L’AMORE IN PETRARCA, PLATONE E S.AGOSTINO:

 

Se cercassimo in un dizionario filosofico la definizione di Amore, troveremmo varie accezioni in base all’ambito in cui è usata: in primo luogo, con la parola Amore, si designa

<il rapporto intersessuale quando questo rapporto è selettivo ed elettivo ed è perciò accompagnato dall’amicizia e da affetti positivi>.

In secondo luogo, la parola Amore designa una vasta gamma di rapporti interpersonali; come quando si parla dell’Amore dell’amico per l’amico, del padre per il figlio o reciprocamente, dei cittadini tra loro, dei coniugi tra loro. Si

parla dell’Amore per cose od oggetti inanimati: l’Amore del denaro, dei quadri, dei libri ecc.

Inoltre si parla dell’Amore per oggetti ideali: Amore della giustizia, del bene e della gloria ecc.

Poi si parla dell’Amore per attività o forme di vita: Amore del lavoro, della professione.

Si parla di Amore anche per comunità o enti collettivi: amore di patria.

Infine si parla di Amore del prossimo e Amore di Dio.

<I Greci videro nell’Amore soprattutto una forza unitiva e amortizzatrice e la intesero sul fondamento dell’Amore sessuale, della concordia politica e dell’amicizia.

Per opera di sant’Agostino, con l’identificazione dello Spirito Santo con l’Amore, questo è introdotto esplicitamente nella stessa essenza divina e diventa un concetto teologico, oltre che morale e religioso.>

L’Amore di Dio e l’Amore del prossimo devono essere considerati come un concetto unico; in S.Agostino ritroviamo la stessa nozione di Amore dei Greci, e cioè esso è:

<una specie di rapporto, unione o vincolo che lega un essere con un altro: quasi una vita che unisce o tende ad unire due esseri, l’amante e ciò che si ama>.

Se considerassimo l’amore in Petrarca, in Platone e in S.Agostino, noteremmo alcune differenze, prima fra tutte il passaggio da un amore carnale ad uno interamente volto alla contemplazione di Dio, ma anche punti di contatto.

In Petrarca l’amore non è più fortemente idealizzato, come per Dante, bensì è concreto.Infatti, nel sonetto "Erano i capei d’oro a l’aura sparsi", il poeta ci presenta Laura in tutti i suoi aspetti fisici, dandoci una descrizione completa che va dai capelli, passando per il corpo e giungendo fino al suo essere. Di Laura-donna non conosciamo nulla se non gli elementi topici della descrizione femminile. Per il resto, sappiamo invece che, almeno da un certo punto in poi, la sua umiltà e le sue virtù sono tali da determinare nell’amante straordinari effetti.

<Laura è nominabile per nome soltanto in morte. In tutto il resto del "Canzoniere", infatti, Laura è l’aura. Laura non svolge una funzione referenziale sul piano descrittivo o bibliografico ma ha un valore innanzi tutto letterario e simbolico; quindi proprio giocando sul significante, il "nome" può essere adibito a molteplici e spesso concomitanti "altri" significati. >

La formazione intellettuale di Petrarca è fortemente influenzata dal pensiero platonico e agostiniano: la tradizione poetica fin dai TROUVEUR provenzali, si era sforzata di far entrare "l’amore cortese" nell’ortodossia cristiana, considerando le virtù della donna come doni di Dio e modi di somiglianza a Dio, insistendo sul fatto che esse portavano al perfezionamento etico dell’innamorato e lo avvicinava al creatore.

Questa teoria fu difesa da Petrarca: nei suoi sonetti descrive tutte le qualità di Laura e di Laura ama l’anima e se è l’amore, come predice S.Agostino, continuerà ad amarne la virtù, immortale.

<S.Agostino condanna "l’insania" di tali ragionamenti insistendo sull’argomento che l’amore terreno, per la natura transitoria e imperfetta dell’oggetto, può solo causare insoddisfazione, amarezza e disinganno.Ma se fosse vero ciò che afferma Petrarca, e non lo è, si tratterebbe di un radicale sovvertimento della gerarchia, poiché si deve amare la creatura per il creatore e non viceversa, altrimenti implicherebbe rompere il giusto "ordo" e incorrere nel più grave di tutti i peccati.Tale errore ha condotto il poeta alla vita triste e assurda dalla quale il santo si propone di sollevarlo somministrandogli i ben noti "REMEDIA AMORIS" di Cicerone e Ovidio.>

Il poeta che in sostanza si era immedesimato nel pensiero agostiniano nel riconoscere apertamente essere la gloria senza la virtù un <vento fatto di nulla >² dichiara senza troppa difficoltà:

