Riministoria

Antonio Montanari, Scienza e Carità

 

6.

Gli "esposti" all’Aiuto Materno (1920)

 

 

Nel corso della premiazione natalizia del 1912, Del Piano ha parlato anche delle "deficienze della tutela di Stato sugli Esposti": l’opera dell’Aiuto Materno, egli ha detto, "sarà più armonicamente completa quando anche a questi incolpevoli rejetti possa estendersi il patrocinio morale" dell’istituzione. [1]

Ciò avviene nel 1920, mediante una convenzione con la Deputazione Provinciale "in base alla quale il servizio degli esposti e l’assistenza alle madri illegittime del Circondario di Rimini passava dal Civico Ospedale all’Aiuto materno che per la sua particolare affinità di funzioni e per il suo carattere di istituto specializzato poteva dare affidamento di più profonda gestione". [2] Nell’"aprile del 1920 il Brefotrofio Provinciale trovava sede nei locali dell’Aiuto Materno". [3]

Quale fosse nei tempi andati l’entità del problema degli illegittimi, ce lo rivelano alcune cifre. Cominciamo dal secolo scorso. Nei "registri de’ fanciulli esposti in questo spedale", scriveva Antonio Bianchi, storico e bibliotecario civico di Rimini, in sedici anni, dal 1816 al ’32, si è passati da 262 casi a 530. [4]

Il primo gennaio 1890 gli illegittimi assistiti nel Brefotrofio di Rimini sono in tutto 305. Di loro, soltanto 48 (15,7%) hanno età inferiore all’anno. Sul totale di 305 assistiti, i maschi sono 153, le femmine 152.

Gli illegittimi ammessi nel triennio 1890-92, tutti "sotto l’anno" di età, sono 188. Quelli che nel medesimo triennio cessano di essere assistiti per morte, sono complessivamente 137, dei quali 98 sotto l’anno e 39 sopra l’anno di età. In prevalenza sono maschi: 75 (di cui 56 sotto l’anno e 19 sopra l’anno di età), contro 62 femmine (rispettivamente 42 sotto l’anno e 20 sopra). Altri 58 non sono più assistiti per compimento di età, ed infine 9 per riconoscimento.

Al 3 dicembre 1892, gli assistiti del Brefotrofio erano 289. Nel decennio 1887-96 sono 25 (contro i 109 totali dei tre Comuni di Rimini, Cesena e Forlì). [5]

A Rimini nel triennio 1897-99 i riconoscimenti, le legittimazioni e le adozioni complessive (con sussidio triennale alla madre), sono 34 (sul totale di 148 che comprende anche i Comuni di Cesena e Forlì). Disaggregando il dato, si nota che nel ’97 sono 18 (6,6% degli assistiti), nel ’98 sono 11 (4,6%), nel ’99 sono 5 (11,3%). Per il decennio 1887-96, i casi registrati sono complessivamente 109, di cui 75 a Forlì, 9 a Cesena e 25 a Rimini. La cifra di Rimini corrisponde a circa l’11% degli assistiti. [6]

Il sussidio triennale concesso alle madri che si riprendono i loro figli, a patto che esse siano povere e con buona condotta, "determina un risparmio nelle spese di mantenimento a carico del Comune". Gli amministratori riminesi attuano un attento esame del grado di affidabilità delle nutrici incaricate di allattare i bambini abbandonati. Nel primo decennio del nuovo secolo viene nominata una nuova Commissione con il compito di vigilare in modo continuativo sui bambini, e di controllare il Padrino degli esposti, un impiegato della Congregazione di Carità incaricato della sorveglianza dei trovatelli. [7]

Nel 1907 si costituisce a Forlì il Consorzio provinciale per l’infanzia abbandonata, che ha lo scopo di "provvedere al mantenimento di fanciulli poveri comunque abbandonati o maltrattati, per i quali manchino o non siano sufficienti i sussidi concessi dagli enti locali". Il Consorzio, sorto per iniziativa del prefetto De Nava, eroga sussidi a domicilio e promuove "specialmente" il ricovero dei "piccoli infelici", in accordo con gli Orfanotrofi di Forlì e Rimini, "i quali hanno concesso una retta di favore per tale ricovero".

