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Pio VI
Novae hae litterae


1. Questa nuova lettera che vi indirizziamo vi renderà testimonianza di quanto il Nostro animo da una parte gioisca e dall’altra sia rattristato per il diverso esito delle Nostre ammonizioni, contenute nella lettera emanata il 13 aprile dell’anno scorso; per altro, quali fossero queste ammonizioni, vi è ben noto, così come non l’ignora alcun Vescovo del mondo cattolico.

Per quanto concerne la gioia, Voi per primi, diletti Figli Nostri Cardinali di Santa Romana Chiesa, e Venerabili Fratelli Arcivescovi e Vescovi, Ce ne date abbondantissimo motivo. Confermati infatti dalle Nostre paterne voci, sempre più avete fatto risplendere la lodevole vostra costanza; alcuni fra voi, tollerando con animo invitto l’esilio fuori dalle vostre chiese e fuori dallo stesso regno; altri schiavizzati nelle stesse chiese dalle ingiurie e dalle persecuzioni degli avversari; altri ancora sopportando persino lo squallore del carcere, come in particolare abbiamo capito dalla tua lettera essere toccato a Te, venerabile fratello Vescovo di Senez, degno perciò del maggiore elogio. Quasi tutti (se si eccettuano quattro infelicissimi pastori) sia presenti, sia assenti, si sono impegnati al massimo per diffondere la Nostra lettera, affinché i fedeli di tutte le Diocesi si attenessero alle nostre ammonizioni.

2. Perciò, Noi, assieme a San Leone, "ringraziamo Dio e speriamo fortemente di esultare in futuro, dacché abbiamo riscontrato che la Fraternità Cattolica è arricchita da un tale spirito di Fede che nessuna tentazione eretica potrà indebolire in alcun modo i vostri cuori... Sebbene dunque grandi spazi fisici Ci dividano, siamo tuttavia uniti con voi nella Fede..., e rendiamo grazie per la concordia della vostra professione: purché la vostra concordia perseveri, con l’aiuto di Dio, secondo le parole dell’Apostolo: A voi è stato fatto dono della grazia in nome di Cristo, non soltanto perché crediate in Lui, ma anche perché soffriate nel Suo nome" Le vostre pene sono anche le Nostre. "Soffriamo infatti – come dicevano i Padri di Sardica al tempo della persecuzione Ariana – con i nostri fratelli che soffrono, e facciamo nostri i loro patimenti, ed abbiamo mischiato le nostre lacrime con le vostre".

3. Anche voi avete consolato il Nostro animo, diletti figli Canonici e Parroci degni di singolare lode, e voi professori universitari, in particolare della Sorbona, eminenti per sapienza e rigorosi per comportamento in questa delicata vicissitudine della Religione; voi, Rettori dei Seminari, Ecclesiastici di qualunque altro genere, Vergini consacrate ed anche Laici, che – attenendovi alle Nostre esortazioni – vi siete mantenuti costanti nella Fede ed avete fatto fronte ai vostri doveri in modo tale che, sull’esempio dei vostri Pastori, molti di voi hanno affrontato con grande virtù ingiurie, esilio, carcere ed altre vessazioni. Non pochi infatti, tra il clero dello stesso vostro secondo Ordine, deputati all’Assemblea nazionale francese, uomini egregi e famosi per la loro cultura e l’impegno in difesa della buona causa, si sono onorati di far presenti a Noi i sensi della loro costanza, del loro ossequio e della loro osservanza, a mezzo di lettere mandateci sei mesi fa; lo stesso fecero altri Ecclesiastici del secondo Ordine, insieme al venerabile fratello Francesco, vescovo di Clairmont, con una lettera inviataci il 22 gennaio; altri ancora il 17 febbraio di quest’anno. Perciò in questa sede li ricordiamo e li lodiamo.

