Someone somewhere in summertime

   Quando il sangue smette di avere fretta, e oltre la certezza numerica del percorso venoso e arterioso non c'è davvero nulla che possa essere desiderato, il nostro corpo diventa perfetto.
   Chiude le porte, socchiude le finestre, e nella stanza spoglia, con un frusto materasso d'affitto dove sotto potete star certi che è pronta a cigolare una rete arruginita, si chiede, forse per un'ora, o forse per due dopo il risveglio, che ora del giorno sia, e se sia il caso di prendere la strada che in qualche modo condurrà al mare.
   Il caldo che s'insinua fra i battenti, e vibra un silenzio polveroso e grigio da estate filtrata dalla noia spinge lo sguardo brachicardico sulle pareti nude. E c'è solo intonaco imperfetto, e vecchie tracce di poster appesi (con le puntine da disegno o col nastro adesivo, indifferentemente, già, indifferentemente).
   Sapete che periodo è, sapete da cosa siete fuggiti, sapete perché quella calma assoluta non appartiene a questo mondo oggettivo che chiunque potebbe spiarvi. No, tutto qui esiste in funzione di un ricordo.
   L'ultima volta che foste qui non eravate ancora al Liceo.
   L'ultima volta che avete messo piede in questo appartamentino balneare eravate insieme alla vostra famiglia, e non eravate in grado di partire bene la realtà dai vostri desideri irrealizzabili.
   Eravate la schiumetta che rimane sul bagnasciuga dei vostri sogni. E c'era quella ragazzina.
   Nessun'altra ragazzina, a parte lo sfondo umano di lei. E lo sfondo sonoro di lei. Nel primo cassetto, se lo apriste, potreste ancora trovare le prime cassette, registrate da vostro cugino grande, dei Simple minds o degli U2.
   Ma in ogni caso vi conoscete abbastanza bene da sapere che non vi alzerete dal materasso per scoprire che più di 15 anni di affitti ne hanno cancellato ogni traccia. Ogni traccia fuorché quella che vi riconduce a lei, a lei che un tempo scrivevate Lei con la maiuscola su quaderni, spigoli dei quotidiani, sabbia bagnata.
   Se alzaste la schiena trovereste, magari leggermente smerigliato e confuso, ma saldo nelle sue coordinate universali, il balcone da cui ogni mattina, a scatti di mezz'ora, cercavate la sua sagoma col pesante binocolo dei vostri, solo per sapere se valesse la pena scendere quel giorno a mare.
   Perché capitavano certi giorni che lei non scendeva. E allora pensavate a tutto il peggio.
   Pensavate che forse era partita, con i suoi, e chissà quanto sarebbe stata via.
   Pensavate che forse non stava bene, e chissà quando l'avreste rivista.
   Pensavate che forse era andata da amiche, a fare il bagno con amici, magari più grandi, fra cui magari c'era qualcuno che le piaceva, e magari le piaceva molto.
   Oppure pensavate, come in fondo eravate certi, che non avesse la minima idea che vi piacesse, e che vi piacesse così esasperatamente.
   E che non potevate ascoltare neppure la più cretina delle canzoncine dei vostri gruppi preferiti senza implicitamente dedicargliela. Persino a Don't you (forget about me) un po' trasalivate. Ora fa tenerezza, lo sapete e non risucite a controllarlo. Ma una volta era davvero tutta la vostra vita, in bilico su un istante.
   Improvvisamente, dalle profondità vi giunge una frase. E' una frase di quelle ad effetto, simile a quelle che talora producete, quando la bellezza di ciò che non sarà mai più inizia a fare male. Avete passato tutti quegli anni in quei luoghi. Ma in realtà avete passato tutti quegli anni in un altrove che non era il vostro corpo e non era la vostra anima né la sua.
   Essere di nuovo qui è ricordare il posto da cui tutto soltanto partiva. Siete certi allora di dove parcheggiavate il vosto corpo prima di immergervi, come in una piscina, in una malinconia che vi ha cullati nel suo sciabordìo isolazionista per un numero tale di anni che son diventati poi la vostra vita intera, e dentro cui ancora siete, e ci siete così saldi da confondere quel ricordo con il vostro nome.

   Forse anche Lei, che ora finalmente siete risuciti a cogliere dietro le lenti opache di salsedine, era solo un parcheggio, il vostro parcheggio preferito per quel mondo che si raggiunge solo a piedi, a mezzogiorno, e che a mezza strada vi accorgete che non esiste ma continuate a camminare



 

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