Una scatola .
Scatola.
Ti hanno appena regalato dei cioccolatini.
Allimprovviso la parola aggetta allattenzione.
Scatola.
E una parola che ti ha sempre rassicurato: ci hai nascosto
segreti, le lettere damore che hai ricevuto, gli oggetti più preziosi.
Ti fa star bene lidea di aver delle scatole in casa.
O lidea che la tua casa, sia, in qualche modo, la più bella fra
tue scatole.
La parola scatola? La parola scatola, che cade a pennello
sulle pareti del contenitore, quella facile parola che è le sue stesse
pareti, le mura che hai riempito con eleganza.
Le pareti? Le pareti interne o esterne?
Non sai ancora, intanto bastino le pareti.
Sai che le pareti dividono e lo sai perché ritieni
la nozione di due cose, una chiamata convenzionalmente dentro laltra chiamata
convenzionalmentefuori.
Se conosci entrambe le cose, avrai anche la percezione approssimativamente
certa di dove ti trovi.
Per natura, per la tua natura e per la natura delle cose,
si sta - e tu stai - sempre o dentro o fuori.
(Anche se ora ci pensi- se allultimo momento ti
chiedessero di giurarlo, ristaresti, ristaresti inebetito per un paio di secondi
e poi, quasi a scacciare unaritmìa che non vuoi far progredire
a sospetto, firmeresti rapidamente quel contratto con il fato, il contratto
di abitatore del tuo dentro o del tuo fuori e della certezza di muovertici allinterno.
Già, allinterno.
Dapprima certo, saldo nella radicatezza alla credenza della
pacificità dellubicazione interiore dogni cosa, e alla collocazione
evidente dogni interiorità rispetto ad ogni esteriorità,
adesso sei colto da quello che si annuncia come un fulminante mancamento logico,
una vertigine a 360 gradi della tua presenza.
Potresti star precipitando, e potresti starlo facendo in una
direzione che non tè chiara.
Ci sono cose che sai di non sapere, ok, e ci sono cose che
sai che non potrai mai sapere.
E poi, come adesso a bruciapelo apprendi, ci sono cose che
ti si celano solo quando possiedi la tua conoscenza desse.
Tu potresti essere indifferentemente dentro o fuori, e potresti
essere allinterno di quellinterno o allesterno di un esterno
che non sai in che tipo di relazione potrebbe stare con linterno che credevi
dabitare. Sarebbe la stessa cosa?
Stai ansimando.
Finché ti sei mosso, hai avuto una tranquilla percezione
della tua posizione.
Ma cosa è successo, e perché? Non sei da nessuna
parte? O peggio, sei ovunque?
Sarebbe la stessa cosa?
Cerchi di rappresentarti qualcosa, la ghermisci pavidamente
dal nulla mentale che tattanaglia.
Fai finta di essere in una casa, in una casa di pianura, una
casa solitaria in mezzo al prato.
E mio Dio non somiglia molto a quella che realmente abiti.
Ma tantè, devi fare in fretta.
E poi ci vuole una casa più semplice, dove le idee
saltino fuori più evidenti. Nella tua ti distrarresti.
Sei dentro, aggrappato alla porta, aggrappato alla paura
di voler essere in mezzo.
Sei di spalle, e guardi il divano del soggiorno. Hai poggiato
la schiena alla porta.
Sei dentro, ne sei certo, non può essere diversamente.
Però non giri la testa, perché ti basta la certezza
di essere appoggiato alla tua porta, alla porta di casa tua. Ricordi di essertile
avvicinato, con fermezza, con decisione.
Sei dentro: perché dentro non piove, non tira vento,
se vuoi puoi dormire sicuro, guardare un cartone animato di Disney. A questora
li fanno sempre; anche di questo sei certo. Lorologio indica il loro orario.
Dovrebbe lorologio sulla parete barare, barare proprio
adesso?
Tutto il mondo è sincronizzato! Tutto il mondo è
un orologio sincronizzato!
E proprio il tuo dovrebbe esser da meno?
Non ricordi quando hai cambiato le pile, ma non è stato
troppo tempo fa.
E poi, basterebbe vedere quei cartoons per esser sicuri dellorario.
Basterebbe avvicinarti al telecomando e premere un tasto
per smuovere il televisore dal suo stand-by notturno.
Non vorresti dovertelo dimostrare, no, che sciocchezze, ma
alla fine acconsenti alla risoluzione della strana ma potentissima fobia che
tha colto.
E potente: le cedi.
Il sangue ti si gela quando sullo schermo, invece di Topolino
o Pluto o Paperone vedi la compassata faccia di un tizio che non hai mai visto,
che legge il telegiornale.
Cè una strana espressione nei suoi occhi.
Sta dicendo qualcosa che sai per certo riguarda te.
Con il dito indica fuori. Indica te!
Te, e nessun altro. Guarda te: ci sei solo tu.
Ma, per un motivo che le tue sovreccitate condizioni non ti
permettono di capire, dallapparecchio non proviene alcun suono.
Sei dentro, sai di esser dentro.
Sai che lo speaker sebbene muto, si rivolge a te.
Sai desserci dentro, anche se quelle parole non giungono
direttamente alla tua mente razionale, ma alle tue gambe, che hanno preso a
saltellare, poi a tremare.
Ma cè il prato fuori, e una normale porta di
legno (neppure tanto rinforzata) ti separa dal fuori che forse è il mondo.
Se lo vedessi capiresti dove sei, capiresti dove stai andando.
Ci andresti pure, là fuori, se solo sapessi da che
parte uscire.