Believing is art

 

   Non guardo verso dove si veda, ma decomprimo la pancia di tutte le cose che la pelle rilascia quando penetri in un cunicolo ottuso della tua vita. Magari dura un paio d'ore.
   Ci sono alcuni stimoli che rendono frettolosa la scrittura e ansiogeno il suo senso. Sono gli attimi in cui riesci a concepire persino il dialogo. In ogni caso è una noia istantanea. Una noia consumabile e nel pratico astuccio.
   Ci penetri perché magari lavori, o studi, o concepisci qualche piano che non possa esaurirsi nel tempo del suo desiderio fisiologico. E' l'innaturale tendenza che l'uomo ha adottato e naturalizzato. La civiltà ne risulterebbe come una sorta di malefica erboristeria industriale.

   Deh, però. Anche qui è importante dar parole a questo stato che invece respinge ogni parola come futile gioco di stadi d'esistenza e percezione più elevati e in quanto tali inutili.
   Tale stato invece perseguirebbe (a modo suo) una qualche forma d'utilità corrotta dall'impellenza. E' un bisogno che non ama celarsi ed è mosso dalla stessa forza agente che muove ogni pornografia esistenziale.
   Essere fruscianti d'ispirazione, leggeri di significati e liberi di silenzio: tutto ciò è negato nel rodimento che vuole affermare il sovrappiù della sua presenza.
   Se v'è un silenzio che si fa strada attraverso cumuli di ore frenetiche esso è inseguito con la pantofola per le pareti della stanza bianca fino a che il suo ronzìo s'estingua di schiacciamento o di paura.
   Magari scriviamo una lettera al direttore. O imbrattiamo un ng. O telefoniamo a qualcuno che ci doveva dei soldi. O a quella nostra amica che non vediamo da molto e a cui siamo tanto simpatici. Taluni, io compreso, ghermiscono un libro dagli scaffali e iniziano a spremerlo alla ricerca del significato supremo e terminale.
   Se reperito, esso deperisce nel lasso di mezz'ora. E ci vorrebbe davvero la leggerezza dell'altroieri per passare su questo con la leggiadra nichilezza da veterano dello spirito.

   Avevo un'amica che scriveva racconti di un paio di pagine al massimo in questi momenti. Dopo averne sofferentemente letto qualcuno osservai come vi fosse sempre presente una donna o con un marito morto o alle prese con un uomo che tradisce.    Tutto, anche degradarsi all'immagine di essere il cui umore è sempre e comunque dovuto a eventi totalmente esterni funge a consolarsi di queste pulsazioni entropiche: la morte, il tradimento, la metereopatia.
   Sì, allo stesso modo valuto questo stress come il portato d'un mondo che vorrebbe estorcermi un'attiva partecipazione al suo stordimento. E' come se lo macinasse e me lo soffiasse in faccia durante il sonno.

   E io stavo semplicemente sognando dell'amore per cui i miei amici più avant mi scherniscono: pure la morte piuttosto che un film francese o un musical, che senza il rapporto a due non esisterebbero neppure. Ed io è come se fossi paralizzato da un ago al veleno in una (media)teca dove danno sempre Parole, parole, parole.
   Ma mi si comprenda, orsù, si comprenda questa pigrizia come requisito essenziale della leggerezza e si comprenda come sia musica sia amore son affogati in dolce schiumetta di sensi ch'è un ottovolante d'umori e montagna russa di direzioni.
   Scopri tutto quando è già avvenuto, quando il corpo e i suoi meccanismi (che quando avvengono chiami libero arbitrio, ma a posteriori sono molto più pittoreschi) hanno agito per te. E tu stavi in apnea nelle ultime file a guardare il film, tanto stordito da non dir nulla quando davanti a te branchi di pischelli giocavano con i cellulari o esageravano con i decibel del masticamento popcorn.
   L'universo e il suo significato erano la sala buia, il fascio di luce e la tua vita, una qualsiasi e sempre in affitto, a dinoccolarsi inerte di movimento sullo schermo che chiamiamo realtà.

   Beh, è tempo d'essere appagati delle poche righe odierne, dare una riletturina e attendere alle solite lusinghevoli nulle risposte.


 

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