TRACCIARONO
INSIEME
In
un mondo soffocato da oggetti "inutili", concepiti per soddisfare un
indotto e smodato bisogno dell'uomo contemporaneo, l'attenzione degli artisti
Franco Carrozzini e Marco Locci si rivolge , per legge di compensazione, ad un
lavoro attuato in "economia" mediante un processo di purificazione
dei materiali
attraverso la pratica di azioni minime, gesti minimi, tracce minime e
presentando un linguaggio che è sì frutto della cultura tecnologica, di
una memoria manipolata, ma depurato dal filtro di una precisa riflessione dove
l'opera rimane in un contesto di investigazione concettuale.
Per
questa mostra intitolata "Tracciarono insieme", al Museo Attivo
Claudio Costa, via G. Maggio 6, fino a metà marzo) , i due artisti Franco
Carrozzini e Marco Locci, nell'aderire a un'azione critica di contestazione
verso le esteriorizzazioni dell'attualità,
hanno
pensato, in atteggiamento complementare, ad un'unica grande installazione
realizzata a quattro mani.
Se
il primo si auto determina fissando l'attimo fuggente per mezzo dell'oggetto/icona
virtuale , frutto di
manipolazioni digitali effettuate attorno al corpo reale
delle "setole" di un pennello da pittore, inserito nello
scanner del computer, il secondo si presenta invece come osservatore imparziale
nell'atto di cogliere lo scorrere eterno del tempo. Un tempo percepibile nello
spazio dell'opera mediante la perenne oscillazione di fili d' acciaio armonici,
alle cui estremità sono fissati dei pennelli da pittura.
Questi
attrezzi dello specifico dell'arte, vibrando nell'etere e sfruttando i continui,
micro spostamenti d'aria, sembrano "segnare" tracce
primigènie
su fogli di carta sottostanti,
predisposti
in stretto contatto.
In
realtà le diverse immagini elettroniche, stampate a colori su tali
fogli (circa una cinquantina), sostenuti da un filo d'acciaio flessibile,
sono precedentemente ottenute con lo scanner durante le registrazioni
fotografiche delle "setole" del pennello, colte nelle loro differenti
pressioni sull'apparecchio.
Metaforicamente,
queste icone tecnologiche stampate su carta, mobili nello spazio a causa dalle
oscillazioni dei fili d'acciaio sostenitori, si ergono a "segni" che
vogliono "segnare"
il mondo, mostrandosi nelle apparenze di tracce, di sistemi
dialettici, fruibili come diaframma tra tempo reale e tempo mitico.
L'opera
in questo senso viene separata dagli eventi contingenti del reale mediante un
concetto di opera originaria fornita di tracce quali proto-segni o princìpi
dalle infinite possibilità, capaci di attingere direttamente nella sfera
mitopoietica della simbologia.
Miriam Cristaldi
Ciò
è riscontrabile anche nei grandi teli bianchi di Locci "ricamati" da
macchie di ruggine ottenute dalla posa temporale di micro frammenti di ferro.
Qui le impronte rossicce trasudate dal materiale metallico (eliminato dopo la
formazione della ruggine), vanno a configurare misteriose sindoni collocabili
fuori dal tempo e dalla storia.
Miriam Cristaldi