Nel 1908 il Consorzio riceve un sussidio di 400 lire dal ministero dell’Interno, e di 200 dall’Amministrazione Provinciale. Gli assistiti in maniera continuativa nel 1907 sono stati cinque, e dodici nell’anno successivo. Nel 1908 sono stati poi erogati sussidi una tantum. Nel Consiglio direttivo del Consorzio sono stati chiamati, per il Circondario di Rimini, l’avv. Luigi Bianchini e l’ing. Achille Renzi. [8]

Gli esposti accolti nel brefotrofio dell’Ospedale tra 1910 e 1914 sono complessivamente 409. In questi anni, l’assistenza ed il relativo sussidio pagato a custodi esterni, cessano al dodicesimo anno per i maschi ed al quattordicesimo per le femmine. Circa i riconoscimenti materni, si cerca di facilitarli "quanto è più possibile accordando un premio speciale" che viene pagato nei primi cinque anni di età del bambino: "per conseguire tale premio è necessario che la madre oltre essere povera, abbia anche una buona condotta e non viva in concubinato". Raggiunti i vent’anni, l’esposto riceve la cosiddetta "benedizione, consistente in un premio straordinario di lire 40, e le esposte all’atto del matrimonio hanno diritto ad una dote di lire 150". [9]

In occasione della convezione del 1920, e su proposta dello stesso Del Piano, la Deputazione Provinciale "deliberò alcune riforme del vecchio regolamento": si poneva alle madri illegittime l’obbligo dell’allattamento per almeno sei mesi "con retribuzione, se trattenute in Istituto, di L. 15 mensili, vitto e alloggio"; si elevava a 50 lire "l’assegno mensile alle madri nutrici a domicilio nel primo anno di vita", ed a 40 lire l’assegno "alle nutrici esterne e alle madri che non avessero riconosciuto ma che allattassero il proprio bambino"; e si elargiva infine "un premio dalle 100 alle 200 lire per il riconoscimento alla madre, ed un premio alla levatrice ogni qualvolta risultasse che avesse esplicato opera di persuasione presso la gestante e presso le famiglie per il riconoscimento materno degli illegittimi".

Così lo stesso Del Piano riassume le novità introdotta da quella convenzione nella Relazione Sanitaria apparsa nel 1927, di cui riportiamo ora i punti principali. [10] Nel 1920, anno in cui l’Aiuto Materno inizia "l’esperimento nuovo di accumunare la maternità e l’infanzia legittima ed illegittima in un solo ordine di assistenza", i riconoscimenti salgono dal 27 all’86%. L’allattamento materno è possibile per il 90% delle gestanti assistite. La mortalità nel corso dei primi due anni di vita del bambino si abbassa dal 43 al 20%. Nel corso del 1924, si registra a Rimini il più basso indice provinciale degli esposti, pari allo 0,09 per mille contro lo 0,62 di Forlì e lo 0,30 di Cesena. [11]

Del Piano, per far illustrare gli esiti conseguiti nell’assistenza degli esposti nell’Aiuto Materno, confronta l’ultimo esercizio presso l’Ospedale civile (1919) e l’esercizio presso il suo istituto nel 1926. Gli assistiti del 1919 furono 65, di cui 22 nati nell’anno precedente. Su 65, ne erano stati riconosciuti 33. Gli assistiti nel 1926 sono 47, e tutti riconosciuti. Tra loro, i nati nel ’25 erano 20.

I morti nel 1919 furono 28 (di cui 4 nati nell’anno precedente, contro i 24 dello stesso 1919). Nel ’26 furono 4, e soltanto tra i nati dello stesso anno. Si passa così da una mortalità pari al 43,07% del 1919, all’8,17% per il 1926.

Mentre i riconoscimenti all’inizio costituivano soltanto il 27%, divennero infine la totalità dei casi. Su 27 gestanti assistite, "14 sgravarono a domicilio presso le rispettive famiglie dove restarono unitamente al bambino e furono sussidiate come madri nutrici; e 13 furono accolte in maternità dove sgravarono e permasero per un tempo cumulativamente breve per tornare poi tutte in famiglia col proprio bambino sussidiate come madri nutrici".

