Oscar Saccorotti

 

A quindici anni della sua morte, Oscar Saccorotti (Roma 1898, Golfo del Paradiso- Recco 1986)

diventa presenza fissa a Palazzo Ducale con 29 opere tra incisioni, oli su tela, pastelli e ceramiche raccolti in una piccola sala del piano ammezzato.

Un’esposizione voluta (fortemente), e donata al Comune, dall’adorata moglie Raffaella Solari Saccorotti (scomparsa quest’estate) con l’obbligo d’esposizione permanente, previo ritiro delle opere da parte degli eredi.

Uno spazio, questo del Ducale, forse un po’ piccolo, quasi soffocante, adiacente al circuito della Creatività (dedicato ai giovani), area preziosa come l’oro (spostata provvisoriamente al liceo Barabino in occasione del G8, ma presto riattivabile).

Forse sarà opportuno cercare altri luoghi, più ampi, da esibire per questa ed altre (auspicabili), future, mostre permanenti.

Il professore Giorgio Olcese, amico ed estimatore dell’artista, ha presentato i lavori citando il critico Roberto Longo con la frase “L’arte nasce sull’arte” per spiegare quanto Saccorotti ci tenesse a far conoscere ai giovani la sua ricerca al fine di proporsi loro come ulteriore mezzo di arricchimento.

Ha poi raccontato l’episodio di anni fa, quando, a casa dell’artista, la televisione annunciò improvvisamente  l’uccisione di Aldo Moro. A reazione di ciò Saccorotti, che teneva tra le mani una tavoletta su cui era dipinto un uccellino, la scaraventò a terra dicendo che di fronte a queste cose il suo lavoro non aveva alcuna utilità. Ma Olcese prontamente gli rispose: “Proprio a causa di quello che è accaduto il suo lavoro diventa ora necessario”.

Particolarmente felice è il noto dipinto del ’76 “Il cielo nella serra” (paragonato dall’assessore Pierantoni alla grandezza del Pontormo), già vincitore di premi, che descrive la serra nel giardino dell’artista. Un giardino che ho potuto ammirare in occasione di una mia intervista con Saccorotti e che, per effetto specchiante, si riflette nelle grandi vetrate della serra.

Nasce un mirabile gioco tra l’ambiente e il fogliame riflesso, sottoforma di un delicatissimo pizzo. Curiosa la figura dell’artista che si riflette anch’egli nella vetrata, dal capo ricoperto di un grande, enigmatico, cappello nero.

Saccorotti è artista figurativo, grande poeta-cantore della natura (sapiente descrittore di paesaggio), cacciatore instancabile (infiniti sono i dipinti e le incisioni con soggetti di uccellini da lui cacciati), come pure riconosciuto pittore e fine incisore: si è imposto sulla scena artistica specialmente negli anni ’20, ’30 ed è stato invitato a numerose Biennali di Venezia e Quadriennali romane.

Così gli scrive Camillo Sbarbaro in una lettera: “La verità è che io non so distinguere la tua arte da te; non riesco a vederla e a discorrerne a sé, talmente essa mi appare  una manifestazione della tua vita…”.

 

                                                            Miriam Cristaldi