A proposito di un figlio

 

   Hai detto che vuoi un figlio, lo dici da molto, ma oggi, non so bene perché, la tua voce mi ha stordito. L’hai detto così, a bruciapelo, parole velocissime che in un lampo diventano pesantissime, frastornandomi.
   Il bambino in me ora, subito si sente insufficiente.
   Sente qualcosa che minaccia il suo posto e lo integra, che lo ricorda e lo rivuole.
   Le tue parole: voglio un bambino, echeggiano davvero, per spazi enormi e vuoti, portando il ghiaccio sui mobili e le poltrone e diffondendo un fioco baluginìo di polvere sui ricordi di me.
   E’ un polverone, che con le ore inizia a diradarsi, e a far vedere il sostrato sopito, le immagini indelebili e indelende.
   Tu dici a me, bambino, che vuoi un figlio. E lo dici profondamente, ufficialmente, lentamente.
   Per quanto ti riguarda questo bambino potrebbe anche essere il mio fratellino; mi vuoi come donatore di seme e di geni, perché mi hai scelto dopo aver dato uno sguardo alla mia famiglia, alla mia cultura e avere maturato una predilezione abitudinaria al mio buon carattere.
   Mi vuoi bene, ovviamente, poi spesso mi ami: tra noi è un po’ come dopo 10 anni di matrimonio: e va ancora bene dopo 3 anni di affetto che ora è aperta amicizia: per quanto tu possa vedere tu ed io siamo l’unica combinazione stabile possibile per una domesticità sostenibile.
   Le premesse ci sarebbero. Nonostante le nostre storie continuiamo a cercarci, ad avere parole e amici in comune. Tu non sopporteresti di avere avuto per 31 le mestruazioni invano, io cerco ancora un perché alla necessità dell’umidità.
   E soprattutto vorrei volare lontano dalle emissioni sterili come quelle di uno stato che stampa francobolli senza nessuno che si scriva.
   Tu sai di tutti i miti che circondano le geniture e questo è indispensabile. A volte, perfino, eccedi e vorresti persino privarmi di ciò che appartiene alla mia natura piuttosto che alla mia giurisdizione.
   Dici tutto e lo dici come lo dici perché credi che per un figlio la madre sia tutto, o quasi tutto.
   Il padre si può scegliere, o si può cambiare.
   E io non ho ancora una opinione su di questo.

   Un figlio. La parola ha delle risonanze che mi terrorizzano.
   Ci penso ancora.



 

 

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