"L'uomo è portatore d'ombra", ha detto Claudio Costa riferendosi al sofferto dibattito degli anni '50/'60 che affrontava le problematiche riguardanti la consapevole perdita da parte dell'uomo della sua centralità dovuta alla riflessione sulla scoperta dei propri limiti, secondo il principio scientifico di Heisenberg.

 Questo Principio afferma l'impossibilità dell'uomo di raggiungere una piena e totale conoscenza; perciò egli vive nel probabile mentre l'oggettivo scivola nel soggettivo. Da qui si sviluppano le teorie del dubbio e dell'incertezza.

Per superare questa schisi, questo baratro che separa il tempo dallo spazio, Costa decide di entrare nella dimensione dell'artisticità: un campo non facile ma che, contrariamente a quello scientifico, non necessita di verifiche.

Attraverso la sfera dell'arte sarà allora possibile proporre mondi illesi capaci di contenere "verità".

E la verità l'artista la trova in un cammino rovesciato, andando contro corrente, forte della sua posizione di sessantottino a Parigi, voltandosi idealmente indietro fino a raggiungere la preistoria, proprio "...là dove la creazione volge alla fine..."; in quel punto cioè dove sta per concludersi l'evoluzione dell'animale e prende corpo la venuta dell'uomo.

A causa di un presente fortemente insicuro (con due guerre mondiali alle spalle e con la caduta degli ideali), Costa trova un saldo punto d'appoggio nell'arcaicità della storia, cioè nella preistoria, sulla quale fonda l'enunciato della "regressione del tempo" spiegandosi in questi termini : "Ho cercato di teorizzare  con l'<WORK IN REGRESS>, in opposizione all "Work in progress" di James Joyce, l'insistere del feed back  sul ritorno della fase primigenia dell'essere... In realtà essere <retrostante> significa per me essere situato da qualche parte (in un passato remotissimo), nel momento in cui mi rendo conto che l'uomo occidentale contemporaneo è pericolosamente lanciato, come palla di biliardo, sul panno-pelle della realtà... (AFRIca, ed. Parise, Verona '91).

Un esempio radicale, illuminante, di questo cammino a rovescio l'artista ce lo propone col "Museo dell'uomo" '71-'73: un simbolico lavoro esplicativo del suo pensiero che vuole porre l'attenzione sulla  necessità di riappropriarci della nostro passato per meglio capire la complessità del presente, rivolto al futuro. Questo per recuperare anche la conoscenza sapienzale di allora, perduta nei millenni.

L'opera è composta da un grande armadio di fine ottocento, usato per conservare la pasta nei negozi alimentari, fornito di tanti cassetti con sportelli in vetro, disposti a "vetrina", in cui Claudio vi ha deposto calchi in gesso di frammenti di corpo umano (il suo), proprio come una sorta di esposizione museale.

Frammenti che l'artista, con pazienza infinita, ha realizzato fedelmente (a grandezza naturale) con calchi della sua testa - dipinti e rivestiti di capelli, barba e occhi in porcellana - ripetuta in sequenza in modo che il viso regredisca fino a perdere la fisionomia umana ed acquisti quella animale diventando progressivamente, fino all'ultimo esemplare, totalmente testa di scimmia.

La stessa operazione è stata compiuta sui calchi delle mani e dei piedi trasformandoli man mano in zampe di primati.

Questo per visualizzare una sorta di Museo che documenti e certifichi un' evoluzione all'<indietro>, cioè un cammino dall'oggi alla preistoria, accompagnato da una riflessione antropologica <rovesciata> che dal presente si muove verso il passato fino a raggiungere le origini.

Anche negli ultimi tempi, nell'atelier di Genova-Quarto, Claudio ha ricostruito una sequenza di forme (questa volta in terracotta e in misura assai ridotta), un ulteriore <Museo dell'uomo> in cui le forme umane del volto si trasformano in teste di scimmia.

Qui, insieme, abbiamo modellato la creta scavando con le sgorbie i solchi delle rughe, i ricci dei capelli, i peli del muso, i fori delle narici, i tratti che delimitano i dentini e al contempo modellato le sporgenze frontali e quelle degli archi ciliari, insieme agli zigomi delle guance.