<di non poter rinunciare alla poesia del suo amore, sebbene egli sappia che esso è tormento e impedimento al suo pellegrinaggio terreno, perché gli parebbe di rinunciare alla ragione della sua vita>

e, nel condurre a termine la profonda analisi, in cui ha messo a nudo la sua anima, conclude che:

<alla vita contemplativa egli preferisce quella attiva, al rifugiarsi nel chiostro il cammino nel mondo, perché anche per questa via, sia pure più ardua, è possibile la salvezza.> ²

Approfondendo il pensiero agostiniano si denota il nodo della ricerca diretta all’anima e della ricerca diretta a Dio, nodo che è il centro della personalità di Agostino. Per il Padre della Chiesa lo Spirito Santo è Amore:

<Dio è Amore oltre che Verità, Amore e Verità vanno congiunti perché non ci può essere Amore se non per la Verità e nella Verità. Amare Dio significa amare l’Amore, ma non si può amare l’Amore se non si ama chi ama. Non è Amore quello che non ama nessuno.

L’uomo perciò non può amare Dio, che è Amore, se non ama l’altro uomo. L’Amore fraterno tra gli uomini non solo deriva da Dio ma è Dio stesso>

Dio si offre come Amore solo a chi ama. La ricerca di Dio non può essere dunque solo intellettuale, è anche bisogno d’amore: essa parte dalla domanda fondamentale:

<O Dio, quando amo te?>

Dunque Dio è l’Amore e condiziona e rende possibile Odio e Amore.

L’Amore fraterno, la carità cristiana, condizionano il rapporto tra Dio e l’uomo e nello stesso tempo ne sono condizionati. Anche qui l’amore divino, lo Spirito Santo è la condizione della ricerca che porta all’uomo verso l’altro uomo. Inoltre lo Spirito Santo è l’Amore che unisce Padre e Figlio: la potenza del padre crea un altro dio, il figlio, che è la sapienza del padre, e tra loro c’è un rapporto di amore come tra due persone, e così abbiamo una terza persona.

Proprio come Potino (Neoplatonico) vi è una ipostatizzazione delle facoltà umane ì: potenza, amore, sapienza che nell’uomo sono presenti in forma limita, in Dio illimitata; la differenza rispetto a Plotino e i Neoplatonici è che per Agostino l’uomo è più completo, in quanto in lui non vi è solo la sfera conoscitiva.

La vita spirituale di S.Agostino è sempre fortemente segnata dall’eros. Egli è acceso dall’eros filosofico che più tardi identificherà con l’amore cristiano per Dio.Gli inizi della sua vita spirituale, dunque, sono dominati dall’eros e questo stato di cose non è turbato nemmeno dal rivolgimento che si usa definire come la conversione di Agostino.

Il Neoplatonismo ha saputo infondere in lui l’amore per Dio, ma questo è stato uno stato d’animo fugace e non un sentimento duraturo.Sui gradini dell’eros neoplatonico egli poteva salire dalla bellezza del mondo corporeo attraverso il mondo dell’anima e della ragione verso l’essere eterno ed immutabile e in un attimo di trepida visione intravedere il Divino stesso. Agostino non dubita che l’amore cristiano per Dio sia la stessa cosa che l’eros platonico e che sulla via dell’eros si possa giungere al Dio annunziato dal Cristianesimo; ma all’eros manca la forza che possa trattenere in alto. Il significato della conversione di Agostino consiste soprattutto nell’aver trasformato lo stato d’animo fugace dell’eros in un sentimento stabile e duraturo.

Quando Agostino parla dell’amore di Dio, infrange talvolta, perlomeno apparentemente, lo schema dell’eros. Questo, infatti, esclude che si possa parlare dell’amore di Dio, poiché l’eros presuppone sempre un’apparenza, un bisogno non ancora soddisfatto.

Suona addirittura come un’aperta critica alla concezione dell’eros, la distinzione che egli fa tra due tipi di amore, l’uno suscitato dall’aridità del bisogno e del desiderio, l’altro che sgorga dalla pienezza della bontà e dalla benevolenza.

Quindi distingue un amore basato sulla nostra insufficienza da uno basato sulla misericordia.

Il Neoplatonismo aveva saputo indicargli la meta del suo amore e della sua aspirazione, ma non la via che a tale meta conduce.

Nell’eros l’uomo è vincolato a Dio ma non può raggiungerlo: le ali del desiderio non sono abbastanza forti per portarlo all’Eterno.

Agostino non ha dubitato che l’eros fosse la via che conduce a Dio, ma ha incominciato a dubitare che noi, nello stato attuale delle nostre facoltà, possiamo su questa via acceder a Dio.

Noi troviamo Dio se Egli stesso ci viene incontro, ma questo il Neoplatonismo non lo sapeva.

Ma quest’ultimo gli aveva insegnato a conoscere Dio e lo aveva acceso d’amore per lui, ma al tempo stesso aveva suscitato il suo orgoglio.

