CORSO DI LINGUAGGI NON VERBALI MULTIMEDIALI

Tema sviluppato: INTELLETTUALE E POTERE IN PETRARCA

Gruppo di lavoro:

Classe III E

Reperimento del materiale

  1. Indicazioni bibliografiche:
    1. Siti Internet:

    Data di consegna: 18/04/2001

    METODO DI LAVORO

    Per questa relazione abbiamo fatto innanzitutto una ricerca attraverso la rete e abbiamo usato i motori di ricerca Google (www.google.it), Yahoo (www.yahoo.com) e Msn (www.msn.it); ci siamo, però, servite solo dei siti trovati grazie al primo di questi motori di ricerca, vale a dire Google.

    Dopo aver letto sommariamente ciò che i siti fornivano, abbiamo salvato su di un floppy disk le notizie che potevano esserci utili e le abbiamo stampate.

    Queste purtroppo non si sono rivelate utili per il nostro lavoro, giacché non fornivano notizie sufficienti ed esaurienti riguardo la nostro tema.

    A questo punto, essendoci trovate in difficoltà, in quanto senza materiale a disposizione, ci siamo recate alla biblioteca nazionale presso l’Università degli Studi di Bari e lì, abbiamo richiesto alcuni libri contenenti il materiale necessario.

    Oltre a questi, abbiamo utilizzato il nostro testo di letteratura italiana, che, si può dire, si è rivelato il più valido e che ci ha maggiormente aiutate.

    Dopo aver attentamente analizzato "tutta" la documentazione, abbiamo steso la nostra tesina cercando di attenerci il più possibile alla traccia del tema scelto e di svolgerlo il più correttamente possibile, dato le scarse notizie disponibili.

    INTELLETTUALE E POTERE IN PETRARCA

     

    Tra il 1200 e il 1300, con l’affermarsi di una nuova classe sociale, la borghesia, avviene un notevole mutamento nella struttura politica dell’Europa. Vengono, infatti, a formarsi Stati unitari nazionali basati su una efficiente burocrazia, un funzionale sistema fiscale e dotati di una esercito regolare.

    Contemporaneamente, in Italia, a causa dei continui contrasti tra le fazioni rivali dei Comuni, si assiste alla formazione delle Signorie, ossia di vari governi accentrati nelle mani di uno solo, la cui autorità garantiva la pace dello Stato.

    Tra le principali Signorie, furono prima i Visconti, poi gli Sforza a Milano, gli Scaligeri a Verona, i Savoia in Piemonte e i Medici a Firenze.

    È in questo contesto storico – politico che si afferma Francesco Petrarca come nuova figura di intellettuale rispetto agli scrittori del ‘200 e a Dante e, anticipa il modello letterario che dominerà i periodi successivi.

    Egli, infatti, non partecipa attivamente alla vita politica del suo Comune e ciò è dimostrato dalla sua continua voglia di variare il luogo del suo soggiornare: Avignone, Milano, Padova, Venezia.

    Egli trascorre i primi anni della sua vita presso una corte ad Avignone, dove entra in contatto con scrittori e studiosi provenienti da ogni parte d’Europa e, dove gli interscambi personali entro circoli selezionati e sul diretto contatto con i libri portano al delineamento del suo profilo d’intellettuale.

    Grazie al suo prestigio egli esorta il Papa a rientrare a Roma e incita la Chiesa a recuperare la sua originaria purezza; vistosi però ignorato, appoggia con entusiasmo l’impresa di Cola di Rienzo, il quale, dopo aver instaurato a Roma la Repubblica, desidera riportare la città al suo antico splendore.

    Ispirato dagli stessi ideali di cristianità, Petrarca gli invia alcune lettere, in cui lo esorta a perseverare e gli indica la strada da seguire.

