guerra

 

Non fu una vera scoperta, non per me.
Non fu vera e non fu una scoperta. E quest’io, comunque, non era tanto certo.
Come sempre, quadrava: solo se – in generale - vi fosse stato qualcosa di vero, tale vero sarebbe stato scopribile. La sovrapposizione sembrava naturale.
Certo, parole, schermo di cose. Già sentita. Poi, scettico per te come di me, ti chiesi: e le cose?
Schermo di parole.
Vai a cercarle, queste cose benedette, e raschia bene.

In ultimo lì giungerai: proiezione d’occhio su fonema, retroazione di fonema su occhio. Quantomeno andavamo in un’unica direzione, pantalassa indistinta di senso. Suono di bimbi mescolati. Sinfonia d’appendici.

Tarme, lavoravamo all’identificazione che polverizzasse. In un rapporto di due termini io ero uno e tu altro, o viceversa. Consegnati al caso, a congregazioni di casi più potenti. E poi lo stile, di cui è proibitivo non abusare.
Investiti di parole, armati di parole a cui il mondo stava mettendo anticorpi.
Una guerra di tutto contro tutti (delle cose su noi; presto avrebbero soppresso ciò che in noi ci rendeva noi), di tutti contro tutto (vedi un affrancamento possibile dietro questo inesausto esorcismo?), di tutti contro tutti (come gran duello di ambasciatori non retribuiti o come princìpi contrapposti per necessità) e di tutto contro tutto (uomo enzima distruttivo, agìto da forza inumana afinalistica).

Ascolta qualcosa, mettiamo questa notte, poni orecchio alla finestra: tra un galoppo di cavalli clandestini e rombi solitari di motori, anche quando tutto è spento e le luci sbadigliano in prossimità dell’alba, quando scolorisce persino l’ultimo bagliore ricliclato di televisione - ascolta dunque le parole che stanno dappertutto, che si frappongono fra i tuoi occhi e il sangue delle cose, dove la mente nel tentativo di riposare si cinge di spine sensate e si curva sul sudario sdrucito del tempo sacrificale.
Non tendere la mano al cielo, tendila alle pillole. Piccole sferiche, certe di sé, certe di te.
Non sognare.

Non sognare: le cose vicine e le cose lontane sono tutte lontane, inattingibili.
Un simulacro di suoni e lettere ce n’è dato e per schiuderlo occorre parola d’ordine. Non sai come ce l’hai. E’ sempre stata lì, la parola. Dall’Inizio.

E il mondo potrebbe finire in un secondo.


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