"ciao"

c'è quest'isola, la banchina del porto, piccole imbarcazioni di pescatori che beccheggiando urtano ognuna il loro paletto di legno, ci sono le luci dei bar sulla strada.
ci sono io, qualche anno di meno bloccato per sempre, con una maglietta a righe tipo marinaretto, abbronzato ma senza convinzione.
sono stato invitato ad una serata danzante, non con insistenza, ma con un tono di voce che avrebbe reso impossibile un diniego al dolce timido sognatore che sono.
l'isola è un po' Salina, un po' Lampedusa, un po' è l'isola che non c'è; ne sono certo perché io ci sono.
la musica che mi giunge alle orecchie, mentre mi avvicino al bar è suadente, si distinguono eternamente una chitarra classica, delle campanelle, un pianoforte e dei violini. gli arrangiamenti fioriscono attorno quando non me ne accorgo; basta volgere lo sguardo inaspettatamente, chessò, a sinistra per notare dettagli che prima mancavano.
allo stesso modo se distinguo tutt'a un tratto il suono delle maracas, sto soltanto facendoci caso.
mi muovo innanzi come in una selva di cose che il mio passaggio illumina all'attenzione, ma che sono state sempre lì. gli occhi gettano luce su cose che sono simboli e simboli che sono cose, senza priorità.
vado, sto andando, forse già è stato, succede ancora.

lei è lì, nel suo vestito nero lungo, nel suo metro e sessantacinque circa, seduta sul bianco di gesso del muretto, occhi fissi sul mare. lotta con la musica del luogo per filtrare la vibrazione del mare, al contempo àgita un po' le gambe, parte di quest'universo, brandello dell'attesa che ci unisce.
nella memoria vi è un mettersi a fuoco automatico, dapprima sul dettaglio ambientale, poi su di lei. scivolati in un alone fosforescente i tavolini di plastica e i ventilatori da soffitto, tutta la scena è il suo viso, la cui bellezza riconosco subito con l'immediatezza di un archetipo.
come potrò dire ancora qualche cosa? abbiamo vissuto svariate esistenza insieme, esistiamo insieme in questo luogo da innumerevoli sogni, ognuno comunicante di anno in anno, di vita in vita.
le sfioro le guance col dorso della mano, faccio per dire qualcosa, le labbra si atteggiano irriflessamente su un ciao.
sto per dirlo, lei sta per reagire alla mia presenza. stiamo vivendo, anche se non sembra.
tutto sta per succedere.
ma, ancora una volta, sono trafitto dalla meraviglia di essere là. la mente prende la rincorsa, e valuta l'incanto della presenza contemporanea. le si fa presente la sterminatezza dell'universo.
e lei, ed io,, a contatto. le luci calde, psichedeliche.
in un certo senso non è possibile. il sospetto è temendo, avvolgente. poi guadagna spazio, metri, credito e piomba al centro di una spirale.
comincio a piangere.
lei non sa che fare né immagina cosa sta per accadere.


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