Dopo la cottura nel forno, donato dall'arte-terapeuta Serena Olivari, siamo passati alla fase pittorica dipingendo il bianco degli occhi, il rossiccio della pelle, il nero dei peli e delle pupille. Operazione a cui sovente ha assistito (imparando la tecnica) anche l'artista-degente Davide Raggio, allora fortemente attivo, ora, dopo la scomparsa di Claudio ('95), completamente fermo.

Con la performance dell'<Arcimboldo evocato> Costa fa parlare il proprio corpo con altri mezzi, in questo caso rivestendolo di "terra" (la creta dei suoi lavori) per diventare egli stesso monumento-vivente dedicato alla divinità poiché ha detto: "...gli artisti sono il dono della terra al cielo...".

Arcimboldo è un pittore rinascimentale che dipinge la figura umana in maniera anti-logica. Infatti i suoi noti personaggi sono integralmente ricostruiti con elementi della natura come tronchi d'albero, rami, foglie, frutti, ortaggi. Cioè in questo contesto l'uomo acquisisce sembianze della natura.

Che è un po' anche l'intento di Claudio: l'uomo viene dalla terra e torna alla terra, "pulvis es et in pulverem reverteris".

E' estate, fa caldo, l'artista sta preparando quest'ultima sua performance  da eseguire davanti a un folto pubblico, nella piazza principale di Sarzana ('94).

Per l'evento l'artista chiama tre vestali (Giulia degli Alberti, Carla Sanguineti e io) affinché lo trasformino in un corpo di terra.

Claudio, seduto immobile attende il loro intervento: in un angolo sono sistemati rastrelli, vanghe, falci, una tinozza colma di argilla, forconi, ossa, legni, arbusti, canne vegetali... Le vestali gli si avvicinano e iniziano a mimare dei simbolici "innesti" tra questi oggetti contadini e il corpo dell'artista (secondo un ipotetico ed emblematico abbraccio tra natura e cultura materiale) attraverso la metafora di una corda che gli lega attorno tali oggetti.

Poi si dà avvio alla "vestizione": con gesti misurati le officianti lo cospargono d'argilla fino a rivestirlo totalmente lasciando liberi solo il taglio degli occhi.

Quando è interamente ricoperto di terra egli si alza per collocarsi, in piedi, al centro di un'elevata pedana. Qui, la sua persona si erge alta e ritta sullo sfondo crepuscolare (è quasi sera) mentre i suoi piedi vengono "murati" con la creta a mò di piedistallo. Poi, succede un fatto incredibile: uno stormo di piccioni in volo si posa improvvisamente su quella statua vivente: il mito dell'agnello rivive tra i presenti.

Se per Costa questi sono alcuni tra i modi d'intendere il corpo umano nell'arte, altri artisti usano il corpo come mezzo per esprimere verità: le grandi trasformazioni scientifiche come quelle generate dalla biogenetica o le conquiste tecnologiche della cibernetica con la realtà virtuale, hanno creato nuovi limiti, nuove frontiere a cui l'umanità tende non senza porsi domande, da sempre fondamentali, che investono in primo luogo la sfera dell'etica.

Ad esempio, Cindy Sherman usa il proprio corpo come luogo di travestimento e di trasformazione, a volte orrifica, quale simbolica espressione di un'evoluzione tecnologica. I fratelli Chapman creano personaggi tridimensionali, a grandezza naturale, curiosissimi, quasi osceni, in cui la fisicità dei corpi corrisponde a un'ideale e spaventosa mutazione genetica.

Maurizio Cattelan cattura nei suoi lavori gli atteggiamenti odierni di pericolo o di violenza, misti a un certo alone sacrale, come il lavoro dell'ultima biennale veneziana ove mani giunte in preghiera fuoriescono dalla sabbia o ancora come nell'opera in cui ricostruisce in maniera iperrealista la bianca figura del Papa che cade dolorosamente su di un fianco  a causa di un grosso meteorite che lo ferisce insanguinando la veste e il pavimento.

Con Oliviero Toscani si affrontano tematiche relative ai rapporti raziali, oppure gli aspetti dolorosi di malattie nuove come l'AIDS attraverso immagini di sofferenza, tradotte in gigantografie murali.

Queste ed altre esperienze artistiche possono porsi come momento e luogo di riflessione sulla "storia, tradizioni, problemi di oggi, opportunità per il futuro", come del resto lo stesso convegno suggerisce.

 

                                                             Miriam Cristaldi