NOTE SULLA PREVENZIONE E PROTEZIONE NELL’ATTIVITA’ DEL SOCCORRITORE


I protocolli e le tecniche di intervento dei soccorritori stanno dedicando negli ultimi anni una sempre crescente attenzione alle problematiche legate alla valutazione della scena ed alla tutela del soccorritore o della attività da lui svolta ; in particolare , mi riferisco all’introduzione di concetti come "autoprotezione", di presidi come caschi , torce da segnalazione, attrezzi da scasso nelle dotazioni dei mezzi omologati allo svolgimento di servizi di ps nell’ambito di convenzioni con il 118 , di diffusione di scarpe anti-infortunistiche , all’omologazione di divise con caratteristiche di alta visibilità. In realtà spesso si è avuta la percezione del fatto che questi tipi di azioni risultassero non coordinate tra di loro, a causa di una azione formativa ed informativa non efficace presso i volontari che rappresentano oggi la stragrande maggioranza dei soccorritori in servizio attivo.Anzi , possiamo affermare che non molte croci hanno ancora pianificato delle attività di studio dei problemi della prevenzione e protezione, in particolare per quello che riguarda la tutela del servizio (quindi dell’equipaggio, delle sue azioni, e conseguentemente del paziente). Questo breve approfondimento vuole essere uno spunto per tutti gli operatori del nostro settore a ripensare alle azioni di pronto soccorso ed assistenza pubblica non più come ad un insieme di singole azioni sganciate l'una dall'altra, ma come a qualcosa di "integrato" con il contesto dove si opera, e per individuare una traccia per una possibile valutazione dei rischi appunto "integrata". Questa cosa risulta essere fondamentale ancor di più quando si pensa che l’obiettivo a cui in tutta Italia si dovrà arrivare è quello di poter disporre di un sistema integrato di pronto soccorso (numero unico di emergenza), e che l’introduzione delle c.o. 118 è solo il primo passo verso questo obiettivo. Per fare ciò , ho pensato di rifarmi a quelli che sono gli schemi procedurali ed alle concezioni che fondano le politiche aziendali della sicurezza che osserviamo oggi nel mondo del lavoro e che già oggi sono presenti, anche se in minima parte nel mondo dell’emergenza extraospedaliera (basti pensare al personale medico –infermieristico ALS, che accede a diritti e doveri di lavoratore inserito in un contesto professionale dove si applicano i dlg 626/94 e 242/96). La filosofia su cui si fonda il dlg 626 è proprio quella di valutare il rischio non in modo frazionato (ambiente, macchine, attrezzature, sostanze), ma globalmente considerando anche i rapporti causa - effetto e l’operatività degli addetti, e se ci consideriamo degli "addetti ai lavori" che hanno come luogo di lavoro non una ambulanza o la sede, ma l’area urbana intera, allora dovremo elaborare dei criteri e dei veri e propri modelli per la gestione dei rischi che ci mettano a confronto con tutte quelle che sono le situazioni ipotizzabili, e che ci facilitino nell’elaborazione di strategie per la gestione di questi. Rispetto alla 626, una complicazione interessante che riguarda una possibile estensione del suo modus operandi al soccorritore volontario è che quest’ultimo in quanto socio di una associazione di p.s. si trova ad assumere su di sé anche gli obblighi del datore di lavoro , e quindi almeno teoricamente le croci che vogliono impostare una corretta politica di prevenzione e protezione dovrebbero individuare tra le figure preposte alla gestione della croce o della sezione gli estensori degli adempimenti per legge previsti per il datore di lavoro ( a tal proposito illuminante mi è sembrato il lavoro svolto finora in Croce Bianca Milano ed esposto in Rossi F. - Numero Amico 1/2002) .
