In previsione del G8, e in spirito di contestazione, Fabrizio Boggiano, curatore della mostra “Sedici fotografi per il G8” in esposizione alla galleria artistico-letteraria “Joyce & Co.” (vico del Fieno 13r, fino al 31 agosto), ha pensato di raccogliere un gruppo di artisti-fotografi molto noti affinché la drammatica sequenza delle immagini -  riferita a problemi ecologici, sofferenze umane, culture oppresse – possa da sola, senza ulteriori commenti, ergersi a denuncia di tali disagi.

Gli artisti invitati, tra i più qualificati, sono stati scelti ( nell’ ordine di una presenza storica accanto ad una più giovane) in rappresentanza dei paesi più industrializzati partecipanti al vertice genovese.

Terribile e paradigmatica è la diciassettesima foto che introduce alla mostra: una piccola mano di bimbo nero, tutta pelle e ossa, è contenuta nell’ampia mano distesa di un adulto bianco. Impressionante la proporzione: il braccino del bimbo è grande quanto un dito della mano adulta. Si spera che il piccolo arto non venga stritolato dalla forte presa del “grande”. Lo scomparso Robert Mapplethorpe è qui presente con una significativa e superba foto di un giovane nero che si stringe la testa tra le mani.

Particolarmente curiosa ed esplicativa è l’immagine scattata dalla canadese Janieta Eyre: i suoi precedenti problemi di anoressia  sono espressi dalla doppia immagine di se stessa ( simbolo di una scissione della personalità) che, in pose diverse ma con gli stessi abiti, vive ambiguamente lo spazio di un’unica stanza.

E ancora, tra le altre, si evidenzia l’impressionante fotografia scattata dall’inglese Philip Griffiths  in cui una testa ferita, interamente bendata nasconde il sottostante viso in una grande,  e deformata mano di colore.

Il francese Michel Journiac mostra invece, attraverso un abilissimo trasformismo, una mimica facciale - aiutata dal trucco - che sorprendentemente lo eguaglia (e lo sottomette) alla madre.

Un ragazzo che si punta la pistola al viso è l’inquietante immagine proposta dal tedesco Jurgen Klauke, mentre un cuore vero, trafitto da aghi uncinati (a forma di x)  è ciò che illustra lo still life proposto dal giovane, nostro concittadino, Francesco Arena: una possibile e dolorosa metafora dell’uccisione dei sentimenti.

 

                                               Miriam Cristaldi