Ancora, e ogni giorno
Quando
sai già che dovrai vivere, e sai che non c'è niente di particolarmente
sorprendente in ciò, che la felicità non potrà mai uscire
dalla torta gigante all'improvviso e non ti aspetti una festa a sorpresa organizzata
dalla metà del tuo androgino originario vestito come tua madre nel giorno
della tua prima recita scolastica con lo stesso profumo che aveva indosso lei
e che spargeva fiaba attorno, beh, se sai che niente di ciò che il tuo
desiderio produce è prodotto per renderti omogeneo alla tua vita o alla
vita della tua specie, o per favorire il tuo quieto sguardo sul mondo e sugli
altri, non provare a dare la colpa a te stesso.
E, se ci sei riuscito, non provare a dare la colpa agli altri,
perché gli altri sono tanti, tanti tanti. Fra loro ci sono quelli che
danno la colpa a sé. Prese singolarmente le persone non sono né
buone né cattive. E secondo me è meglio prenderle così,
singolarmente, né buone né cattive che prenderle tutte insieme
o tutte cattive, o tutte buone.
Oppure, sopporta. Se hai una complessione più robusta
della mia, delle emozioni più controllabili, allora forse non c'è
bisogno che io continui a darti consigli. Sopporti, e lo fai tanto bene da trovare
persino irritante quanto ora io vado dicendo. In fondo, è una cosa in
più da sopportare.
Ma se forse più di ogni tanto ti capita di fissarti
sul flusso delle cose e trovare che tutto sia insopportabile, non commettere
l'errore di disprezzare la vita.
La vita è diversa da quello che in generale gli uomini
ne fanno.
Io sono un romantico, se non fossi anche realista, starei
forse bene. Mi farei bastare le mie rappresentazioni, mi diluirei nel mio amore
per te, o mondo, che ci sei e mi sostieni, che mi generi e mi riassorbi. E ti
guarderei in viso, Dio, mettendoti al riparo dalla barzelletta e dalla storiella
in cui ti hanno trasformato.
Però, appunto, non ho occhi diversi da quelli con cui
mi leggi. Vedo le cose appiattite sulle superfici, vedo gli uomini (che così,
in termini astratti, non amo né odio) e non riesco a sentirmi parte della
loro opera. Anzi, vorrei, d'un balzo, con un gesto della più forte delle
mie volontà, sottrarmi al loro ingenuo complotto, al loro piano senza
fini, al loro progetto senza obiettivi.
Vorrei poterlo marchiare a fuoco sulla mia fronte. "NO".
E non vorrei essere indicato come un codardo, come un esteta della protesta,
come uno snob. Vorrei proprio che ci fosse un'alternativa. E sì, lo so,
presto vorrei che ci fosse un'alternativa pure all'alternativa, come nella fattoria
degli animali di Orwell. Vorrei essere libero. E non posso.
Non posso perché è impossibile essere libero
per fortuna, per caso, per censo, e non è possibile esserlo mai da soli.
Le grida del mondo, quelle di dolore e d'ingiustizia, penetrerebbero ogni clausura,
turberebbero il più lieto dei pomeriggi d'amore.
E non ci potrebbe essere pace. Non nel fondo del bicchiere,
o nelle conturbanti volute del fumo dell'hascisc, né nella marijuana,
crack, cocaina, eroina. Né fra le gambe di caldi feticci di carne.
E se anche rinunciassi al mio desiderio, se cercassi di guardare
te, che stai in alto, o Universo, o Tutto, acqua terra fuoco aria che vi mescolate
con grazia e sapienza, come potrei sentirmi *pieno* essendo staccato dal mio
corpo più grande, che ogni giorno è vessato, macellato, costretto
alla tortura fisica e psichica, rinchiuso in sordide celle di allevamento e
lavoro?
Non te
la prendere con i singoli uomini. I singoli uomini hanno paura. I singoli uomini
fanno finta di niente quando stanno insieme, ma vedono il bene, e se non lo
vedono lo sentono, fino a trasformarlo nella malattia del loro silenzio.
Dicono che è giusto che vi siano differenze fra gli
uomini. E le alimentano. Dicono che è giusto che il povero lavori per
il ricco, e fanno i poveri, e fanno i ricchi.
Dicono che non saremo mai uguali. Che l'incolto, il rozzo,
la manodopera non potrebbero mai capire certe sottigliezze del pensiero astratto.
E che per loro il potere è solo violenza.
Bisognerebbe interrompere il tempo, o puntare tutto sul futuro.
Ma la gente deve avere qualcosa da leggere la Domenica. E
sai quante famiglie dipendono dalla televisione? Dal vecchio abbandonato sulla
poltrona (ma con la beghelli) al cameraman, al costumista.
In fondo è un mondo bello, variopinto, divertente,
avvincente.
Cieco.
Non te la prendere con loro. Ci sono le Idee di mezzo.
Ci sono quelli che non ne capiscono la crudeltà. E
partecipano innocentemente alla colpa.
Ci sono quelli che ne capiscono l'ipocrisia. E non basta loro
mai.
Ma come, come dire no senza enfasi, ma con forza? Come dire l'amore per la vita senza sponsor? Come scegliere, ma scegliere davvero? Come iniziare a fare a meno di tutto quello che ormai siamo noi senza essere regressivi, reazionari, conservatori, fascisti o roba così? E del resto, progressisti? Andare ancora oltre?
Devi saperlo,
mondo. Non ho che questa piccola sofferenza da offrirti, e tutti i miei strenui
tentativi di sfuggire all'ipocrisia che è nella mia cultura prima che
in me o in te, somma di uomini.
Non voglio assoluzione. Spesso, quando mi sento più
forte di così, neppure consolazione.
Vorrei
solo capire, ancora, e ogni giorno di più, cosa non voglio essere
e il modo migliore per comunicartelo.