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Pio IX
Singulari quadam


9 dicembre 1854

Pieni di straordinaria gioia, Noi esultiamo nel Signore, Venerabili Fratelli, nel vedere quest’oggi assistere con tale frequenza al Nostro fianco Voi che, a buon diritto, possiamo chiamare Nostro gaudio e Nostra corona. Voi fate parte di coloro con i quali Noi abbiamo comuni le fatiche e le sollecitudini del pascere l’universale gregge del Signore affidato alla Nostra pochezza, del difendere i diritti della religione cattolica e dell’aggiungerle nuovi seguaci che con fede sincera prestino culto ed omaggio al Dio di giustizia e di verità. Pertanto, ciò che Cristo Nostro Signore disse già al Principe degli Apostoli: "Tu, infine, rafforza con cura i tuoi fratelli", Noi, che per divina bontà siamo stati, benché immeritevoli, chiamati a succedergli, crediamo di dover compiere in questa occasione con Voi, Venerabili Fratelli: a Voi rivolgiamo la Nostra parola non già per ammonirvi dei Vostri doveri, o per eccitarvi languenti, mentre ben sappiamo quale zelo v’infiammi di propagare la gloria del divino Nome, ma affinché, riconfortati ed animati come dalla voce stessa del beatissimo Pietro, il quale vive e vivrà nei suoi Successori, riprendiate quasi nuova lena a cercare la salute delle pecorelle affidatevi, a sostenere con coraggio e fortezza, nei tempi così aspri che corrono, la causa della Chiesa.

E non Ci fu già necessità di deliberare qual patrono dovessimo specialmente interporre presso il celeste Padre dei lumi, per potere col suo aiuto parlare a Voi proficuamente; poiché, essendovi Voi radunati intorno a Noi al fine di unire concordemente gli studi e le cure Nostre per ampliare la gloria dell’augusta Madre di Dio Maria, alla stessa Vergine Santissima, che dalla Chiesa è salutata Sede della Sapienza, Ci siamo rivolti supplicandola con reiterate preci d’impetrarci un raggio di celestiale sapienza, affinché, illuminati da esso, possiamo dirvi cose che riescano di sommo vantaggio per la salvezza e la prosperità della Chiesa di Dio. Orbene, osservando Noi da questa rocca, per dir così della religione, i mostri d’errore che in questi tempi difficilissimi vanno menando strage nel mondo cattolico, nulla Ci è parso più opportuno che indicarli a Voi, Venerabili Fratelli, i quali siete le guardie e le vedette preposte alla casa d’Israele, affinché adoperiate le vostre forze nel debellarli.

Ed è cosa ben dolorosa che si trovi anche ora un’empia genìa di miscredenti, i quali vorrebbero sterminato, se fosse possibile, ogni culto di religione, e tra costoro in primo luogo debbono citarsi i membri delle società segrete, che, stretti insieme da nefandi patti, adoperano ogni arte per turbare e rovesciare con la violazione di ogni diritto la Religione e lo Stato; ad essi ben si addicono quelle parole del divin Redentore: "Voi siete figli del diavolo; volete compiere le imprese di vostro padre". Però, esclusi costoro, non si può negare che la maggior parte degli uomini dell’età nostra abbiano in orrore l’empietà degli increduli, e mostrino una propensione in favore della religione e della fede. Poiché sia per l’atrocità dei delitti, commessi soprattutto nel secolo passato, che sono da attribuire agli increduli e che l’animo rifugge di ricordare, sia per il timore di sedizioni e tumulti da cui le nazioni ed i regni sono in modo deplorabile straziati ed afflitti, o sia infine per opera del divino Spirito che spira dove gli piace, il fatto manifesto è che è scemato il numero di quegli uomini perduti che menano vanto della loro incredulità, ed al contrario sentiamo raccomandarsi talvolta l’onestà della vita e dei costumi, e sappiamo inoltre essersi destato negli animi degli uomini un grande senso d’ammirazione per la religione cattolica, la quale per altro, come la luce del sole, splende negli occhi di tutti.

E non è già questo un piccolo bene, Venerabili Fratelli, essendo come un primo passo verso la verità, ma vi sono pure molte cose ancora che distolgono e ritengono gli uomini dall’abbracciarla pienamente.

