Ad libitum
Se i ricordi fossero gradini di una scala, probabilmente
l'universo sarebbe un castello escheriano. Il suono dell'onda che si stira su
se stessa, o del mulinello che si consuma raccogliendo la propria furia in un
punto inadatto. ll turbine, straziato da un'energia sovrabbondante, vorrebbe
concentrare la violenza in un luogo che gli garantisse trasbordo planetario,
che l'alleggerisse dall'ansia dello scatto sempre possibile, e sempre trattenuto.
Lo spettacolo della natura che si fugge, infrangendo il silenzio
dimensionale: ho visto eserciti di insetti mossi da un obbiettivo imprecisabile,
spediti a un fronte invisibile, mobilitati in massa a inseguire lo scontro terminale
con un nemico vetustissimo e nobilissimo. Hanno girato il mondo, nascoste dalla
bassezza dell'erba, formiche guerriere, e si accingono a rigirarlo. La fame
di movimento verso qualcosa le attanaglia, e non le lascia vivere.
Così vivono. Ogni giorno, come il primo giorno, ripartono
in marcia. La vita si dà loro come inseguimento della vita, caccia alla
volpe senza la volpe.
E la volpe non si fa raggiungere, perché la vita non
parte da nessun punto.
Ogni alba digrada nel blues del tramonto; ogni tramonto
prelude ad un altro inganno ciclico di parole.
Alcuni dicono che non hanno coscienza dell'inganno. Alcuni
non hanno coscienza dell'inganno. Altri ingannano la coscienza.
L'inganno stringe tutto, e dona a tutto normalità,
e il suo lucòre metallico. Nessuna intelligenza può oscurare la
certezza dell'istinto che vuole solo se stesso e nient'altro, nessuna certezza
d'inutilità prefigura l'approdo ad un'utilità superiore.
Manca la risposta alla domanda, manca la domanda alla risposta.
Smettere di chiedere è inutile. Chiedere di smettere è inutile.
Utile è solo l'inutilità, giunta al suo radioso specchio di silenzio.
E quel punto, quel punto che ci dev'essere perché ci
siamo noi, che non ci siamo, quel punto che tiene ferma la coda di pavone del
firmamento impedendole di tagliare confini con ruote aguzze di curiosità
e i rostri del dominio che bucano l'aria del mattino su mari desertici e ormai
domestici - quel punto da cui pende ogni forca e quel punto a cui è puntata
ogni astronave, quel punto che persuade all'azione i fondali dell'oceano e trattiene
le nuvole dal disperdersi in un soffio umido, quel punto, in ultimo, da cui
ci allontaniamo avvicinandoci, quel punto ci sta a guardare e ci ignora, ci
tiene insieme e ci svende alla morte. E non c'è caso, non c'è
destino, non c'è provvidenza.
Ogni istante al contempo vissuto e dimenticato.
Dimenticato e poi vissuto.
Ad libitum