Un’altra statistica sull’andamento generale del servizio, permette di notare che, in sette anni, le iscrizioni annuali di illegittimi sono discese da 43 a 27, mentre il numero totale degli assistiti gravanti sul bilancio della Deputazione Provinciale è sceso da 188 a 120.

Lo scritto di Del Piano contiene anche alcuni suggerimenti di ordine giuridico: "Il vecchio Brefotrofio è istituzione troppo anacronistica perché debba essere perpetuata, ma è anche troppo profondamente radicata nella nostra tradizione latina per poter essere abolita senz’altro". L’abolizione "del Brefotrofio è, e deve necessariamente essere nel programma del nuovo ordinamento sociale". Ma ciò anzitutto "presuppone la riforma di alcuni articoli del codice civile e del codice penale, specie in ordine alla ricerca della paternità istituita ormai presso tutti i paesi più civili". Occorrono poi "quelle opere moderne della puericultura sociale che informate ai postulati della scienza e della civiltà ed erette in ogni capoluogo del Circondario e in diretto rapporto con le istituzioni affini, con i medici e le levatrici nei comuni minori dipendenti, possono, coi benefici del decentramento, fattore non trascurabile della diminuzione della mortalità infantile, realizzare il più diretto contatto scientifico e morale con gli assistiti nelle consultazioni ebdomadarie, l’assistenza a domicilio e la propaganda per l’allattamento ed il riconoscimento materno".

Infine, si deve realizzare "una più larga ed adeguata organizzazione da parte della società di quella assistenza integrale igienica educativa e culturale che consente di valorizzare meglio la vita promuovendo, senza pregiudizi di origine e senza privilegi di casta, fino al più utile rendimento tutte le energie fisiche intellettuali e morali onde è costituita la personalità umana". [12]

Nella Relazione Sanitaria apparsa nel 1921 sul primo anno della convenzione tra Aiuto Materno e Deputazione Provinciale, Del Piano aveva osservato che "già con la ricerca amministrativa della maternità, introdotta da qualche tempo nel regolamento dell’On. Deputazione Provinciale, il servizio di assistenza agli illegittimi nella Provincia di Forlì, purificato dall’onta della Ruota, aveva assunto una forma meno regressiva". L’esposizione, aveva aggiunto, "avveniva tuttavia in proporzioni elevate ed assai limitata era l’estensione agli assistiti del diritto naturale che ogni bambino ha di essere allattato dalla propria madre". Ciò perché "col licenziamento della madre dalle sale di maternità nel termine di dieci giorni dopo il parto venivano troppo spesso e troppo brutalmente spezzati quei vincoli sentimentali che si fanno tanto più indissolubili tra la madre e il bambino per quanto più dura la loro intima unione".

"Solamente mediante questa intima unione", aveva concluso Del Piano, "il diritto di ogni figlio al latte della propria madre può essere realizzato e […] l’infanzia illegittima può essere sottratta alla strage dell’allattamento artificiale ed agli infortuni ed alle incognite dell’allattamento mercenario, per essere avviata poi, con una più efficace assistenza prodigata alla madre a domicilio, verso le condizioni più favorevoli dell’ambiente famigliare". [13]

Nel Circondario di Rimini, tra 1920 e 1926, il numero complessivo degli illegittimi è passato da 188 a 120. [14]

Nel 1923 il nuovo Regolamento generale del 16 dicembre, n. 2900, uniforma il servizio di assistenza degli esposti in tutto il Regno "abolendo definitivamente l’anacronistico sistema della ruota". Nel 1927 il regio decreto-legge n. 798 dell’8 maggio rende "obbligatoria l’assistenza di tutti i fanciulli illegittimi riconosciuti da madre bisognosa". [15]

Dal gennaio 1931 "il Servizio Esposti già disimpegnato per l’ex Circondario di Rimini, per conto dell’Amministrazione Provinciale, dall’Aiuto Materno", viene "accentrato per tutta la Provincia di Forlì presso il Brefotrofio Provinciale". Il servizio subisce "alcune modifiche": la principale consiste nel fatto che le madri non saranno più a carico della Provincia ma dei Comuni o dell’ONMI.

