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Pio IX
Optime noscitis


Voi ben sapete, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, che il carissimo Figlio Nostro in Cristo Francesco Giuseppe, Imperatore d’Austria e Re Apostolico, ha presso Noi e questa Santa Sede molti titoli di merito per l’avita sua fede religiosa e per il vivo interesse verso la realtà cattolica; fin dall’esordio del suo regno, accogliendo con la massima compiacenza i nostri più che giusti desideri, non ha avuto nulla di più caro che dedicare i suoi pensieri e le sue premure alla difesa della libertà della Chiesa cattolica nei suoi vastissimi territori, allorché Egli mise mano ad un’opera tanto salutare quando pubblicò il decreto del 18 aprile 1850 con somma gloria del suo nome e col più grande compiacimento di tutti i buoni. Da allora lo stesso piissimo Imperatore e Sovrano, assecondando con pietà filiale ogni giorno di più le Nostre richieste e giustamente conoscendo quanto la Chiesa Cattolica e la sua salvifica dottrina assicurino la vera felicità e la pace dei popoli, Ci chiese con insistenza di stipulare con Lui una Convenzione che Ci concedesse facoltà di consultare, con la Nostra Autorità Apostolica, gli ecclesiastici di tutto il suo Impero e di affrontare tutti i problemi di tutti i territori che di esso fanno parte.

Pertanto con grande gioia del Nostro animo, accogliendo assai volentieri i desideri piissimi di quel Sovrano, ritenemmo di dover affrontare con Lui la Convenzione e fummo pervasi da profonda consolazione dal momento che in virtù della stessa Convenzione e con l’aiuto di Dio potemmo rivendicare e proteggere nel migliore dei modi la libertà della Chiesa cattolica e i suoi venerandi diritti, e potemmo sanare non poche e gravissime questioni ecclesiastiche nei vastissimi territori di quell’Impero. Di conseguenza, mentre Ci congratuliamo dal profondo dell’animo con il carissimo in Cristo Figlio Nostro e gli rivolgiamo meritate e amplissime lodi, poiché si gloria di aver professato e venerato con tanto amore la nostra santissima religione e, con pari devozione, Noi e questa Cattedra di Pietro, vi scriviamo questa lettera, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, con la quale vivamente sollecitiamo la insigne e provata vostra religiosità e il vostro zelo pastorale, affinché avvertiate il vantaggio di quella maggiore libertà di cui in tutte codeste regioni dell’Impero d’Austria la Chiesa cattolica deve fruire e godere, e vogliate adempiere con somma diligenza, con sommo impegno, con energia, tutti i doveri del vostro ministero per l’incremento, il decoro e la prosperità della stessa Chiesa e per la salute delle anime.

Sarà ora vostro compito, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, di consigliarvi fra Voi e di vigilare con molta attenzione affinché nelle vostre Diocesi sia custodito integro e inviolato il deposito della santissima fede cattolica, e si provveda con il più alacre e vigile zelo alla retta educazione dei chierici; sia custodita e protetta la disciplina del Clero, e sia ripristinata ove si sia allentata; si assegni l’incarico di parroci e gli altri benefici ecclesiastici soltanto ad idonei e stimati sacerdoti; si provveda alla sana educazione della gioventù; si pasca e si nutra il gregge affidato alla vostra cura con l’annuncio della divina parola, con salutari ammonimenti e con opportuni scritti; si convochino Sinodi sia provinciali, sia diocesani, in modo che possiate provvedere ogni giorno di più al maggior bene dei vostri fedeli. In verità, Diletti Figli e Venerabili Fratelli, non riteniamo di dovervi spiegare ciò che principalmente riguarda alcuni articoli della stessa Convenzione che desideriamo siate Voi stessi ad eseguire e ad applicare, in modo da favorire sempre più, tra codesto Impero cattolico, la Chiesa e la Sede Apostolica, quella graditissima concordia da cui ridondano ogni sorta di beni sulla comunità cristiana e civile.