A partire da un incidente stradale occorso ad un equipaggio della CRI in servizio (N&A dicembre 1997), il 118 del Piemonte ha iniziato nel corso del 1997 a valutare la realtà su cui fondare strategie di prevenzione di infortuni ai soccorritori partendo dalla creazione del "TRA.SOC."(Registro nazionale sul trauma nel soccorritore), attivando una raccolta di dati su questo problema che si era rivelato "essere di proporzioni più significative di quanto non si pensasse inizialmente" (N&A 1997). Ad un primo esame delle informazioni raccolte, appariva dimostrabile che buona parte di questi infortuni si verificava "per imprudenze degli stessi soccorritori (scarsa valutazione dei rischi evolutivi, poca conoscenza dei mezzi a loro disposizione, trascuratezza nell’adozione dei dispositivi di protezione, errori di guida ecc.) o per un loro equipaggiamento non adeguato alle situazioni"(N&A 12/97).Come possiamo rilevare, quindi problematiche gestibili con adeguati interventi formativi ed organizzativi. La restante parte degli infortuni era invece attribuita a causalità o "cause esterne"(N&A 12/97): anche in questo caso un approccio più integrato al problema delle prevenzione avrebbe rappresentato una forma di valutazione anche di queste cause esterne che piaccia o no appartengono allo scenario dove opera il soccorritore.
"Una emergenza è spesso conseguente al verificarsi di eventi improvvisi, talvolta difficilmente prevedibili, e tali da mettere in condizione di potenziale o reale pericolo una o più persona od uno o più beni" (Biasiotti 2000).Come possiamo vedere, è quindi automatico collocare (in linea con la 626) l’emergenza (o potenziale tale) a cui risponde il soccorritore in un ottica più vasta di emergenza in cui lo stesso si trova ad essere non un regista, ma spesso solo un attore (paradigmatico a questo proposito il caso citato in N&A 12/97 , registrato dal 118 del Piemonte del soccorritore aggredito dal cane del paziente); e dove deve innanzitutto tutelare sé stesso e il proprio potenziale operativo (insieme delle azioni e degli strumenti con cui può contribuire a risolvere la situazione stessa di emergenza); "l’analisi dei rischi, che possono portare a situazioni di emergenza, è il primo e più importante passo che deve compiere che si accinge ad elaborare un piano di emergenza" (Biasiotti 2000), e sarà conseguentemente il primo e più importante passo che dovrà compiere il soccorritore in azione nell’attivare il piano di intervento rappresentato dal protocollo o dalle indicazioni sanitarie rispondenti ai criteri di intervento dati dagli organi preposti (es. BLS, BTLS, ecc.). La valutazione della scena e le conseguenti azioni o interventi rappresentano la possibilità dell’azione sul paziente, ma non sono soggette a procedura standard, e questo ha contribuito finora ad alimentare la schiera dei cosiddetti "soccorritori inutili": dall’infortunio al singolo, all’incidente al mezzo, alla rottura delle attrezzature, alle incomprensioni con il coordinamento (118 o centralini); tutto ciò ha vanificato tanti interventi di soccorso, ed oggi possiamo dire che non solo " un soccorritore ferito è un soccorritore inutile" ma anche che "un soccorritore non coordinato è un soccorritore inutile". Riprendendo Biasiotti (2000), ci concentreremo quindi sulla possibile elaborazione di un piano di valutazione dei rischi come strumento essenziale per rendere , al di là degli aspetti strettamente sanitari, i nostri interventi sempre più efficaci anche per esempio nel medio - lungo termine, concentrandoci non solo sugli aspetti che toccano l’incolumità personale del paziente o dei soccorritori, ma anche delle strutture fisiche coinvolte (mezzi di informazione e tutto ciò che ha un risvolto economico nella vita di una croce) che ci garantiscono un’adeguata conclusione del servizio e la possibilità di continuare a svolgerne successivamente.