Infatti vi sono molti tra i reggitori delle cose pubbliche i quali si spacciano per favoreggiatori e difensori della religione; la lodano altamente e la predicano per adattissima ed utilissima alla società umana, e nondimeno pretendono di regolarne la disciplina, di governare i sacri ministri, di frammischiarsi nell’amministrazione delle cose sacre e, in una parola, si sforzano di confinare la Chiesa entro i limiti dello Stato e d’imporre dominio a lei che pure è di sua natura indipendente, e che per divino volere non deve essere contenuta dai confini di nessun impero, ma bensì dilatarsi fino alle ultime regioni ed abbracciare tutte le genti e tutti i popoli per mostrare loro ed agevolare il cammino dell’eterna beatitudine.

Ed ohimè! nell’atto stesso che Noi diciamo questo, Venerabili Fratelli, nello Stato del Piemonte viene proposta una legge con cui si aboliscono gl’istituti regolari ed ecclesiastici, ed i diritti della Chiesa sono interamente calpestati, e se fosse possibile annientati. Però di quest’affare così grave tratteremo altra volta in questo stesso luogo. Ma, oh! conoscessero pur una volta codesti avversari della libertà della religione cattolica, quanto essa contribuisca al bene dello Stato, essa che ad ogni cittadino propone ed inculca, secondo la dottrina che ha ricevuto dal cielo, l’osservanza dei propri doveri, e si persuadessero alla fine di quel che un giorno scriveva a Zenone imperatore il Nostro Predecessore San Felice: "Nulla tornare più utile ai Principi, che il lasciare alla Chiesa il libero uso delle sue leggi, essendo in ciò riposta la loro salute; dove si tratta delle cause di Dio, si studino non già d’imporre, ma di sottoporre la regia volontà ai sacerdoti di Cristo".

Vi sono inoltre, Venerabili Fratelli, alcuni uomini insigni per dottrina i quali confessano bensì la religione essere un dono sopra tutti eccellentissimo, conferito da Dio ai mortali, ma nel tempo stesso tengono la ragione umana in sì gran pregio e tanto la esaltano che giungono con solenne follia a pareggiarla alla religione medesima. Quindi, a norma della loro sciocca opinione, si vogliono trattare le discipline teologiche non altrimenti che le filosofiche, benché quelle si fondino sui dogmi della fede, dei quali non v’è cosa più salda e più stabile, e queste invece si spieghino coi lumi dell’umana ragione, della quale nulla v’è di più incerto, variando essa secondo il variare degl’ingegni, ed andando soggetta ad innumerevoli fallacie ed inganni. E così rigettata l’autorità della Chiesa, si aprì larghissimo campo a difficilissime e recondite questioni d’ogni maniera, e l’umana ragione, confidando troppo e liberamente nelle sue deboli forze, cadde in turpissimi errori, i quali non abbiamo qui né spazio né volontà di riferire, essendo a Voi ben noti, e che ricaddero a danno, e danno gravissimo della Religione e dello Stato. Per la qual cosa, a costoro, che esaltano oltre il giusto le forze della ragione umana, bisogna mostrare che ciò è del tutto contrario a quella verissima sentenza del Dottore delle genti: "Se qualcuno ritiene di valere qualcosa pur essendo una nullità, egli stesso si perde". Bisogna dimostrare loro quanto sia arrogante proposito scrutare i misteri che il clementissimo Iddio degnò rivelarci, e osare di penetrarli e comprenderli con la mente umana così ottusa ed angusta, mentr’essi vincono di gran lunga le forze del nostro intelletto che, secondo il detto del medesimo Apostolo, si deve inchinare in fede ossequiosa.

