Domenica di echi.

Domenica, lo stesso sentore di vuoto che scompare nel buio delle palpebre.
Le nascondo fra le dita.
E presso.

Con leggerezza; è come poter tenere tutto fra le dita.
Un soffio m'ha spinto al confine acqueo del pensiero.

Chi ricorderà quale parte di me ha salpato e chi custodisce il corpo che ho lasciato sotto la botola della percezione?
A nessuna, a nessuno rivolgerò questa domanda.
Nessuna, nessuno ne avrebbe risposta.


Un'emozione.
E' il massimo che ho potuto. E finirà presto.
No, non il Nirvana. C'è qualcosa dentro questa scatola che mi tiene felice.
Qualcosa in me. Anche al buio, anche al silenzio.
Quell'eco che mi giunge: ecco, io non immagino di cosa sia eco.
Ma la sento.

Posso immaginare una scalinata, di marmo, e bellissimi passamano.
Vedo questi scalini e li sento sotto forma di suono. Eco.
Ogni singolo gradino potrebbe essere una vita già vissuta. O la distanza dal primo momento. Potrebbero essere i tuoi occhi, che mi spiano da un punto del passato.

Ma già presto il campo visivo è terminato da nebbia, che avvolge la prosecuzione.
Ed io mi chiedo: quella nebbia è l'impossibile?
Ed io mi chiedo: quella nebbia è il possibile?

Non posso proseguire, andar oltre, sfondare il limite; questo è pacifico, ma - - -
se mi ci provassi, se provassi i passi oltre quanto vedo?
Scoprirei che v'è un muro, un precipizio, fili elettrici ad alta tensione?
Oppure uno specchio? Uno specchio che riflette i gradini già percorsi, indicandomene il mistero?
Proverei a ridiscenderli.
Il salirli deve avermene distratto.

Non ho piantato la mia tenda in un minuto, non ho potuto. Qualcosa mi sospingeva avanti.
Tu, tu sembravi lontana. E io ho corso. Sono diventato la mia corsa.
E tu eri il confine.

Ti ho raggiunta, ti ho superata. Forse sono precipitato, inseguito da interminabili schegge di tempo.

Sono diretto alla fine, alla fine della strada ho gridato.
E queste parole non avevano suono.

Qui sotto le palpebre c'è solo l'eco del tempo, in un buio a rombi.
C'è la griglia vuota nelle cui celle vanno a rapprendersi gli attimi che non abbiamo mai vissuto.

Guardo la scalinata, la sua corona di nebbia; adesso sono a un passo dall'ultimo gradino visibile. Mi arresto.

Farò un passo avanti?
Non so se quella eco è eco di qualcosa.

Ne farò mille indietro?
I gradini dietro sono scomparsi.

E io sto in equilibrio.
Sul pensiero di te assente.




 

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