Cercherò di costruire una traccia per effettuare una valutazione dei rischi "globale", cioè di individuare lo "strumento fondamentale che permette….di individuare le situazioni carenti e di pianificare le misure di protezione" (Zucchetti 1997). E’ da notare come sempre Zucchetti (1997) ci confermi che la valutazione del rischio e l’elaborazione di un documento a questo proposito siano compito del datore di lavoro (cioè nel nostro caso il consiglio e l’assemblea dei volontari della croce) e del medico competente (chi meglio di un direttore sanitario?). All’indirizzo web www.busnagosoccorso.it è possibile reperire una ideale traccia di suddivisione del rischio nel soccorso che io ho parzialmente adottato. I rischi vengono suddivisi in base alle cause in "traumatici" (che chiameremo più semplicemente fisici) e "biologici"; suddivideremo sempre prendendo spunto da www.busnagosoccorso.it i rischi fisici in tre categorie: i rischi da postura, i rischi da infortunio e da intossicazione; i rischi biologici in infezioni, stressors e rischi sociali. Integrerò queste due categorie con una terza che chiamerò "rischi informativi", dove raggruppare tutti quegli effetti connessi all’unica causa della cattiva gestione delle informazioni, da e per il soccorritore durante un intervento di emergenza (divisi in gestione della comunicazione con il paziente, con il pubblica e della struttura informativa)
- Fra i rischi fisici, i rischi da infortunio sono da ritenersi sicuramente la categoria più ampia, e forse anche la più conosciuta: una parte di questi è legata al rapporto con l’automezzo di soccorso (specie per ciò che concerne utilizzo e manutenzione) come la possibilità che le sirene non vengano udite, che gli automobilisti non cedano il passo ai mezzi di soccorso, che i segnali di emergenza non vengano usati in modo continuo, l’effettuazione di frenate e accelerazioni brusche, il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, la presenza di più di due persone all’interno dell’abitacolo dell’ambulanza, la velocità elevata, l’errato posizionamento del mezzo sulla scena del soccorso; un secondo gruppo è da considerarsi legato agli interventi di emergenza effettuati sulla sede stradale: la scarsa illuminazione, l’uso errato o il non utilizzo di divise con caratteristiche a norma di legge, gli spostamenti sulla scena del soccorso effettuati in maniera non corretta o avventata ed infine i rischi legati alla presenza di fumi, fiamme e sostanze pericolose. Sempre di questa categoria fanno parte i rischi legati ad incendi, esplosioni e crolli (fuoriuscite di gas e comburenti, spargimento di combustibili, presenza di sostanze tossiche, radioattive e corrosive); vi è poi la serie dei rischi legati alla relazione con i pazienti: "anche la normale interazione col paziente che andiamo a soccorrere può a volte trasformarsi in un pericolo per il soccorritore. Nel 3,66% degli infortuni è il paziente a diventare l’agente traumatico, aggredendo volontariamente (pazienti psichiatrici, socialmente pericolosi) od involontariamente il soccorritore ( pazienti con crisi comiziali, ipossici, intossicati)" (N&A 12/97); infine vanno ricordati i traumi da utilizzo errato di presidi di emergenza (aghi, forbici , ecc.).
- Vi sono poi i rischi da postura, che sono essenzialmente legati all’effettuazione di manovre errate in fase di sollevamento manuale di pesi: a tal proposito va ricordato come il dlg 626/94 affronti il problema in maniera specifica (titolo V-art.47,48,49 e allegato VI).
- Vi sono infine rischi da intossicazioni: la pressoché totalità di queste è data da monossido di carbonio (12% del totale degli incidenti – N&A 12/97).
- Fra i rischi biologici, i più noti risultano essere quelli di infezione, categoria che raggruppa tutte le forme di trasmissione diretta o indiretta, con vettori diversi (aria, mani, materiali contaminati, liquidi, effetti personali, indumenti) di elementi patogeni;