4. Maggior consolazione Ci avete arrecato voi, diletti figli del secondo Ordine Ecclesiastico, che – appena uditi il Nostro parere e le Nostre ammonizioni – avete imitato l’illustre esempio di alcuni antichi Vescovi della Gallia. Quelli infatti, dopo aver approvato insieme con i Vescovi orientali l’erronea formula del Concilio di Rimini, rendendosi conto che la loro semplicità era stata ingannata, ritrattarono tutto ciò che per ignoranza avevano approvato, respingendo quei sacerdoti apostati che, per ignoranza o empietà di alcuni, erano stati collocati al posto di fratelli indegnamente mandati in esilio; così anche voi solleciti disdiceste quell’empio giuramento che vi era stato estorto con la paura, con l’ignoranza, con l’inganno, detestando gli errori contenuti nel giuramento, allontanandovi da quegli intrusi e ricongiungendovi infine per vostra volontà ai legittimi pastori dai quali vi eravate allontanati. Le ritrattazioni di tal fatta furono talmente tante che ogni giorno ne recava delle nuove; di conseguenza, coloro che – completamente accecati – preferirono restare nell’errore, sono rimasti gravemente disonorati presso tutti gli Ordini e sono decaduti dalla stima anche di coloro che li avevano spinti sulla strada dell’apostasia, come Ci è stato riferito da molti Vescovi.

5. Perciò non è da stupirsi se il Nostro gaudio sarà, grazie a voi, tanto più grande e comune a tutta la Chiesa; per cui riteniamo che sia da seguire con voi la stessa benevola condotta che San Leone adottò con alcuni vescovi orientali che avevano avuto parte nella cacciata di San Flaviano dalla sede di Costantinopoli. Così infatti egli scrisse ad Anatolio, Vescovo di Costantinopoli: "Quanto poi a quei fratelli che abbiamo saputo essere desiderosi della comunione con Noi, poiché si pentono di non essere rimasti saldi contro il potere e il terrore e di avere offerto consenso all’altrui scelleratezza; dal momento che la paura li aveva così ottenebrati da farli partecipare con trepido ossequio alla condanna di un Vescovo cattolico innocente ed all’accoglimento di orribili malvagità, vogliamo che costoro si rallegrino della comunione e della pace con Noi ogni volta che condannano in piena consapevolezza le malvage azioni e preferiscono accusarsi piuttosto che difendersi. E la Nostra benignità non può in alcun modo essere condannata, poiché accogliamo penitenti coloro che ci dispiacque veder ingannati".

6. Ci consola ancora la notizia che l’intruso di Roven abbia lasciato la sede che aveva occupato e che altri intrusi abbiano preso la fuga. Ascoltando dunque queste notizie abbiamo considerato quel che di buono deriva dalla loro abdicazione e dalla loro fuga. Infatti, abdicazioni e fughe di questo tipo danno chiaramente ai Fedeli la misura di come gli intrusi si rendessero conto del disonore intrapreso e da quali stimoli di coscienza fossero animati allorché – sotto maschera dell’episcopato – più di tutti gli altri alimentavano e fomentavano lo scisma. D’altra parte la Nostra gioia in questa circostanza non può essere completa. Non ci sfugge infatti che l’intruso di Roven, proprio nel momento in cui abdica l’incarico, anziché ritrattare il sacramento e detestare l’errore, ha nuovamente esibito la propria pervicacia; ed anche gli altri che hanno preso la fuga hanno dato prove non equivoche della loro pertinacia, cosicché si rende necessario che tanto questi – quanto altri che imitassero il loro esempio – rendano piena soddisfazione alla Chiesa. Diversamente non potranno giovarsi della comunione né con Noi né con la Chiesa, poiché "tale grazia non deve essere né rigidamente negata né sconsideratamente elargita", come insegna San Leone.

7. Fin qui per quanto riguarda la gioia. Ora parliamo del dolore. Ci addolora infatti profondamente che molti membri del secondo Ordine Ecclesiastico ed una gran parte dei Laici, nonostante le Nostre ammonizioni, si siano tuttavia confermati nell’errore. Ma Ci addolora ancora di più che nello stesso errore abbiano perseverato sia il Vescovo di Autun, principale causa dello scisma, sia l’Arcivescovo di Sens e i Vescovi di Viviers e d’Orléans, i quali, essendo legittimi pastori, non potevano assolutamente ignorare né i doveri né i ruoli del ministero, né la gravità delle offese che recavano a tutto il corpo della Chiesa francese, senza contare che in virtù del loro titolo erano vincolati più strettamente ad ottemperare alle Nostre disposizioni. Inoltre richiamavano su di sé e facevano proprie le colpe dei Popoli loro soggetti. In effetti, perché ai pastori siano attribuiti i peccati degli inferiori, basta soltanto la negligenza, come insegna, San Leone, "dal momento che le colpe degli ordini inferiori a nessuno sono da imputare meglio che ai Rettori trascurati e negligenti, che spesso nutrono la pestilenza che s’è insinuata, rinviando l’adozione della medicina necessaria". Allo stesso modo, tanto più condannabili saranno quegli infelici Vescovi che, anziché porgere le mani salvifiche ai traviati dall’errore, col loro esempio hanno spinto al male anche i buoni.

