ottenere dallo Stato di circa lire 3.400, e la somma stanziata nel preventivo 1919 di lire 3.000", nel 1920 rimaneva "a provvedersi per completare i lavori" della somma di 10.000 lire, "ricavabile dalla vendita dei due oggetti d’arte". Cfr. il Verbale della riunione del Consiglio d’Amministrazione del 1° aprile 1920, con oggetto "Riparazione al fabbricato e vendita di quadri" (AAM).

[7] Cfr. Relazione (dicembre 1920), cit., pp. 2-3.

[8] Cfr. il verbale della riunione del Consiglio d’Amministrazione del 31 ottobre 1919 (AAM).

[9] Cfr. il cit. verbale del 31 ottobre 1919.

[10] Cfr. la lettera del 17 marzo 1921 (AAM).

[11] Seguono le firme di F. S. Beltrami, Presidente dell’Aiuto Materno, A. F. Massera per la Biblioteca Civica e dell’arch. A. Annoni, Soprintendente.

[12] Cfr. P. G. Pasini, Museo della città, Rimini 1995, pp. 28-29. Dell’Atto di Consegna, inedito, che citiamo dall’esemplare in AAM, non abbiamo trovato traccia negli Atti d’Ufficio della BGR. Secondo Pasini (op. cit., p. 29), il polittico potrebbe esser stato in origine nella chiesa riminese della Crocina. Per C. Volpe, La pittura riminese del 300, Spagnol, Milano 1965, esso proveniva dal "Convitto di Rimini" (p. 89).

[13] Circa l’età massima per l’ammissione all’Ospedalino, si legge nel verbale del 12 marzo 1914 che, su proposta del dott. Domenico Pierelli, la dizione originaria (contenuta nel Progetto di Statuto, cfr. Donazione cit.: "per ricoverare un determinato numero di fanciulli poveri bisognosi di cura, fino all’età di cinque anni"), veniva modificata in "fino ai cinque anni compiuti", "per togliere ogni dubbio" perché soltanto ai bambini dall’età di sei anni in poi era "offerto il beneficio della spedalità gratuita nel civico ospedale". Il prof. Del Piano aveva spiegato che "appunto è intenzione di sr. Soleri provvedere a tale lacuna". Lo Statuto del 1915 reca soltanto "fino all’età dei cinque anni". In un testo a stampa, senza data (ma successiva al regolamento 13 aprile 1926 della legge 10 dicembre 1925), intitolato Norme per l’ammissione ai reparti di Assistenza presso l’Aiuto Materno di Rimini, si legge che all’Ospedalino sono accolti bambini "fino all’età di sei anni su ordinativi di ricovero di Comuni o Enti vari". Lo stesso testo ("fino all’età di sei anni"), è all’art. 36 del nuovo Regolamento interno del 1931.

[14] Cfr. le citt. Norme. Del Piano, nel suo articolo L’Aiuto Materno di Rimini (1910-1928), cit., precisa che nel 1928 la quota era salita a lire 15.

[15] Cfr. A. Del Piano, L’Opera dell’Aiuto Materno in Rimini dal 1910 al 1926, cit, pp. 18-19. Qui (a p. 9) Del Piano ricorda "l’assidua cura" del consigliere cav. Vittorio Semprini (rappresentante, come si è già visto, del Comune e della Congregazione di Carità), che "amorevolmente" si adoprò per l’allestimento dell’Ospedalino.

[16] Dal confronto dei dati, abbiamo rilevato incongruenze tra i numeri riportati nei prospetti mensili di aprile e maggio ed il totale annuale, correggendo le quali si ottengono le cifre (esatte nel saldo tra le varie voci), che riportiamo nel testo. Ariminum era la rassegna ufficiale del Comune. All’inizio di giugno e luglio, le degenze erano zero.

[17] Cfr. Comune di Rimini, Bollettino Mensile di Statistica, Riassunto anno 1938 - XVI, cit.

 

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