- Rivestono invece una importanza fondamentale i rischi da stressors e sociali, il principale dei quali è da considersi il burnout, "forma particolare di disagio professionale , soprattutto ma non solamente esito di uno stress cronico nell’ambito delle professioni di aiuto; esso appare caratterizzato da crisi di identità , sentimenti di impotenza a risolvere i problemi, consumo delle illusioni professionali, e si esprime in risposte difensive come indifferenza, apatia, distacco, sospettosità, ostilità" (Novara 1997); vi è poi un forma di rischio legato ad una riduzione della vita sociale (abbastanza nocivo anche per l’organizzazione, specie nel mondo del volontariato) che genera restrizioni degli interessi e dei desideri, e dove vengono a mancare relazioni di sostegno integrative e compensative (Novara 1997); da ricordare infine i rischi legati alle alterazioni dei bioritmi (alimentazione, ritmo sonno/veglia);
- A livello informativo , risulta essere fondamentale la gestione della comunicazione con il paziente; i rischi principali ,generati dagli stili e dalle strategie comunicative del soccorritore sono: la trasformazione del paziente in un agente traumatico, e la non - compliance (inosservanza dell'utente per le indicazioni, prescrizioni e richieste dell'operatore sanitario), dovuta a carenze e disfunzioni del processo comunicativo quali la mancata comprensione delle problematiche del paziente, risposte inadeguate alle aspettative iniziali, l'uso di terminologia tecnica comprensibile solo parzialmente, la mancanza di calore e di disponibilità , incertezze ed insufficienze nella trasmissione di informazioni , nonché opinioni radicate nell'utente (Giovannini 1994);
- esistono poi rischi legati alla comunicazione col pubblico: tra quelli legati alla gestione della scena ricordiamo i gesti inconsulti e la limitazione dell'esposizione al rischio degli avventori; infine rischi legati a problematiche giudiziarie, ed alla tutela dell'immagine dell'ente che svolge l'azione di soccorso (a questo proposito vale la pena di ricordare come fondamentale sia oltre una efficace azione in termini di prevenzione e protezione anche il supporto di un ufficio stampa)(Biasiotti 2000);
- infine citiamo i rischi connessi alla gestione della struttura informativa; i rischi legati a problemi di interruzione o disturbo del flusso di informazioni, come interruzioni all'alimentazione di radio, telefoni, p.c., interruzione dei segnali, indisponibilità dei ruoli chiave (Biasiotti 2000), errori, negligenze, danneggiamenti deliberati e vandalismi (Biasiotti 2000); esistono infine rischi legati a problemi cognitivi generati da presidi che elaborano informazioni (tecnologie digitali): secondo Zanarini (1994) a fronte di una tendenza ad aumentare la comunicazione con e attraverso la macchina, si genera "un aumento dei vincoli logici nello svolgimento del lavoro", ed una difficoltà di interfacciamento cognitivo che si manifesta con una forte schematizzazione e formalizzazione dei problemi stessi e che genera un sentimento di perdita di controllo sul proprio lavoro ed una perdita di qualità nelle relazioni.
In conclusione, ritengo di poter affermare che all'atto della redazione della valutazione dei rischi del soccorritore in servizio occorra tenere conto di tutti gli aspetti citati, al fine di , esattamente come fanno le aziende, di individuare la sicurezza degli operatori e dello svolgimento delle loro funzioni come fattore critico nel mantenimento (o nel conseguimento) di un livello qualitativo medio - alto delle performance in servizio: ritengo infine che la formazione in questo senso sia assolutamente da considerarsi "complementare" a quella strettamente tecnica di ogni soccorritore. L'ente che eroga il servizio di p.s. , con una attenzione a 360° dei problemi della prevenzione e protezione ,si pone così giocoforza come interlocutore di livello medio - alto dell'utenza che oggi, come possiamo evincere dalla costituzione dei S.S.U.Em.118 , richiede standard di servizio sempre più perfezionati.