Il Consiglio di Amministrazione dell’Aiuto Materno il 22 febbraio 1931, in attesa della nuova convenzione, delibera "di accettare per il servizio il compenso annuo a ‘forfait’ di lire 22.000", e di proporre all’Amministrazione Provinciale "che le spese vive di viaggio per le visite a domicilio vengano rimborsate integralmente". [16]

La nuova convenzione è approvata il 3 maggio 1931. Essa prevede che, "per tutti i minori abbandonati o esposti all’abbandono" nei Comuni dell’ex Circondario di Rimini, il servizio venga affidato all’Aiuto Materno il cui direttore sanitario dovrà comunicare ogni notizia all’Amministrazione Provinciale, alla quale spettano "l’unità di direzione ed amministrazione del servizio", e le "concessioni di premi o sussidi di carattere straordinario o facoltativo ed ogni altro provvedimento relativo a spese". [17]

Per i minori illegittimi fino ai sei anni "che per deficenza di locali nell’Istituto Provinciale, venissero ricoverati presso l’Aiuto Materno, la Provincia corrisponderà la retta giornaliera" di lire cinque al dì. Stabilito nelle citate 22.000 lire annue (comprensive di "qualsiasi spesa", tra cui quelle per "la fornitura dei corredini per i neonati e la provvista di casse da morto"), il pagamento forfettario delle prestazioni, la convenzione prevede infine il "rimborso delle sole effettive spese di viaggio" per le visite mediche fuori del Comune. [18]

Il 7 settembre dello stesso 1931 l’Amministrazione Provinciale disdice la convenzione, "in considerazione del fatto che il Servizio degli illegittimi riconosciuti è stato assunto direttamente" dall’ONMI, e si riserva di elaborarne una nuova. L’8 settembre il Consiglio d’Amministrazione dell’Aiuto Materno, prendendo atti della comunicazione dell’Amministrazione Provinciale, ascolta una relazione del prof. Del Piano, suo direttore sanitario, che è pure presidente della Federazione provinciale dell’ONMI: la Federazione, egli dichiara, vuol dare "una sistemazione scientificamente e praticamente organica" al servizio degli illegittimi, con speciale riguardo all’ex Circondario di Rimini, "nel quale da anni l’Aiuto Materno funziona da centro di raccolta". [19]

 

 

[1] Cfr. il cit. resoconto dell’Ausa del 21 dicembre 1912.

[2] Cfr. A. Del Piano, L’Opera dell’Aiuto Materno in Rimini dal 1910 al 1926, cit, p. 9. Alla convenzione si giunge in due tempi. Il 31 ottobre 1919, il Consiglio d’Amministrazione dell’Aiuto Materno, dopo "verbali scambi di idee fra la Presidenza, la Direzione dell’Aiuto Materno e la Presidenza della Congregazione di Carità", delibera di "accogliere nei locali dell’Aiuto Materno i bambini attualmente ricoverati nel brefotrofio alle stesse condizioni fissate o da modificarsi dalla Provincia di Forlì" (cfr. Verbale del Consiglio d’Amministrazione, 31 ottobre 1919, AAM). Su tale delibera, la Commissione Provinciale di Beneficenza richiede "qualche schiarimento", a cui l’Aiuto Materno "ritardò di dare evasione", poiché nel frattempo erano iniziate le trattative per ottenere "l’intero servizio Esposti, compresa la Sala di Maternità; servizio che presenta affinità cogli scopi dell’Aiuto Materno" (cfr. Verbale del Consiglio d’Amministrazione, 1. aprile 1920, AAM). Le trattative si concludono positivamente, con un accordo, approvato dall’Amministrazione Provinciale, in quanto l’Aiuto Materno "ha dovuto assumere prontamente tale servizio poiché alla Congregazione di Carità necessitava abbattere i locali che essa adibiva a tale scopo" (ib.). Sull’argomento, cfr. pure la cit. Relazione (dicembre 1920), p. 4: "La Provincia di Forlì [cancellato, e a margine: accogliendo una vecchia proposta fatta dal prof. Del Piano], d’accordo con la locale Congregazione di Carità, offriva a questo Istituto, come il più adatto allo scopo, l’intero servizio Esposti, compresa la Sala di Maternità". Nel Verbale del 10 marzo si precisava che l’Aiuto Materno era "costretto ad assumere l’intero servizio o rinunziarvi completamente".

