Il fare pittura di Angelo Biso tende ad esibire al senso tattile (e visivo) quegli aspetti grumosi da "carta-vetro" capaci di creare, nell'estensione del colore (usa la tecnica del pastello in polvere mescolato ad acrilici e collanti), quella trama pittorica "mobile", percepibile alla visione e al tocco come "pelle sgranata", in reminiscenza della tecnica del frottage.

E la polvere di pastello tende a creare un tessuto pittorico composto da ruvide gestualitą organizzate in ritmi obliqui che vanno da destra verso sinistra seguendo i moti irrefrenabili di automatismi psichici, senza soluzioni di continuitą.

Prende avvio allora una vibratile e fluida superficie cromatica, sovente giocata sulle gradazioni delle terre, ocre, aranci (tipiche di una certa pittura fiorentina rinascimentale) in cui irruenti gestualitą tendono a spingere la materia fuori dai limiti della forma  per dare origine a fitte sbavature, a graffi corrosivi o a pseudo "peluria", quasi a suggerire l'idea di un corpo in  forte vibrazione. 

Attorno ad esso sembra infatti individuare una sorta di alone auratico, di allure  che si dilata nello spazio circostante a guisa d'un irrequieto brillio capace di sbavare i contorni  formali come se emanassero energia endogena.

Si vedranno allora poltrone, divani, servizi igienici, portiere d'automobili, chiglie di barca, telefoni, macinini,  pesta-sali, come risucchiati o estoflessi da una spazialitą avvitata, quale centro, occhio e focolaio di possibili galassie galvaniche.

E da questi campi energetici, dalle strutture ben delineate delle forme, prende avvio un complesso  meccanismo bioluministico.

La luce diventa infatti origine e guida di sofisticati giochi prospettici in grado di suggerire trasmutazioni dell'oggetto a favore di abbaglianti e immateriali presenze, sottolineate o messe in evidenza dalle corrispettive ombre (galleria Satura, piazza Stella  1, fino al  26 maggio).

 

                                                            Miriam Cristaldi