Andrea Perego

 

Bibliografia:
-Biasiotti A. - "Le procedure di emergenza ed evacuazione" EPC 2000;
-N&A, Dicembre 1997, pag.1
-Http: //www.busnagosoccorso.it
-Zucchetti R. - "L'abc della sicurezza per le piccole e medie imprese" Sole 24 ore - Pirola 1997;
-Novara F., Sarchielli G. - "Fondamenti di psicologia del lavoro" Il Mulino 1997;
-Ricerche di psicologia ,1/94, pagg.170-171, 204-205 Angeli
-Numero Amico n.1 / 2002


 

NOZIONI SUL RISCHIO INCENDI

 

Il fuoco è la manifestazione visibile di una reazione chimica (combustione) che avviene tra due sostanze diverse (combustibile e comburente) con emissione di energia sensibile (luce);

Trasformazione delle sostanze reagenti in altre (prodotti di combustione), ed emissione di un sensibile quantitativo di energia sotto forma di calore ad elevate temperature;

Il combustibile è la sostanza in grado di bruciare. Può essere allo stato solido (carbone, legno, carta ecc.) , liquido (alcool, benzina, gasolio), o gassoso (metano, idrogeno, propano); di norma la reazione chimica ha luogo se il combustibile si trova allo stato gassoso,

Il comburente è la sostanza che permette al combustibile di bruciare. Generalmente si tratta dell'ossigeno presente nell'aria sotto forma di gas;

La temperatura di infiammabilità è per tutti i combustibili, la minima temperatura alla quale il combustibile emette vapori in quantità tale da formare con il comburente una miscela incendiabile;

Anidride carbonica (CO2) per combustione completa (abbondanza di O2 nella combustione); Ossido di carbonio (CO) per effetto di combustione incompleta ( carenza di ossigeno) ; vapore acqueo (H2O); anidridi solforosa e solforica (SO2 e SO3) in presenza di combustibili contenenti zolfo; ceneri (effetto visibile nell'aria il fumo);

 

Com’è fatto e come si sviluppa un incendio? Si sviluppa secondo una successione di fasi abbastanza nota, determinata statisticamente. Possiamo descrivere la sequenza di evoluzione con una curva continua ascritta ad un grafico temperatura / tempo. Parleremo di tre fasi di sviluppo dell’incendio:

"Per interrompere la reazione di combustione, il che equivale a spegnere un incendio,, è necessario eliminare almeno uno dei tre fattori che sono indispensabili alla sussistenza dell’incendio stesso: il combustibile, il comburente, la temperatura di accensione" (Corbo 1997); consideriamo quindi azioni estinguenti le seguenti azioni:

Le sostanze estinguenti più diffuse sono:

Ogni sistema antincendio si articola solitamente su tre linee (Corbo 1997) :

Per prevenzione intendiamo "tutti gli interventi tendenti a ridurre la probabilità dell'insorgere dell'incendio mediante opportuni condizionamenti"; i possibili incidenti li quantificheremo sia nella "frequenza" (F) che nella "gravità" (M): Si determina un fattore detto "rischio", presente in ogni incendio e determinabile tramite la formula R=FxM (Corbo 1997): il rischio è quindi da ritenersi direttamente proporzionale alla frequenza ed alla gravità, e si capisce come un rischio pari a zero non possa esistere, non potendo annullarsi alcuno dei due fattori. Si pone così l'obiettivo di portare il rischio al di sotto di una soglia definita "accettabile" condizionando quindi le sorgenti di ignizione , il materiale combustibile, l'agente ossidante.

Per controllo intendiamo la capacità di "limitare le conseguenze evitando coinvolgimenti di altre zone o degenerazioni" ad esempio con bacini di contenimento o sistemi di inertizzazione dell'atmosfera (Corbo 1997).

Per estinzione si intende la capacità di evitare effetti diretti di un incendio , ridurne le dimensioni e la violenza della combustione.

I sistemi di protezione passiva (pareti , porte tagliafuoco, compartimentazioni, rivestimenti e materiali antifiamma) esplicano generalmente funzioni di prevenzione e controllo, mentre quelli di protezione attiva (sistemi di estinzione e rivelazione incendi) quella di estinzione.

Testi raccolti da W.Brambilla

Supporto tecnico : Pikapietro ( http://digilander.libero.it/pokemonok/pages/sommario.htm )