[3] Cfr. la cit. Relazione del dicembre 1920, p. 4. Il prof. Del Piano viene nominato il 10 marzo 1920 direttore sanitario del brefotrofio dal Consiglio d’Amministrazione dell’Aiuto Materno, il cui segretario rag. G. S. Beltramelli si vede affidata la parte amministrativa del servizio (cfr. Atti AMM, 10 marzo 1920).

[4] Cfr. M. Zuffa, Pensieri politici di un bibliotecario gambalunghiano, in "Studi Romagnoli, X (1959)", pp. 389-496. Il passo è ora riprodotto in A. Bianchi, Storia di Rimino dalle origini al 1832, a cura di A. Montanari, Ghigi, Rimini 1997, p. 203; cfr. pure ivi l’ introduzione di A. Montanari, Antonio Bianchi scrittore, p. XLI.

[5] I dati sono rielaborati in base alla tabella 9 pubblicata da A. Tonelli nell’op. cit., p. 388, e ricavata da Statistica dell’infanzia abbandonata. Anni 1890-91-92, Roma 1894, pp. 87-88.

[6] Cfr. tab. 10 in A. Tonelli, op. cit., p. 389, ricavata da Relazione sugli esposti nell’anno 1899, in Archivio Stato Forlì, Archivio Esposti, 1899, n. 540.

[7] Cfr. A. Tonelli, op. cit., pp. 389-390

[8] Cfr. L’Ausa, anno XIII, n. 34, 15 agosto 1908. Nell’articolo si precisa che il Consorzio "cominciò a funzionare dal maggio dell’anno scorso" [1907].

[9] Cfr. A. Mangini, La Pubblica Beneficenza del Comune di Rimini, L’Ospedale Infermi, Rimini 1915, pp. 17-18. La cifra di 409 unità, non presente nelle statistiche riportate da Mangini, la ricaviamo dai dati pubblicati a p. 18 sul "movimento" degli esposti: partendo dalla cifra iniziale di 250 bambini registrati al 1° gennaio 1914, abbiamo aggiunto i dati sui nuovi accolti del quinquennio (159), e sottratto quelli relativi ai dimessi nello stesso periodo (150) ed ai morti complessivi del quinquennio (64). Gli esposti presenti nel brefotrofio dell’Ospedale all’inizio del 1910 sono 250, alla fine dello stesso anno 237: i nuovi accolti sono stati 35, i dimessi 31, i morti 17. Nel 1911 nuovi accolti 23, dimessi 33, morti 13. Nel 1912 nuovi accolti 30, dimessi 32, morti 9. Nel 1913 nuovi accolti 45, dimessi 24, morti 18. Infine al 31 dicembre 1914, con 26 nuovi accolti, 30 dimessi e 7 morti, restano 195 ospiti. Le legittimazioni nello stesso periodo (1910-14) sono state 5. I riconoscimenti con sussidio, 40; senza sussidio, 14. Le gestanti illegittime accolte in sala di maternità, 66. La media percentuale della mortalità, 5,04. Il "premio speciale" per il riconoscimento materno corrisponde alle mensilità pagate ai custodi per lo stesso periodo di tempo (14 lire nel primo anno, 9 nel secondo, 6 nel terzo, e 5 nel quarto e quinto anno).

[10] È il già cit. lavoro intitolato L’Opera dell’Aiuto Materno in Rimini dal 1910 al 1926, Relazione Sanitaria. Le notizie che riprendiamo qui di seguito sono tolte dalle pp. 9-15.