Quando l’anima abbandonata all’eros lascia sotto di sé ciò che è umano e perituro e si innalza a sfere sempre elevate, è colta da una "esaltazione" che è molto affine alla superbia.

Essa crede di essere già alla meta, diviene autosufficiente e dimentica la distanza tra di lei e il divino.Ma procedendo in questi sogni non raggiungerà mai la meta.

Quando Agostino considera l’eros platonico alla luce del Cristianesimo, riscopre una singolare contraddizione:

<nell’eros l’uomo aspira a superare ogni caducità e perfino ad elevarsi al di sopra di se stesso; ma l’ascesa suscita superbia ed autosufficienza, e questa è la causa del fatto che l’uomo rimane in definitiva in se stesso e non raggiunge mai il Divino>.

Quindi Agostino notò una discrepanza fondamentale tra lo spirito neoplatonico e quello cristiano; da un lato superbia, dall’altro Humilitas. E’ proprio la superbia la causa che vincola l’anima a se stessa e non può elevarsi a ciò che le è superiore.

Dunque non si può onestamente disconoscere la grande differenza tra l’eros di Platone e l’amore di cui parla S.Agostino: il primo è interamente mosso ed esaurientemente saziato dalla conoscenza di quelle realtà impersonali che sono le idee. Laddove l’amore per S.Agostino in qualche modo precede la conoscenza concettuale e la orienta, scaturendo dalle più intime profondità dell’anima, per cui non si può conoscere perfettamente ciò che non si ama; né l’amore si sazia nella conoscenza di qualcosa ma solo nell’amore stesso di Qualcuno, Dio, vivente Trinità di Persone.

Platone definisce Amore (eros) il rapporto tra l’uomo e le idee stabilito dal sapere. Tale rapporto non è puramente intellettuale, perché impegna la totalità dell’uomo e quindi anche la volontà.

Alla teoria dell’amore sono dedicati due dei dialoghi più artisticamente perfetti, Il Convito e Il Fedro.

Il Convito considera prevalentemente l’oggetto dell’amore, cioè la bellezza.

Il Fedro, invece, considera prevalentemente l’amore nella sua soggettività, come aspirazione verso la bellezza ed elevazione progressiva dell’anima al mondo delle idee al quale la bellezza appartiene.

Nel Fedro sono trattati due temi: l’eros e la retorica, strettamente connessi tra loro.

Per quanto riguarda il primo, Platone dà voce a Lisia e Socrate: secondo il primo l’amore è "follia" e che concedersi a chi ama è stoltezza: dopo che è passato l’ardore iniziale si torna in sé e ci si rimprovera di essersi comportati così da "rimbambiti" e si finisce per soffrire di continuo.

Socrate a sua volta imposta due discorsi: nel primo conferma la tesi lisiana, mentre nel secondo sostiene che il suo "demone" (una specie di coscienza personale-angelo custode che si fa sentire solo quando Socrate sta commettendo un errore) lo sta ammonendo, facendogli capire che sta clamorosamente sbagliando.

Anche per Socrate l’amore è una follia, però, a differenza di Lisia, per lui è positiva: vi sono infatti follie dannose e negative ma anche positive e benigne.

Dunque l’amore è una metafora per indicare la filosofia perché l’uomo non possiede il sapere, ma si sforza per ottenerlo; può riuscire ad avvicinarsi ma non si tratta comunque di una conquista definitiva: il pieno sapere è irraggiungibile.

Quindi Eros è una semi-divinità intermedia e la ricerca dell’amore combacia con quella della filosofia.

Ricapitolando Platone ha generalizzato e sublimato, in senso metafisico, i caratteri dell’amore sessuale.

In primo luogo, secondo Platone, l’amore è mancanza, insufficienza, bisogno e, nello stesso tempo, desiderio di acquistare e conservare ciò che non si ha.

In secondo luogo, l’amore si dirige verso la Bellezza, la quale non è altro che l’annuncio e l’apparenza del Bene, ed è quindi desiderio del Bene.

Come tale l’amore ha una caratteristica "natura mediana", poiché da un lato non ha la bellezza ed il bene, ma dall’altro lato li desidera.

In terzo luogo, l’amore, come dimostra l’istinto della procreazione, è desiderio di vincere la morte e di lasciare dopo di noi esseri che ci assomigliano.

Infine, Platone distingue tante forme dell’amore, quante sono le forme del bello, secondo una scala gerarchica che va dall’amore per la bellezza corporea all’amore per la bellezza dell’anima, dall’amore per la bellezza delle istituzioni e delle leggi all’amore per la bellezza delle scienze, sino all’amore per la bellezza in sé, cioè a quell’amore più alto di tutti, che è l’amore per il sapere supremo per la filosofia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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