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MICROBIOLOGIA DEI VINI

(aggiornato al 25 aprile 2001)

 

I microrganismi sono essenziali nei processi di vinificazione, ma ottimizzarne il controllo è decisamente complicato. Per capire meglio il loro contributo a tale trasformazione è necessario conoscerli tutti da un punto di vista tassonomico, quindi sapere della loro cinetica di crescita, della capacità di sopravvivere nelle diverse circostanze tecnologiche che si susseguono durante la fermentazione. È ancora importante conoscere le loro attività biochimiche, come queste sono influenzate dalla vinificazione e come esse influenzano le proprietà chimico-fisiche e sensoriali del prodotto finito.

 

FERMENTAZIONE SPONTANEA DEI MOSTI D'UVA

La fermentazione spontanea è il metodo più classico per fare vino. La prima operazione della vinificazione è l'UVAGGIO (scelta della qualità dell'uva. Per esempio per fare il Chianti occorre Sangiovese e Trebbiano, cioè una miscela di queste due uve. Esistono comunque anche vini monovarietali o monovitigni, come i campani FALANGHINA e AGLIANICO). Seconda operazione è l'AMMOSTATURA, effettuata mediante una PIGIA-DIRASPATURA (con macchine PIGIA-DIRASPATRICI), ottenendo così il mosto d'uva che può consentire, nutrizionalmente, la crescita di microrganismi eterotrofi di vario tipo. Ma il suo pH (3-3.5) è compatibile solo con lieviti, muffe, batteri acetici, Oenococcus Oeni e alcuni altri batteri lattici del genere Lactobacillus. Da premettere che i lieviti provengono dall'uva e che il lievito è maturo quando l'uva è matura (assioma pasteuriano). Dopo l'ammostatura ed il caricamento nei tini i lieviti, che possono essere sia aerobi che anaerobi facoltativi, consumano l'O2 disciolta nel mezzo creando così condizioni anaerobiche che inibiscono muffe e batteri acetici (sono aerobi stretti). In questo modo, dopo meno di un giorno, i lieviti danno inizio alla vera fermentazione. I primi ad operare sono gli apiculati (in particolare KLOECKERA APICULATA, che è la forma imperfetta di HANSENIASPORA GUILLIERMONDI, sporigeno), SACCHAROMYCES CEREVISIAE (non è un apiculato, è presente in minoranza sull'uva) ed alcuni non-Saccharomyces (Candida Stellata, Pichia spp., Schizosaccharomyces spp., Torulaspora Rosei, Metschnikowia Pulcherrima). Dopo 3-5 giorni il grado alcolico del mosto raggiunge un valore di circa 4: in queste condizioni gli apiculati e i non-Saccharomyces hanno una bassissima possibilità di sopravvivere e le loro attività biochimiche si arrestano. È a questo punto che prendono il sopravvento le razze fisiologiche di S. Cerevisiae. Secondo alcuni la fermentazione viene poi portata a termine da ceppi detti "residenziali" di S. Cerevisiae, derivanti dall'ambiente tecnologico (cioè impiantistica e cantina, a cominciare dalla pigia-diraspatrice fino ai vasi vinari). L'aroma che contraddistingue un vino deriva dalla varietà di uva usata e dalla trasformazione, comprendente la fermentazione alcolica, quello malo-lattica e l'invecchiamento (o affinaggio). L'uva apporta tracce di molti componenti volatili (soprattutto terpeni) derivanti dalla natura botanica della materia prima, i quali danno al vino il suo carattere varietale. Inoltre, sempre l'uva, apporta acidi non volatili (tartarico e malico, che influenzano le proprietà sensoriali) e tannini, fenoli, flavonoidi (che conferiscono amaro e astringenza). La fermentazione, specie quella alcolica, incrementa la complessità del sistema idroalcolico, favorendo l'estrazione di altri composti dell'uva e modificando ulteriormente la costituzione del mezzo mediante la produzione di una vasta gamma di metaleoleti volatili e non, come alcoli superiori (amilico, isoamilico e fenil-etilico, tutti derivanti da amminoacidi), che formano il cosiddetto FUSELOLO. Anche con l'invecchiamento si hanno tutta una serie di modificazioni chimiche. Anche gli enzimi soprattutto pectinolitici, derivanti dall'uva, secreti da lieviti o batteri malolattici, usati in prefermetazione, partecipano alla formazione dell'aroma finale.