[11] A pag. 12, ib., si legge che Rimini ha 125.277 abitanti: il dato riportato da Del Piano si riferisce evidentemente all’intero circondario riminese; infatti, per il solo Comune di Rimini, al 31 dicembre dello stesso 1924, è registrata ufficialmente una popolazione di 58.063 unità: cfr. i dati dei bollettini statistici del Comune di Rimini, usciti dal 1931 al ’39, una cui copia rilegata in due volumi è conservata nella BGR, sezione periodici, e precisamente nei riassunti annui del 1935 e del ’36. Dai dati dei censimenti (pubblicati in tali bollettini), ricaviamo queste cifre sugli illegittimi, ottenuti sottraendo dal numero dei nati vivi quello dei figli legittimi: 1871, 210; 1881, 297; 1891, 385; 1901, 257; 1911, 192; 1921, 150. Dai dati sul "movimento naturale della popolazione" dei singoli anni dal 1925 al 1931, si desumono, con lo stesso sistema, queste cifre relative agli illegittimi: 1925, 136; 1926, 129; 1927, 113; 1928, 121; 1929, 116; 1930, 110; 1931, 111. Per gli anni dal 1932 al ’36 disponiamo di statistiche che disaggregano dal numero totale degli illegittimi quello degli esposti che indichiamo tra parentesi: 1932, 97 (12); 1933, 64 (11); 1934, 75 (10); 1935, 61 (14); 1936, 64 (17). Come esempio statistico indicativo del fenomeno degli illegittimi in quest’ultimo periodo (1932-’36), prendendo i due anni di massima e di minima rilevanza del fenomeno, osserviamo che essi nel 1932 sono 97 (di cui 12 esposti) su 1.257 nati vivi, pari cioè al 7,71%. Nel 1935, i 61 illegittimi (di cui 14 esposti) su 1.227 nati vivi, costituiscono il 4,97%. I valori minimi e massimi di quest’ultimo periodo (1932-’36), relativi ai soli esposti, si registrano nel 1934 (10 casi su 1.312 nati vivi, pari allo 0,76%), e nel 1936 (17 casi su 1.227 nati vivi, pari all’1,38%). Mentre per gli illegittimi (non esposti) il fenomeno si dimezzava (passando da 85 a 47 casi nel periodo esaminato), quello degli esposti aumentava (+81%). I legittimati e riconosciuti nel 1933 furono 83; nel 1934, 95; nel 1935, 59; nel 1936, 21. Nel 1938, "i ricoveri di fanciulli esposti presso l’Aiuto Materno sono stati 590 e dimessi 508; alla fine dell’anno risultavano 58 ricoverati": cfr. Riassunto annuo 1938-XVI in Rimini, Bollettino Mensile di Statistica del Comune di Rimini, Garattoni, Rimini [1939], BGR. (I dati del 1926 e del ’27, pubblicati nel Popolo di Romagna del 18 marzo 1928, contengono vari errori, rispetto a quelli desunti dai bollettini comunali: si parla di un aumento della popolazione del 15,92% anziché dell’1,90, e di un calo degli illegittimi di 26 casi, invece che di 16; circa i 113 illegittimi del 1927, si legge in quell’articolo che tale numero è "ancora molto alto, anche se confrontato con quello dei maggiori centri italiani ed esteri". I legittimati del ’27 sono indicati in 96.) Sui brefotrofi e sull’assistenza ai minori a Rimini, cfr. V. Tamburini, op. cit., pp. 115-122.

[12] Cfr. L’Opera dell’Aiuto Materno in Rimini dal 1910 al 1926, Relazione Sanitaria, cit., pp. 15-16.

[13] Cfr. Assistenza Provinciale alle madri ed ai bambini illegittimi nel Circondario di Rimini, Relazione Sanitaria per l’anno 1920, cit. pp. 4-5. La convenzione del 1920, come vedremo in seguito, cessa con il 31 dicembre 1930.

[14] Cfr. L’Opera dell’Aiuto Materno in Rimini dal 1910 al 1926, Relazione Sanitaria, cit., p. 18. Circa il dato del 1926, dal cit. bollettino comunale di statistica risulta di 129 unità e non di 120 come nello scritto di Del Piano. Il dato del 1920 è invece inedito rispetto a quelli riportati in una precedente nota.

