Primo
principio flogistico dell'esistenza etero-relazionale: sopporta qualunque angheria
fisica, psichica e psicofisica una donna possa farti, perché verrà
il tempo in cui sarà possibile sguazzare nella piscina del suo senso di
colpa.
E' quanto mi ripetevo ieri, con forza, durante il blitz a casa
mia di XXXXXX (che per comodità sarà qui indicata con X), amica
d'università, metro e ottanta, fisico da modella, occhi enormi azzurri,
notevole attitudine a riempirmi di baci il collo, la schiena e le orecchie per
convincermi a qualunque impresa.
Con l'avvento a casa sua di un pc e la proliferazione delle
occasioni di incontro il buon vecchio flogisto è diventato presto il numero
associato al tasto "1" del suo Telecom Sirio (quello che ti chiama anche
solo se il suo proprietario ti pensa).
Con il tempo, da operazioni complesse e da svolgersi una tantum
(settare outlook, abbonamento a internet, rudimenti di word, et similia) si è
rapidamente passati all'abolizione del filtro selettorio d'esperienza. Il FSE
altro non è che quell'utile metapensiero che permette di rendersi pienamente
conto di star pre-pensando o pre-volendo qualcosa e giudicare che tale prepensiero
o prevolizione appartengano a te stesso, in quanto loro produttore. Immobilizzato
in questa coscienza, il prepensiero è poi sottoposto alla selezione d'interesse:
se è minimamente utile alla tua vita o menomamente interessante da renderlo
operativo (leggasi reale o semplicemente pensato) allora il FSE lo lascia passare,
ovvero realizzare. Sembrano minchiate, ma quanto lavoro il nostro organismo si
sobbarca per permetterci di autoestinguerci! Chiamatelo fesso.
Ora però, abolito l'FSE logisticamente tutto diventa
un po' un casino. Tu dall'esterno vedi solo due occhioni azzurri che riflettono
una spirale centripeta, ed è un po' come se stessi sbirciando l'anima,
o meglio, il pus che riempe l'encefalo. A quel punto, come note ch'escano dal
piffero dell'incantatore di serpenti nei cartoni animati giapponesi dei primi
anni 80, le parole accompagnano inerzialmente quei prepensieri non approvati dal
FSE, stanno nell'aria sotto forma di viscida alterazione atomica dell'ossigeno
e ti giungono meglio che subliminalmente: accompagnandosi ad un'erezione.
By the way, X mi spalancava quegli abissi. Appena tornata
da Barcelona -mi dice- innamoratissima di tale Y, colombiano, deve mettersi in
contatto con lui, ma pur sapendo ormai mandare email (direttamente da libero,
però, perché outlook è troppo facile e non si diverte) non
sa bene come si facciano ad allegare delle foto che non sa bene come *trasformare
in foto sul computer*. Introdottala ai misteri dello scanner, dopo aver ritoccato
il suo naso in almeno 5 delle venti foto scannate, scolorito le meno belle, eliminato
"sfondi stupidi", aggiunto ad alcune elementi tratti da Dalì
e allegato tali capolavori alla mail destinata ad Y lei tira fuori dalla borsettina
senegalese un quadernetto. Bene, mi dico, il passo finale: allegare due parole
rapide in inglese di saluto, di malinconia financo. Qualcosa di commemorativo.
Qualcosa di urgente; fissare un prossimo appuntamento. Di solito qui il FSE entra
in gioco. E se non entra lui, viene fuori il pudore, o la riservatezza. Hey -
penso - non avrai mica intenzione di trattarmi come il tuo migliore amico, per
caso? Non accetto pietà, io, chiariamolo subito. Ma niente, fissando il
quadernetto, orbis rotantibus, assorta in un altroquando immanente, X inizia (-
dato che tu ci metti 5 minuti e io un'ora a scrivere alla tastiera-) a dettare.
Ed ecco cosa le mie dita hanno pigiato:
Strette
nel mio braccio serrerò queste ferite deliziose... come soffice grano
d'incenso soffierò la minorità ad ogni martirio ad ogni dolore
sì dolce e sottile finché ogni lacrima si tramuterà in
gemma...berrò l'altrove nelle ciotole di miele sotto fulgidi melograni
- con goffi funamboli danzerò su sberleffi di streghe - pungendomi di
spine incerte sputerò le purpuree ostie e sotto archi piumati sussurrerò
alle mie tracce, ai miei oblii...così per dare piuma alle ali della notte
con peccaminosa argilla...ruberò l'alito dei satiri e getterò
quest'abito di carne e sangue alle risplendenti trafitte dell'immortalità...per
poter raccogliere senza vizio d'egoismo solo l'amore che memora terra - odore
di vergine zolla... e nell'approdare all'amor di sé che riaffiora la
necessita di attenzioni di raccoglimento...di chincaglierie inafferrabili sono
pieni miei passaggi, nella bramosia di intrattenermi col cielo...delle farfalle
non ricordo più il volo...non qui...non ora...nostalgia alberga il mio
movimento tra passaggi amari su imbrogli di parole su vuoti smisurati edificherò
lacrime...peregrinazione per non segnare verbalmente il tempo...l'immaginazione
velo consolatorio ammantella la verità...scolorita dalle notti bianche
ma l'imperativo della memoria è più forte della seduzione della
dimenticanza ed io non riesco a sottrarmi...così è in me il ricordo
di un brivido intenso malato all'attesa dal sapore di un dono...precipito nell'infinità
dell'indifferenza come burattino senza fili ma so che sarò di nuovo nuvola
e tornerò a giocare con l'anima...l'amore non è che un'ermeneutica
di sé...avrei voluto essere in te più che carezze...soffio lieve
su ogni respiro su un'unica pelle calore e candore...esser tocco d'un altrimenti....ma
questo amore è mio...solo mio.
Beh.
Se fosse stata minimamente in sé si sarebbe accorta che ridevo. Si sarebbe
accorta che avevo lacrime sgorganti che erano pozzanghere che m'inzaccheravano
i piedi. Si sarebbe accorta che ridevo di lei, della mai vergogna di me e della
mia vergogna per lei e per lui, del genere umano, della poesia, della facoltà
di filosofia. Se fosse stata minimamente collegata si sarebbe accorta che appena
smesso di ridere forte - come da anni non facevo - avevo iniziato quanto più
silenziosamente possibile a sospirare. Se non avessi notato i suoi occhi ancora
rotanti sarei forse riuscito a continuare a ridere. Non saprei spiegare ora
perché avessi di colpo smesso. E non c'entra il fatto che - come avevo
saputo preventivamente - lui non spiccichi una sola parola di italiano. Né
che - come appurato guardando le foto - sia un essere fisicamente quasi ripugnante.
Non era quello. Era qualcosa in quelle ridicole righe. Qualcosa di quelle frasi
asmaticamente affettate, absolutamente astratte e al contempo dense - vulnerabili,
fanatiche e vive mi stava sfregiando il cuore con un rasoio Gilette arrugginito.
Accompagnandola alla porta ho fatto di tutto per trattenere
le lacrime.
Poi di notte - insonne di quelle lacrime che si seccavano
in gola - sono tornato alla piccola custodia di mogano intarsiato che custodisce
ancora i miei diari segreti di diciottenne.