Tali seguaci, o meglio adoratori dell’umana ragione, che essi si propongono quale sicura maestra e che sotto la sua guida si promettono ogni bene, hanno certamente dimenticato di qual profonda ed acerba ferita la colpa del primo padre abbia piagato la natura umana, ottenebrandone la mente ed inclinandone al male la volontà. Quindi è che fin dai tempi antichissimi i più celebrati filosofi, benché abbiano egregiamente scritto di molte cose, nondimeno contaminarono di gravissimi errori le loro dottrine; da qui quell’incessante lotta che in noi sentiamo, di cui parla l’Apostolo dicendo : "Sento nelle mie membra una legge che ripugna alla legge della mia mente". Se dunque è certo che per la macchia d’origine tramandata in tutti i figli d’Adamo venne affievolito il lume della ragione ed il genere umano decadde infelicissimamente dal pristino stato di giustizia e d’innocenza, chi mai crederà che la ragione basti a conseguire la verità? chi negherà essergli necessari, fra sì gravi pericoli e in tanta sua debolezza di forze, gli aiuti della religione divina e della celeste grazia per non cadere in rovina e per salvarsi? I quali aiuti, però, benignamente Iddio distribuisce a coloro che, con umile preghiera, li chiedono, essendo scritto: "Dio resiste ai superbi, ma concede la grazia agli umili". Perciò Gesù Cristo Signor Nostro, rivolgendosi una volta al Padre, affermò che i sublimissimi arcani di verità non vengono manifestati ai prudenti ed ai sani di questo secolo, i quali, superbi di loro ingegno e dottrina, ricusano di prestare l’omaggio della fede, ma bensì agli umili ed ai semplici che all’oracolo della fede divina s’appoggiano e si acquetano. È opportuno che inculchiate questo salutare precetto a coloro i quali tanto esagerano la potenza della ragione umana, che osano con le sue forze scrutare e spiegare gli stessi misteri: di ciò non v’è più stolto ardimento, né più assurdo. Sforzatevi di redimerli da così grande perversione di mente, esponendo loro che la provvidenza divina non ha concesso agli uomini dono più eccellente che l’autorità della fede divina, che questa è per noi come fiaccola fra le tenebre, questa la guida, seguendo la quale giungeremo alla vita: questa perciò è del tutto necessaria alla salute, poiché "senza fede è impossibile piacere a Dio, e chi non crederà sarà condannato".

Un altro errore non meno pernicioso abbiamo con dolore inteso aver pervaso alcune parti del mondo cattolico ed occupato le menti di molti cattolici, i quali pensano che si possa sperare la salute eterna anche da parte di tutti coloro che non sono nella vera Chiesa di Cristo. Perciò usano spesso chiedere quali siano, dopo morte, il destino e la condizione di coloro che non aderiscono alla fede cattolica, e dopo aver allegato vanissime ragioni stanno aspettando una risposta che favorisca codesta storta opinione. Tolga Iddio, Venerabili Fratelli, che Noi osiamo por termini alla misericordia divina che è infinita o che vogliamo scrutare gli arcani consigli e giudizi di Dio, i quali sono un abisso profondo, impenetrabile ad umano pensiero, ma bensì per dovere del Nostro ufficio apostolico vogliamo eccitare la vostra sollecitudine e vigilanza episcopale, affinché con ogni sforzo v’adoperiate a bandire dalla mente degli uomini quella parimenti empia e funesta opinione, che in ogni religione, cioè, possa trovarsi la via dell’eterna salute, e ai popoli affidati alla vostra cura dimostriate con la vostra egregia dottrina e solerzia, che i dogmi della fede cattolica non si oppongono punto alla misericordia ed alla giustizia divina. Poiché si deve tener per fede che nessuno può salvarsi fuori della Chiesa Apostolica Romana, questa è l’unica arca di salvezza; chiunque non sia entrato in essa perirà nel diluvio. Ma nel tempo stesso si deve pure tenere per certo che coloro che ignorano la vera religione, quando la loro ignoranza sia invincibile, non sono di ciò colpevoli dinanzi agli occhi del Signore. Ora, chi si arrogherà tanto da poter determinare i limiti di codesta ignoranza secondo l’indole e la varietà dei popoli, delle regioni, degl’ingegni e di tante altre cose? Quando, sciolti da questi lacci corporei, vedremo Dio qual è, allora sì intenderemo certamente lo stretto e nobile vincolo che collega la misericordia e la giustizia divina; ma finché restiamo in terra gravati di questa massa mortale che appesantisce l’anima, teniamo per fermissimo, secondo la dottrina cattolica, che esiste un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo. L’andar più oltre investigando è empio.