In definitiva, possiamo distingeure:

AROMI VARIETALI: imputabili essenzialmente alla varietà di uva usata ed alle sue caratteristiche botaniche, ma anche dipendenti dal terreno (per esempio dalla pendenza della collina), dalle tecniche colturali e dal clima (dall'esposizione a mezzogiorno,dalla latitudine dalla quale dipende l'incidenza dei raggi solari sulla terra).

AROMI PREFERMENTATIVI: dipendono dallo stato dell'uva e quindi dalla sua maturazione, stato di sanità ed integrità.

AROMI FERMENTATIVI: si sviluppano nel mosto, previa fermentazione alcolica e malolattica.

AROMI POSTFERMENTATIVI: prodotti durante l'invecchiamento, cioè passaggio da vino giovane a vecchio.

Il prodotto principale della fermentazione degli zuccheri (fruttosio) è l'etanolo, quelli secondari sono glicerolo, acetaldeide, acido succinico ed acido acetico. La loro produzione dipende da lievito a lievito. Ad esempio alcune specie del genere Breattanomyces producono quantità eccessive di acido acetico, quindi non sono viste di buon occhio nella vinificazione, mentre in alcune birre inglesi causano aromi anomali. Attualmente il vino viene fatto in un modo un po' "anti-microbiologico", nel senso che si tende ad eliminare la microflora originaria presente nel mosto e ad usare colture starters che garantiscono un decorso regolare della fermentazione. La selezione del lievito S. Cerevisiae è agevolata dal fatto che esso, strutturalmente, è dotato di una sostanza, il trealosio, che fa si che esso possa sopportare bene il congelamento, lo scongelamento, la disidratazione, la liofilizzazione, etc. In pratica questo lievito muore difficilmente perciò può essere venduto come panetto di lievito compresso, come prodotto congelato, essiccato, etc. Il trealosio evita fondamentalmente la disidratazione cellulare, proteggendo così i più importanti polimeri formanti la cellula. In Italia è di largo uso è l'LSA (lievito secco attivo), che in inglese prende il nome di IDY (istant dry yeast, cioè lievito secco pronto all'uso). Queste polveri o granuli, a seconda di come si confezionano, sono direttamente additivabili al mosto previa solfitazione, necessaria ad eliminare i lieviti residenziali. Attualmente ( '99) ci sono in commercio 80 ceppi diversi di lievito secco, quindi esiste una certa biodiversità. L'Italia, che fa 53 milioni di ettolitri di vino, è seconda solo alla Francia, che ne fa 56 milioni (di cui un terzo prodotto con starters). Seguono poi il Portogallo, il Sud America, la Germania, l'Australia, il Cile ed il Perù.

 

CARATTERI DESIDERABILI PER I LIEVITI VINARI

 

CARATERI INDESIDERABILI PER I LIEVITI VINARI

 

Altra caratteristica ben vista nella razza fisiologica PROSTOSERDOVI di S. Cerevisiae è la capacità a formare pellicole superficiali: questi vengono classificati come lieviti FLOR e sono importanti per la vinificazione in zone calde come Sicilia, Sardegna e isola di Madera, dove vengono impiegati per la maderizzazione dei vini. Da noi sono usati per il fiore di Marsala. La pellicola che si forma ha il compito di separare il vino dall'ambiente-atmosfera, regolando gli scambi tra i due mezzi. I lieviti possono quindi vivere in maniera flocculenta, dispersa o pelverulenta e come pellicole superficiali.

Per misurare la CO2 prodotta da un lievito si prende una quantità di mosto a peso noto. Questo mosto viene collocato all'interno di una buretta, la quale viene chiusa con un dispositivo molto semplice. Questo dispositivo cattura il vapore acqueo (grazie all'H2SO4 presente in tale sistema) mentre lascia passare CO2. La perdita di peso ci dice quanta anidride carbonica è stata prodotta ed in base ad essa è possibile risalire all'etanolo prodotto, risalendo di conseguenza alla capacità fermentativa del lievito in esame.

