Piove

   Piove, e non me n'accorgevo.
   In televisione ho visto strade innevate, acqua che riempiva scantinati e fiumi mutati in fango che sommergevano piazze di luoghi senza nome, perché tenevo il volume a zero e mangiavo. Devono essere posti relativamente lontani da casa mia.
   Di solito non guardo la televisione. Può capitare, certo, come capita che piova, e che io me n'accorga.
   Talvolta la pioggia mi prende quando sono senza ombrello, o in vespa. E quella è pioggia. Sì, ho avuto esperienza con la pioggia.
   So com'è fredda quando riesce a entrare dal colletto della camicia e poi giù per rivoli che si perdono in un brivido involontario.

   Ma ora c'è questa mia vita, al di qua di questa finestra, e tutto il mondo che transita dalle mie meningi.
   Oltre finestre, che si sporcano in continuazione, cade la pioggia, oltre casa mia, sopra casa mia, a prescindere da casa mia.
   Pioggia senza suono; ho lo stereo acceso, la mente fissa in queste lettere che si compongono sul video e che tentano di anticiparmi a domani. E posdomani.
   E' un modo di correre, quando dovrei già saper trattare con quest'inquietudine, e rimanere fermo al piacere dell'agonia.
   Quando non sento più me, non sento la pioggia. E ogni parola, gesto, o senso scambiato è un cupo ticchettìo che va a sciupare le azioni che comunque compierei, meccanismo perfetto che prevede il rigore di pensieri scivolanti su pensieri, con precisione, puntualità, e indolore abnegazione.
   Ma non succede niente per davvero. E' così pigra, la pioggia, così silenziosa quando dalla terra sale al cielo. E poi, trasformando il mondo in una tonalità uniforme di grigio, s'infiltra ovunque, d'ovunque indifferente.
   E lo vedo dalla finestra, la gente si copre, affretta il passo, i gatti si riparano dove possono, le massaie tirano dentro la roba stesa. E poi, oltre le chiome agitate delle palme, il mare sembra rigenerarsi, goccia dopo goccia, secondo dopo secondo.
   Dopo che - evaporate le lacrime di gioia o di dolore dalle fibre dei nostri vestimenti - le nostre azioni hanno ceduto un po' di tepore al tempo, tornano tutte giù, ticchettando, appena suggerendo la presenza del rimosso.
   E il mare, il mare che gli occhi non possono abbracciare tutto intero, il mare che si autorigenera e di sé e di noi si nutre, il mare che non sento più, ringrazia.

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