Per altro, come richiede la carità, non desistiamo giammai dal pregare affinché tutte le genti di ogni parte si convertano a Cristo, e adoperiamoci secondo il nostro potere per la comune salvezza di tutti gli uomini, giacché non è limitata la mano del Signore, né verranno mai a mancare i doni della celeste grazia a coloro che con animo sincero vogliono e chiedono di venire ravvivati a questa luce. Queste verità si debbono imprimere profondamente negli animi dei fedeli, affinché non possano venire guastati dalle false dottrine che mirano a fomentare quell’indifferenza religiosa che vediamo andare sempre più serpeggiando e fortificandosi a danno delle anime.

Ai principali errori fin qui esposti che soprattutto in questi tempi fanno guerra alla Chiesa, Voi fate in modo di opporre, Venerabili Fratelli, il valore e la costanza vostra; per combatterli e distruggerli pienamente vi è bisogno di Ecclesiastici che vi siano compagni e di aiuto nelle fatiche. Veramente Noi godiamo di gaudio immortale che il Clero cattolico nulla tralasci, da nessun disagio rifugga per adempiere zelantemente il suo ufficio e il suo dovere. Anzi, né gli aspri e lunghi viaggi, né alcun timore di travaglio lo ritardi minimamente dal penetrare fino a regioni remote, oltre lontane terre e lontani mari, per educare salutarmente popoli barbari all’umanità ed alla disciplina della legge cristiana. Parimenti godiamo che il medesimo Clero, affrontando per tanti paesi e tante popolosissime città il flagello di fierissima peste, abbia compiuto con sì grande alacrità tutti gli uffici di carità fino a reputarsi a bella e gloriosa ventura il profondere la vita per la salute dei prossimi. Il che varrà certamente ad affermare sempre più che nella Chiesa Cattolica, la quale sola è vera, arde inestinto quel bellissimo fuoco di carità, che Cristo venne a mettere in terra perché risplenda. E infatti abbiamo veduto donne religiose gareggiare col Clero nel soccorrere gl’infermi, senza che le atterrisse l’aspetto della morte, la quale la maggior parte di loro con fortissimo animo affrontò: esempio d’inusitata fortezza che rese attoniti per meraviglia anche coloro i quali dissentono dalla fede cattolica.

Questo dà a Noi, Venerabili Fratelli, giusto motivo di allegrezza, ma dall’altra parte l’animo Nostro è toccato di grave ed acerba cura perché non mancano in certi luoghi alcuni del Clero che non si comportano sempre come ministri di Cristo e dispensatori dei misteri divini. Quindi avviene che manchi al popolo cristiano il pascolo della divina parola per nutrimento di vita, e che sia raro l’uso dei sacramenti, i quali hanno pur tanta efficacia per acquistare e per conservare la grazia di Dio. Costoro debbono essere ammoniti, Venerabili Fratelli, ed eccitati con più calore ad adempiere bene e fedelmente i compiti del sacro ministero. Vanno illuminati sulla gravità della colpa di cui si rendono rei ricusando di affaticarsi nel campo del Signore, dato che la messe è copiosa. Si debbono esortare a spiegare sovente ai fedeli come sia grande il valore dell’ostia divina per placare Iddio e stornare i castighi delle colpe, affinché gli stessi fedeli procurino di assistere religiosamente al salutare sacrificio della Messa per ritrarne copiosi frutti. Certo è che i fedeli in qualche luogo sarebbero più pronti a praticare gli atti di pietà se ricevessero dal Clero più forti eccitamenti ed aiuti. Di qui Voi ben vedete, Venerabili Fratelli, quanto sia necessario ed opportuno, per ben formare idonei ministri di Cristo, l’avere Seminari, nel governo dei quali devono impiegarsi la sollecitudine e l’industria non già del potere civile, ma solo dei Vescovi. Adoperatevi con diligenza a formare alla pietà ed alla dottrina i giovani ivi raccolti, che sono le speranze crescenti della religione, affinché armati come di doppia spada diventino un giorno soldati valorosi nel combattere le battaglie del Signore. Ed affinché non s’imbevano di nessuna opinione meno conforme alla dottrina cattolica, date loro nelle mani tanto per le discipline teologiche, come anche per le filosofiche, autori di fede sperimentata.

