Musicalità di toni, armonia compositiva, misura nella sequenzialità dei ritmi, ma anche solidità plastica delle forme sono le cifre stilistiche che connotano il lavoro di Germano Fiorito.

E’, la sua, una pittura basata essenzialmente  sulla forza istintuale del gesto, sciolto e liberato nello spazio dell’opera per  visualizzare paesaggi mentali interiorizzati,  percepibili alla visione come eccitate forma energetiche strutturate in ritmi controllatissimi.

In sintonia con espressioni europee dell’Informale segnico (Vedova, Moreni, Kline…) ed americane dell’Espressionismo Astratto (Brooks, Motherwell…), ma assolutamente autonoma nelle soluzioni formali adottate, la pittura acrilica di Fiorito - autodidatta, attivo da decenni - è composta di pigmenti cromatici misti a particolari polveri e materiali che generano delicati effetti di corposità materica.

Nascono così, sulla tela, profonde cavità spaziali ritmicamente alternate a sussultori piani estroflessi che danno origine a vivaci affondi e fluttuanti aggetti capaci di condurre l’occhio ad esplorare zone sconosciute, sentieri della mente, misteriose vie.

Nasce in quest’ottica l’idea di una lenta ma inesorabile conquista, da parte del segno, della superficie pittorica come impegno e volontà di manifestare l’inesprimibile, di oltrepassare la barriera della visione per entrare nel “respiro” dell’opera.

Un respiro, questo, simile al soffio dello spirito, al suono interiore delle cose per mezzo del quale si tende a rendere visibile ciò che visibile non è.

Toni sovente oscillanti tra ocre, combustioni, sanguigni e neri-asfalto raggiungono talvolta forti eccitazioni a causa di tracce fiammeggianti, sottolineate da scìe bituminose volutamente in contrasto con la luminosità dei bianchi abbacinati.

La sensibilità fisica del gesto tende allora a provocare slittamenti di pensiero, riflessioni sul gioco dei valori, simultaneità d’azione e di pensiero, sottile dialogo tra coscio e inconscio, tra razionale e irrazionale attingendo sia nel territorio dell’immanenza come in quello della trascendenza.

 

                                                         Miriam Cristaldi