[15] Cfr. A. Lo Monaco-Aprile, La protezione della maternità e dell’infanzia, Istituto Nazionale Fascista di Cultura, Roma 1934-XII, p. 8 [BGR]. Nel 1932 furono assistiti in Italia dall’OMNI "70.956 gestanti abbandonate e bisognose"; "174.317 madri abbandonate e bisognose con bambini minori di tre anni"; "130.620 bambini minori di tre anni senza la madre"; "47.426 fanciulli illegittimi riconosciuti dalla sola madre" e "172.917 fanciulli maggiori di tre anni e adolescenti": cfr. ib., p. 45. "L’attuazione della legge 8 maggio 1927 […] ha creato all’Opera una situazione finanziaria insostenibile"; "Annualmente ben 15.000 figli illegittimi vengono assistiti dall’Opera": cfr. S. Fabbri, L’assistenza della maternità e dell’infanzia in Italia (Problemi vecchi e nuovi), Chiurazzi, 1933, p. 127 e p. 135. Fabbri ricorda che, con tale legge, "si è abolita l’espressione dispregiativa di "ignoto", sostituendola con quella più generosa di "illegittimo"" (p. 134). E sottolinea che in virtù di tale legge l’ONMI "ha l’obbligo di assistere l’infanzia illegittima riconosciuta", mentre non è carico né dell’Opera né di altri enti pubblici "lo stesso obbligo a favore delle madri legittime" (p. 127): infatti, secondo la legge del 1925, l’assistenza dei fanciulli legittimi abbandonati "ha carattere meramente facoltativo" (p. 148). In altra parte del libro, si legge: "Oggidì per la difesa della razza e per l’incremento demografico si conclama da ogni parte la necessità di proteggere l’infanzia senza distinzioni fra quella legittima e quella illegittima" (p. 107).

[16] Cfr. Atti 1931, delibera n. 9, Servizio Esposti, Convezione con l’Amministrazione Provinciale (AAM). Sull’ONMI, cfr. nel nostro cap. 11, L’infanzia, "problema politico" del fascismo (1925-1940). In lettera all’Aiuto Materno dell’Amministrazione provinciale di Forlì del 1° ottobre 1930-VIII (AAM), si precisa che la stessa, "in vista soprattutto dell’ottimo andamento" dell’Aiuto Materno medesimo, "è intenzionata di affidare a quest’ultimo parte delle sue attribuzioni in tale materia", dopo l’apertura a Forlì dell’Istituto provinciale Vittorio Emanuele III, prevista per il 1° gennaio 1931. La vecchia convenzione sarebbe stata "sostituita da un’altra da concretarsi" nel frattempo.

[17] All’inizio di ogni anno, l’Amministrazione Provinciale anticiperà all’Aiuto Materno "i fondi presumibilmente occorrenti per un quadrimestre". L’Aiuto Materno, entro trenta giorni dalla scadenza di ogni quadrimestre rimetterà un "rendiconto documentato" a cui, dopo l’accertamento di regolarità, farà seguito il rimborso delle spese. A fine anno si provvederà al conguaglio delle eventuali eccedenze attive o passive.

[18] Cfr. Atti 1931, delibera n. 15, Convenzione con l’Amministrazione Provinciale di Forlì per il Servizio Esposti, AAM. Il presidente dell’Aiuto Materno era allora il dott. Alessandro Bonora, segretario il rag. Guido Salvioni.

[19] Cfr. Verbale dell’Adunanza dell’8 settembre 1931, n. 24. Del Piano poi "rende noto che le difficoltà di prima applicazione" della convenzione appena disdetta, si incontrarono "perché il servizio non avrebbe potuto procedere, secondo i principi da lui riconosciuti inderogabili, nella sua doppia qualifica di Direttore Sanitario dell’Aiuto Materno di Rimini, e Presidente della Federazione Provinciale" dell’ONMI di Forlì. Del Piano poi sottolinea che ormai si era raggiunto un accordo con l’Amministrazione Provinciale per la "separazione dei compiti spettanti per legge" alla Provincia e all’ONMI. Dalla delibera comunale del 9 gennaio 1932 (cfr. Atti del Podestà 1932, pp. 4-5, ASC), si apprende che la revoca del servizio degli esposti decisa dall’Amministrazione provinciale aveva avuto effetto dal 1° marzo 1931; e che, in seguito a tale revoca l’Aiuto materno aveva richiesto al Comune di Rimini, per i mesi aprile-dicembre 1931, il pagamento della somma di lire 6.015, che viene liquidata con la cit. delibera, rifiutandosi l’ONMI di assumere tale onere "trattandosi di ricoveri eseguiti dopo l’ottavo mese di gravidanza".

 

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