In primo luogo vi avvertiamo che nello stesso tempo in cui diffonderete le vostre lettere pastorali e altri atti, dovrete mandare una copia di essi al Cesareo, Apostolico e Regale Governo, per lo meno a titolo d’informazione; dovrete pure segnalare allo stesso Governo la data di convocazione dei Sinodi; per la stessa ragione dovrete far pervenire al Governo un esemplare degli atti sinodali non appena essi diventino di pubblico diritto allorché saranno divulgati. Per quanto riguarda i Sinodi Diocesani, abbiamo saputo che non pochi del Vostro Ordine Episcopale desiderano vivamente di essere investiti di quella facoltà che da Noi fu concessa al Vescovo Leodiense con il rescritto edito il 4 maggio 1851. Abbiamo intenzione di assecondare i desideri di coloro che a Noi chiederanno tale facoltà e che insieme esporranno attentamente le peculiari condizioni della propria Diocesi, in modo che Noi possiamo prendere quelle decisioni che riterremo più opportune per ciascuna Diocesi. Siccome abbiamo per certo che per codesto Governo cattolico nulla vi sarà di più degno che incoraggiare e favorire lo spirito religioso e la pietà, così, se lo stesso Governo avrà espresso il voto di riservare a sé quanto riguarda la forma e il metodo con cui i libri di religione sono scritti ad uso delle Scuole, così Voi dovrete regolarvi secondo tale desiderio, salvo sempre ed incolume il vostro diritto di giudicare la dottrina contenuta in quei libri. Usate ogni cura affinché agli inizi, ossia nelle Scuole elementari, per insegnare il catechismo siano adottati quei libri dai quali la gioventù impari la sola dottrina della Chiesa Cattolica e affinché in quei libri non avvenga correzione alcuna, salvo non sopraggiunga un grave motivo, e sempre dopo esservi consultati fra Voi. E poiché vi è noto e risaputo quale grande differenza corra tra il sacro e il profano, dopo esservi consultati, proponetevi con ogni cura di formare gli adolescenti chierici, fin dagli anni più teneri, alla pietà, ad ogni virtù e allo spirito sacerdotale; di istruirli seriamente soprattutto nelle lettere e nelle sacre dottrine, del tutto aliene da ogni pericolo di qualsivoglia errore, in modo che nei vostri Seminari sia accurata l’educazione ecclesiastica e prevalga quel metodo di ottimi studi che, valutate le circostanze degli eventi, dei tempi e dei luoghi, possa procurare il maggior profitto alla Chiesa e contemporaneamente il Clero possa risplendere di salutare e solida dottrina. Pertanto nello scegliere i professori o i maestri usate particolare diligenza e vigilanza, e non vogliate in alcun caso affidare il difficile incarico d’insegnare se non a uomini che per religione, pietà, integrità di vita, severità di costumi e per merito di sana dottrina siano in tutto eccellenti. È tuttavia possibile che, per le tristissime e a tutti note vicende, tra gli Ecclesiastici si trovi chi non è gradito alla Cesarea e Apostolica Sua Maestà e perciò, per rimuovere del tutto ogni difficoltà, avrete cura nel conferire i benefici sia nelle parrocchie sia ad altri ecclesiastici, di non scegliere per essi quei sacerdoti che sono meno accetti alla Cesarea e Apostolica Sua Maestà. E ciò potrete capire sia dalla stessa indole e condizione degli ecclesiastici, sia dai precedenti atti del Governo, sia usando altri idonei accorgimenti. Inoltre, per la stessa ragione, prima di scegliere i professori e i maestri del Seminario, è necessario che indaghiate accortamente e siate certi che la stessa Cesarea e Apostolica Maestà non abbia qualche prevenzione verso di essi per ragioni politiche. Infine vi stia sommamente a cuore vigilare continuamente affinché nelle funzioni ecclesiastiche e soprattutto nel sacrosanto sacrificio della Messa, nonché nella somministrazione dei Sacramenti si usino con pia e religiosa attenzione le formule della Chiesa, nella lingua di ogni rito già approvato da questa Sede Apostolica. E cercate assiduamente di evitare che per l’avvenire i Prelati inferiori ai Vescovi, celebrino le sacre funzioni con rito pontificale, salvo che non abbiano ottenuto uno speciale privilegio dalla stessa Santa Sede e a condizione che chi ha conseguito detto privilegio dovrà osservare scrupolosamente quelle disposizioni, che sono contenute sia nel decreto di Alessandro VII, Nostro Predecessore di degna memoria, pubblicato il 27 settembre 1659, sia nella lettera Apostolica di Pio VII, parimenti Nostro Predecessore di felice ricordo, che comincia con Decet Romanos Pontifices e che è stata scritta il 4 luglio 1823. Tenete presenti, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, tutte le questioni che Vi abbiamo sottoposto; per certo non dubitiamo che, grazie alla vostra pietà e alla singolare e provata devozione verso Noi e verso questa Santa Sede, accoglierete con docili orecchie tutti i Nostri consigli e avrete cura di comprendere e di eseguire quanto vi abbiamo detto.

Frattanto non dimentichiamo di chiedere umilmente e insistentemente a Dio Ottimo Massimo che sempre effonda propizio i ricchi doni dalla sua bontà sopra di Voi, e benedica le vostre attività pastorali, le decisioni e gli affanni per cui la nostra santissima Religione e la sua Dottrina possano dilatarsi ogni giorno di più nelle vostre Diocesi e felicemente ovunque prosperino e fioriscano. E come auspicio di tutti i doni celesti e come testimonianza dell’ardente Nostro amore per Voi, impartiamo dal profondo del cuore l’Apostolica Benedizione a ciascuno di Voi, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, e a tutti i Chierici di codeste Chiese e ai Laici fedeli affidati alla vostra cura.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 5 novembre 1855, anno decimo del Nostro Pontificato.


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