Loomings

   Domenica mattina.
   Sei sicuro che una serie ininterrotta di sei giorni vi abbia teso, in qualche modo che il cosmo ha imparato, gettando adorante i propri filamenti vegetali verso la luce, come rampicante che schizza via da terra vogliosa, a velocità folle da documentario accelerato, che è forse come gli angeli vedono il mondo mentre si masturbano, annoiati dell'eternità.
   V'è una necessità sessuale del tempo nel tendere verso quel coagulo d'ore segnato in rosso sul calendario. Il passaggio dalle 23:59 del Sabato notte alle 00:00 della Domenica mattina è un'eucarestia libidinosa: ci si risveglia come dopo aver consumato uno stupro della Madre Terra, incespicando, dietro alberi defilati, fra lattine arrugginite e bottiglie di succhi di frutta in cui annegano formiche troppo golose, tirandosi su la zip incerti fra il crederlo il nostro unico destino o l'orribile vizio per cui presto pagheremo un conto che mettere insieme richiederebbe una curiosità che non occorre che c'imponiamo di non avere.
   E' Domenica e possiamo finalmente riposare le nostre membra stanche di vita, stanche della fatica di un'eterna ripetizione, la cui frenesia c'ignora e che abbiamo imparato a ignorare nell'abitudine. Tirate su la zip, date la mancia alla Donna Domenica che giace prona sul vostro letto matrimoniale vuoto tutta la settimana, gettatele qualche fazzolettino, una mancia non esagerata e dite di fare con comodo a lasciare la stanza che è anche tutta la nostra casa. Ditele che vi bastano sei giorni per riprendervi le forze e il desiderio, che la farete godere ancora, forse anche di più, ma che in ogni caso, sì, siete fortunati ad esservi conosciuti. Che poteva andare molto peggio.
   Ditele che è normale che con il tempo, crescendo, certi sentimenti non siano più fortissimi, ma che a voi basta la sicurezza di essere riconosciuti da qualcuno a cui volete bene e che vi vuole bene, in un mondo troppo grande e troppo indifferente.
   Siete di nuovo soli adesso, è quasi mezzogiorno ed è quasi Estate. Mettete le chiavi di casa in tasca e uscite sotto il sole. Camminate per ore e ore, guardando solo la punta delle vostre scarpe impolverate. Ragazzini con i capelli a spazzola colorati vi sfrecciano accanto su orribili scooter aerodinamici mentre proseguite fra villette da villeggiatura a due piani ancora disabitate e il mondo è solo un brusìo di cemento che sfrigola al sole.
   Non lo sapete, ma con intuito infallibile, vi state dirigendo verso il mare.
   E così attraversate tutto quanto si frappone fra voi e lo sciabordìo di vascelli fantasma ormeggiati a moli immaginifici, e sedete sul limitare dell'oceano, mentre sentite che la terra, come un immane magnete ostile vi spinge verso l'illimite. O come una grande bocca sdentata che vi stia vomitando verso l'oblìo perché ha mangiato a lungo i vostri pensieri senza Grazia o persino coerenza.

   Sapete forse che questi pensieri non avreste mai potuto non pensarli o pensarli diversamente, e che quello che siete sarete per sempre, perché finora, avete avuto una sola vita.
   Ma sapete anche che le vostre poche note, quelle con cui abborracciate stentatamente ogni giorno la melodia minima della sopravvivenza, forse nelle mani di un mago lontano o di un amore sconosciuto potrebbero comporre la più bella delle melodie di questo mondo, che chiunque guardandovi potrebbe innamorarsi del segreto che racchiudete e che voi stessi avete dimenticato.
   Sapete che in qualche modo siete preziosi, anche se non lo sapete dire.

   E guardate innanzi, dove il cielo e l'acqua si toccano, e provate a ricordare.

 

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