FORREST SPEARS

 

La pittura di Forrest Spears nasce come esigenza istintuale dominata da accenni viscerali che non si sottraggono a una gestione pulsionale interna.

I suoi interventi agiscono preferibilmente su immagini patinate alla moda estrapolate da contesti mediali per distruggerne la mera funzione commerciale (cioè quell’uso d’immagini artificiali esteticamente perfette su cui si basa la società odierna) e preferire invece la diffusione di messaggi fondati sull’unicità.

Il giovane americano (laureato in Belle Arti all’università di Denver, Colorado) non si isola quindi dalle istanze della società, ma si sovrappone ad esse negandole con gesti creativi di forte impatto visivo per suggerire nuove e immaginarie identità.

Identità nate da un furioso a “corpo a corpo” in cui i collage di bellezze stereotipate sono aggrediti da colpi di spatola, tagli, incisioni, graffi, sciabolate di colore. La violenta deturpazione  dei volti e dei corpi perfetti diventa così occasione di differenza, di travisamento del reale per indagare e agire in profondità e fissare i volti all’anima. In questo senso vengono in mente talune alterazioni pittoriche attuate su fotografia da Arnulf Rainer o certi stravolgimenti compiuti da Handy Wharol.

Ma con intenti rovesciati: se il pop artista intendeva serializzare l’immagine, qui si vuole isolarla nella sua specificità.

 Allo stesso tempo, l’immaginario pittorico di Forrest  non si astrae dalla tecnologia contemporanea, ma ne esalta i codici attraverso l’utilizzo di tecniche digitali che ingrandiscono e stampano i collage dipinti su lamine d’acciaio. Un abbraccio tra manualità e artifizio.

La mostra, a cura di Mario Pepe, è visibile da Satura in piazza Stella 5, fino al 3 maggio.

 

                                                            Miriam Cristaldi

 

Articolo pubblicato su ‘Repubblica – Il Lavoro’