    Del progetto di Cola, egli condivide soprattutto l’idea dell’autonomia della politica delle varie Signorie, senza alcuna interferenza da parte di Impero o Papato e l’idea di porre di nuovo Roma al centro dell’Italia e dell’Europa.

    Ciò si evince sia dalla canzone Spirto Gentil, diretta ad un supremo magistrato dell’Urbe, nella quale il poeta celebra con animo di cittadino le antiche e le nuove glorie della città eterna; sia dalla XIV° epistola Posteritati diretta al Cardinale Giacomo Colonna. In quest’ultima Petrarca afferma che "grande è la fortuna del popolo romano, grande e terribile è il suo nome"; qui sono, infatti, nati uomini illustri: "dove Scipione nacque, dove fu educato, dove con egual gloria o vincitore o reo trionfò, dove non solo egli ma infiniti altri fiorirono".

    Non è solo questo a rendere Roma una grande città, poiché essa è anche e soprattutto il cuore della cristianità: "una città piena delle reliquie dei santi martiri e bagnata del sangue di coloro che lasciarono della fede splendido testimonio!".

    Per quanto riguarda i Colonna, se da un lato il suo rapporto era di servitù, dall’altro gli era valso l’introduzione negli ambienti culturali, la rinomanza e il prestigio.

    Sono proprio i Colonna, infatti, a permettergli, nell’aprile 1341, l’incoronazione di poeta sul Campidoglio di Roma.

    L’insofferenza per la corruzione della Curia avignonese giunge al limite di rottura nel 1347: Petrarca lascia Avignone e il servizio dei Colonna.

    In seguito, dopo un lungo soggiorno in Italia decide, nel 1353, di stabilirvisi definitivamente accogliendo l’invito del vescovo Giovanni Visconti, Signore di Milano.

    Qui non ha incarichi precisi: è un illustre ospite che onora la Corte con la sua fama di poeta; rifiuta, inoltre, le attività che lo impegnerebbero politicamente.

    Successivamente con gli altri Signori, quali De Correggio, Da Carrara, non ha veri e propri rapporti istituzionali, resta più che altro un ospite prestigioso con rapporti di amicizia e deferenze personali.

    La politica del Petrarca è ,forse, anche influenzata da questi avvenimenti: pare infatti che da essi si sia potuto delineare il suo non ben definito pensiero politico.

    Molti studiosi affermano che tale pensiero non differisce molto da quello di Dante. Sennonché la politica di quest’ultimo ruota intorno alla purificazione del pontificato, il quale costituisce la base di una positiva mutazione dello Stato in Firenze. La politica di Dante ruota, dunque , intorno alla sua Firenze.

    Petrarca, invece, essendo nato in terra d’esilio, nonostante egli si senta cittadino di Firenze, una città d’Italia da amare e da rivendicare a sé, non l’ ha.

    Questa sua indecisione politica gli causa, però, alcune difficoltà.

    Proprio a Firenze, infatti, il Poeta viene accusato da alcuni suoi amici fiorentini di intrattenere buoni rapporti con i Visconti, a Milano, considerati fra i più crudeli tiranni italiani e, in quanto ghibellini, in lotta con Firenze.

    Egli si difende da queste accuse nella Invettiva contro un uomo di alta condizione ma senza dottrina e senza virtù; tuttavia da essa risultano emergere parecchi atteggiamenti contraddittori. Infatti, egli lodava i Visconti, ghibellini, ma anche il guelfo Roberto d’Angiò; parteggiava per Venezia, per il tempo del suo soggiorno, poi per Padova, in quanto vi si trasferì.

    Si può, quindi, concludere che assumeva certi atteggiamenti politici conseguenti all’occasione.

    La sua politica si basò, però, essenzialmente su di un nuovo concetto di libertà ispirato, alla libertà dell’intellettuale di attendere ai propri studi; sul superamento della mentalità comunale e, come già detto in precedenza, sulla tradizione dell’Impero romano.

    Queste tre idee spianano la strada all’Umanesimo.