In questo "villaggio globale", termine coniato dal pensatore Mc Luhan che sta a indicare una nuova comunicazione planetaria realizzata attraverso l'uso delle tecnologie più avanzate, noi siamo quotidianamente bombardati da diluvi di immagini digitali, che se da un lato arricchiscono le nostre capacità di segnare e simbolizzare il mondo e ci permettono di conoscere in tempo reale tutto ciò che sta accadendo nell'universo, dall'altro generano comportamenti cognitivi di carattere superficiale in cui non è possibile trovare spazio per una riflessione personale.

Infatti proprio questi mezzi performativi, causali di immagini elettroniche ininterrotte, impossibili da bloccare, pena la perdita dell'evento visivo in corso, risultano mancanti di pause che possano permettere al "navigatore" del villaggio planetario un'introiezione profonda di tale evento, come invece può avvenire nello spazio temporale della lettura di un libro.

Uno dei mezzi per aiutare a riflettere attraverso immagini che escano da questa logica di "cascata visiva ininterrotta" è quello dell'artisticità con cui alcuni operatori provano a fornire icone fortemente simboliche ed isolate nella loro contesto di unicità.

Nello spazio "Contaminazione" gestito da giovani artisti genovesi e curato da Clarco Giuria, in vico Colalanza 12r, tutti i giorni dalle 14,30 - 19,3O fino a metà marzo, Matteo Lo Monaco e Valeria Di Mito presentano il loro lavoro basato su immagini digitali e fotografiche.

Lo Monaco, nato nel '72, di professione fotografo pubblicitario, unisce la tecnica tradizionale della fotografia a quella digitale del computer: le foto scattate dall'artista, tutte a colori, vengono manipolate con tecniche di sfasamento, di sovrapposizione (con applicazioni di campiture cromatiche), di solarizzazione con risultati effettuali di immagini stranianti e decodificate dal mezzo.

Particolarmente felice è l'opera dal titolo "Marta Castagna", del '99 , in cui uno svelto e al contempo classico profilo di ragazza - dalle preziosità di un Pisanello- si staglia nitido su fondo nero e il cuoio capelluto , con abilissima tecnica computerizzata, appare rivestito da un verde casco di ricci di castagna, capaci di simulare un'ispida capigliatura riccioluta rifacentesi al nome.

Valeria Di Mito, nata nel '63, anche attrice teatrale, presenta opere fotografiche in bianco e nero: il colore viene mortificato per evidenziare il gesto e il segno che costruiscono l'intensità espressiva e formale dei volti stampati, di cui alcuni esempi abbiamo potuto vedere nella selezione dei giovani artisti italiani esposta in "Arti visive 2" a Palazzo Ducale lo scorso anno.

Significative appaiono quelle immagini dove Valeria agisce tra fotografia e pittura gestuale: laddove sulla carta sparge col pennello il liquido per impressionare l'immagine, risultano gestualità permissibili della formazione di frammenti fotografici che interagiscono con le tracce "pittoriche" corrispondenti. In questo senso il processo sperimentale diventa distintivo mezzo arricchente del linguaggio artistico.

 

                                                Miriam Cristaldi