Sono detti "processi di retrogradazione biologica dell'acidità fissa dei vini" la fermentazione malo-lattica e quella malo-alcolica. La prima, come sappiamo, porta alla produzione di acido lattico a spese dell'acido malico, mentre la seconda porta alla formazione di etanolo, sempre a partire da acido malico (per duplice decarbossilazione diretta). L'acido malico prende questo nome dal latino malus , cioè mela, la quale quando è ancora immatura è caratterizzata da una forte concentrazione di tale sostanza (comunque presente un po' in tutta la frutta). Il suo sapore è astringente, ed è un importante costituente, insieme ad altri acidi non volatili, dell'acidità fissa dei vini. Tra gli acidi volatili si hanno invece acido acetico, che può derivare anche da lieviti, i quali comunque lo producono in quantità accettabili. La fermentazione malo-lattica è fondamentale soprattutto per i vini rossi. Un esempio può essere l'Aglianico (Avellino), che deve le sue caratteristiche ad una buona fermentazione malo-lattica. Discorso a parte per i vini bianchi: nei vini del Veneto e del Trentino una giusta quantità di acido malico conferisce un apprezzabile sapore di fruttato. Tra gli agenti di tale fermentazione abbiamo: Lattobacilli (Brevis, Plantarum, …), alcuni Pediococchi ed il Leuconostoc Oeni (oggi Oenococcus Oeni. La sistematica di tali microrganismi è comunque "poco stabile". Le continue ricerche hanno portato all'individuazione di due ceppi in particolare, due ecotipi, con conseguenti novità in termini di sistematica). Esistono delle ditte che vendono fermenti malolattici selezionati, ed il loro impiego sempre più rilevante ha portato la Comunità Europea a regolamentarne l'uso (la CHR HANSEN commercializza VINIFLORA OENOS).

 

CRITERI PER LA SELEZIONE DI CEPPI DI OENOCOCCUS OENI

In linea generale si valutano tutte le caratteristiche di resistenza a stress derivanti dalle tecnologie della vinificazione. La produzione di sostanze extracellulari potrebbe causare intorbidimento, con una conseguente difficile filtrazione. Per combattere la presenza di sostanze derivanti dalla polpa d'uva si adoperano spesso in enologia enzimi pectinolitici, poligalatturonasi. Oggi tra i fattori negativi che si stanno prendendo in considerazione c'è la produzione di un amminoacido (nitina???) e di etilcarbammati, ritenuti entrambi precursori di sostanze mutagene.

 

CONSIDERAZIONI SULL'IMPIEGO DI LIEVITI SELEZIONATI IN ENOLOGIA

  1. I vini ottenuti per fermentazione naturale dei mosti sono sempre più intensamente aromatici; del resto la qualità complessiva del vino, pittosto che dall'intensità dell'aroma, è determinata dall'equilibrio degli aromi che si completano l'un l'altro. Un vino ottenuto per fermentazione naturale, anche se più intensamente aromatico, può meritare quindi un giudizio eccellente o pessimo. I vini più celebrati e di più apprezzato "carattere" sono tuttavia sempre ottenuti per fermentazione naturale dei mosti. Vini come il Chianti, il Barolo non potranno mai essere prodotti eliminando, "uccidendo" la microflora residenziale ed utilizzando lieviti selezionati. Questi vini potranno essere prodotti solamente con una fermentazione naturale sapientemente guidata, avendo così annate migliori o peggiori.
  2. Gli attributi aromatici più intensi, sia positivi che negativi, sono correlabili al grado di diversità della popolazione non-Saccharomyces che partecipa alla fermentazione.
  3. I lieviti, sebbene fondamentali per l'aroma finale di un vino, non sovrastano mai il carattere varietale dell'uva.
  4. La fermentazione a freddo, praticata con l'intento di esaltare l'aroma di fruttato nei vini bianchi, favorisce i lieviti non-Saccharomyces, aumentatndo però la probabilità che predominino potenziali produttori di off-flavours.

 

ALTERAZIONI MICROBICHE DEI VINI