In tal guisa Voi avrete provveduto per parte vostra, Venerabili Fratelli, al benessere ed all’incremento della Chiesa. Ma affinché le sollecitudini intraprese per essa riescano a felicissimi successi, occorrono una somma concordia e consenso d’animi, e bandire lontano ogni sorta di dissidi, i quali rompono il vincolo della carità: dissidi che lo scaltrissimo nemico del genere umano suole fomentare come quelle cose che riescono opportunissime al suo intento di nuocere. Bisogna ricordarsi che quegli antichi difensori della fede cattolica trionfarono delle più pertinaci eresie appunto perché, strettamente uniti fra loro e con la Sede Apostolica, quali soldati col loro capitano, discesero con animo saldo ed ardito nel combattimento.

Queste sono, Venerabili Fratelli, le cose che Noi, premurosi di soddisfare al Ministero Apostolico imposto dalla clemenza e dalla bontà divina alla Nostra debolezza, abbiamo giudicato di significarvi. Ci conforta in primo luogo e rallegra la speranza del celeste soccorso; in mezzo a tante difficoltà, Ci promettiamo un grande aiuto dal vostro ben noto zelo di religione e di pietà. Iddio assisterà la sua Chiesa, esaudirà i nostri voti comuni, e li esaudirà soprattutto dove per noi interceda la Santissima Vergine Madre di Dio Maria, la cui esenzione dalla macchia della colpa originale, con grande Nostro giubilo, Voi presenti e plaudenti, Noi, con l’aiuto del divino Spirito, abbiamo definita. Singolare privilegio in verità e convenientissimo alla Madre di Dio, di essere scampata salva ed immune nell’universale sciagura della nostra schiatta. La grandezza di questo privilegio varrà moltissimo anche per confutare coloro, i quali negano che la natura umana si sia corrotta per la prima colpa, ed amplificano le forze della ragione al fine di negare o di scemare il beneficio della rivelazione. Infine, la Vergine Beatissima, la quale sconfisse e distrusse tutte le eresie, faccia in modo che si svella dalle radici e si distrugga anche codesto perniciosissimo errore del razionalismo, il quale in questi tempi infelicissimi tanto affligge e tormenta non solo la società civile, ma anche la Chiesa.

Rimane ora, Venerabili Fratelli, che siccome a gran giubilo dell’animo Nostro vi abbiamo veduto accorrere con somma alacrità da regioni anche lontane a questa Sede Apostolica, propugnacolo della fede, maestra di verità e centro fermissimo dell’unità cattolica, con altrettanto ardore di carità, prima che Voi torniate alle vostre sedi, Vi auguriamo ogni felicità e salute. L’Autore ed Arbitro sovrano di tutte le cose e di tutti i beni, Iddio, conceda a Voi lo Spirito di sapienza e d’intelletto, affinché possiate preservare le vostre pecore dalle nascoste insidie, le quali da ogni parte le assediano, e benigno e propizio confermi con l’onnipotente suo braccio quanto Voi avrete già intrapreso, o sarete per intraprendere a beneficio delle vostre Chiese; ed ai fedeli affidati alla vostra cura ispiri tali sensi che mai si pieghino a staccarsi dal fianco del loro pastore, ma invece ascoltino sempre la sua voce, ed accorrano dovunque egli li chiami. Assista Voi la Vergine Santissima Immacolata fin dall’origine; Ella vi sia fedele consigliera nei dubbi, sollievo nelle angustie, soccorso nelle avversità.

Infine, alzando le Nostre mani al cielo, benediciamo Voi ed i1 vostro gregge con l’intimo affetto del cuore. Il dono di questa Apostolica Benedizione sia sempre un sicurissimo pegno del Nostro amore per Voi, e come l’augurio certissimo di quella beatissima ed eterna vita, che per Voi e per il vostro gregge desideriamo e preghiamo dal Pastore Supremo delle anime, Gesù Cristo, a cui col Padre e con lo Spirito Santo siano onore e lode e grazie per tutta l’eternità.


  Magistero pontificio - Copertina