Parole dette in un sogno

   Spegni l'autoradio - la musica è bellissima - ma ci porta troppo lontano da dove vorrei essere, da dove vorrei stare, da dove sono, ma da solo. Ci sono da quando ti ho vista. Di solito sono pacioso, faccio la mia vita, non m'importa.

    Vedo questi oggetti quotidiani, li uso, mi circondano. Il loro uso mi è importante, come lo è a tutti.
   Pensa dunqe: potrei rimanere davanti a questa bottiglia di birra con l'apribottiglie a tentare di far saltare il tappo inutilmente per ore? Potrei indugiar davanti a questo bicchiere chiedendomi per cosa abbia questa forma? E questo, dico, non un attimo, ma per tutto il tempo che occorre per trovare una soluzione. Metti che io non sia io, con tutte le cose che so e che sembrano scontate, no, ecco, io sono praticamente un cavernicolo, Bc/s, e ci impiego secoli a capire la minima stronzata.
   Prova a prendere una chitarra, ed ecco, subito ti viene fuori Michelle o Blowing in the wind, e invece no. Hai quel manico lì e ti sembra infinito, vuoto, vacuo, senza riferimenti. Tutte le possibilità sono possibili, tutti i numeri tendono a mescolarsi l'un con l'altro e così fanno le parole e così le note. Ecco, son saltati tutti i riferimenti. Qualcuno ha spostato le pietre miliari, confuso le coordinate, dimenticato i nomi. Son così, adesso. Dimentico di me, non sento più il mio cuore pulsare, i miei occhi vedere. Se lo facessi mi roderebbe l'ordine, la perfezione, la dedizione con cui la natura si persegue e ignora quanto ora mi succede. Lo stesso se mi affaccio alla finestra, o accendo la tv. Tutto scorre, tutto scatta metallicamente, senza scarti, metronomicamente.

   Non so se adesso sono in grado di farmi capire. Se ci riuscissi probabilmente starei mentendo, o starei fraintendendomi. E invece ho tutto chiaro. Sento che devo provarci e sento che non ci riuscirei. Ma sono lontano dalle parole. Sono lontano dal mondo. Sono lontano e basta se ci provo.
   E quando tiro fuori una parola dalla perfezione dove si trova, dal silenzio ghiacciato infiltrato nelle sue pause e la consegno alla fisica, ecco che a contatto con l'aria prende fuoco e presto si spegne. Ed è meglio che si spenga, perché allora chiunque potrebbe prenderla, chiunque potrebbe darle un significato, e io sarei dunque il semplice affittuario di questo sentimento che mi squassa.
   Io mento, perché t'amo e posso dirlo. Io posso dirlo e quindi mento.
   Posso dirlo e l'hanno dunque già detto, posso dirlo e lo diranno ancora.
   Smarrito e immobile in nessun posto ti guardo: i miei occhi ti fissano, ti immobilizzano su uno sfondo inedito, su uno sfondo che è solo mio, un posto che ho raggiunto vivendo così, scegliendo mille strade dopo mille bivii, spesso scegliendo a caso, spesso scegliendo ascoltando il sangue, immaginando le soluzioni che solo io avrei potuto ipotizzare. Ho fatto saltare i ponti, confuso le tracce, ho controllato di essere sempre solo.
   Ho fatto tutto perché sapevo che ogni singolo passo avrebbe guidato a questa radura, dove ti avrei incontrata.
   E ti ho incontrata.
   Non potrebbe esserci nessun'altra, fuorché te. Se ora un ciglio ti scivolasse via dalla palpebra tutto sarebbe incrinato. Siamo fuggiti dal caso, abbiamo dimenticato la città e le sue friggitorie, il suo odore di unto, la sua morchia fossile che altro non è che tutte le parole che il mondo dice e continua a dire sempre, e che getta per strada, di corsa, una volta usate, ogni giorno.
   Secoli di questo sono diventati marciapiedi, giornali, piazze, negozi, uffici, bar, ristoranti.

   Brancolo in questo mondo di luce di seconda mano da trent'anni. Ho scritto testi per altri, ho scritto parole d'amore e parole d'odio, parole di ringraziamento e poesie d'occasione. Ho cantato per non farmi intendere, mi sono fatto intendere per non cantare quanto ora canto a te.
   E se un ciglio cadesse dalle tue palpebre ora, questa radura scomparirebbe, sarei gettato in un cinema, da solo; in una libreria a vagare come uno zombie alla ricerca di una parola non detta; mi fingerei parte di questa filosofia, membro di questa o quella setta, brancolerei senza fame e senza sonno alla ricerca di un'esperienza che non si può raccontare.
   Sarei insonne. Sarei l'Insonnia.
   Vivere il mondo tornerebbe ad essere lo studio mnemonico di un'oscena enciclopedia. Riesci a capirmi? Mio Dio, no, lo so.
   Ma ti prego, non dir nulla.
   Ecco, ascolta.
   Senti le stelle adesso, hanno iniziato a frinire.
   Senti il vento, è forse un messaggio che giunge da anni luce di solitudine.
   E' come se potessi sentirlo.
   Il tuo respiro vi si confonde, e il mio si con-fonde.
   La città laggiù è una discarica luminosa, un secchio di parole senza vita, di sensi senza importanza.
   Se solo potessi portarti via da tutto, senza farti mancare nulla. O privarti di tutto, per restituirti il tutto che ho dentro e che ha riempito ogni spazio in me. Ma questo destino che percorro come un funambolo vuole che io non possa nulla sul mio desiderio di te.
   Qualunque cosa io ti aggiunga, ti sporca di un'intenzione.
   Qualunque parola tu possa dire la consegni alla fine.
   Qualunque amore ti tenga, lo offri in sacrificio al tempo.

   E manca poco a che gli orologi si rimettano in funzione.



 

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