8. In verità Ci duole profondissimamente la stessa espansione di questo scisma, per descrivere la quale non potranno mai essere trovate parole sufficientemente gravi. Mentre infatti, al tempo della Nostra prima lettera, non Ci risultavano che otto Vescovi sacrileghi consacrati ed empiamente intrusi in altrettante Chiese, poco dopo Ci giunse la terribile notizia che le mani erano state illecitamente imposte a così tanti che nel breve volgere di giorni quasi tutte le Chiese di codesto Regno erano state occupate da intrusi.

9. Se Sant’Atanasio per l’invasione di una sola Chiesa in Alessandria (quella che Giorgio aveva occupato sulla base dell’editto del Principe contro la disposizione dei Canoni Ecclesiastici) a buon diritto e giustamente proruppe in queste parole: "In tutta la terra non s’è mai udito nulla di simile; ora tutta la Chiesa è stata offesa, il Santuario è trattato ignominiosamente e, quel ch’è peggio, la pietà patisce persecuzione dall’empietà... Infatti, se un solo membro soffre, tutte le altre parti si dolgono insieme con lui", con quanto maggior diritto Noi, di fronte all’improvvisa occupazione di quasi tutte le Chiese di fiorentissimo Regno, siamo costretti ad esclamare che nulla mai di simile è accaduto alla Chiesa di Dio!

10. Un antichissimo Sinodo romano, che i Vescovi francesi avevano consultato, oltre che su altri punti, anche sul fatto che parecchi Vescovi di altre Diocesi avevano precipitosamente invaso le loro, impartendovi Ordinazioni irregolari e svolgendovi altri atti contro la giurisdizione, rispose loro gravemente: "Se qualcuno avrà invaso scientemente i confini altrui, sarà giudicato reo di violenza. Perché si corre? Perché ci si affretta a conculcare le regole della Chiesa? Le leggi umane vengono rispettate ed i precetti divini sono disprezzati; si temono la spada presente e la pena temporale, e si trascura la punizione divina, che ha le fiamme eterne della Geenna. Vedrete a cosa avrà portato la presunzione: perciò se qualcuno avrà osato fare Ordinazioni in una Diocesi altrui e vorrà sostenerle, sappia che vacilla dal suo stato proprio colui che avrà invaso la Chiesa non sua. Qui non si tratta di affari civili; queste non sono promozioni mondane". Se, come dicevamo, il predetto Sinodo condannò in tal modo quei Vescovi che avevano occupato soltanto parti delle Diocesi altrui, quanta maggior riprovazione meriteranno non soltanto tutti gli pseudo-vescovi (che, scelti contro le norme ed ordinati in modo sacrilego, hanno invaso – senza missione canonica – Sedi Episcopali che avevano i loro legittimi Pastori, occupando così per intero le Diocesi) ma anche quattro Pastori legittimi: tre di loro, conformandosi ai decreti dell’Assemblea Nazionale, occuparono una parte delle Diocesi altrui ed abbandonarono una parte delle loro; l’altro poi, consacrando per primo gli intrusi, con l’aiuto di due Vescovi assistenti, ha finito col diventare il "padre" degli pseudo-vescovi, dando motivo a che le altre Sedi fossero invase e, abbandonando la propria, consentendo l’avvento di un intruso.

11. Di sicuro non può accadere "che si compia con esito favorevole ciò che ha avuto un cattivo principio". Sarebbe lungo e troppo triste riferire qui dello stato della Chiesa francese, sconvolta in ogni sua parte, e dei gravissimi danni che sono stati recati alla Religione dagli intrusi. Basti riflettere sul fatto che un regime profano e sacrilego ha sostituito quello sacro e legittimo. Infatti costoro che si gloriano d’essere chiamati "Vescovi costituzionali" danno prova di capir bene che non sono "Vescovi cattolici"; perciò rifuggono dai sacri ministeri e ne allontanano anche coloro che, sulla base delle norme Ecclesiastiche, possono essere definiti i soli pastori legittimi, e lo sono. Quando essi si sono introdotti abusivamente nelle Sedi Episcopali, hanno inserito nel governo delle Parrocchie altri loro simili, che la Chiesa avversa e respinge, e che soltanto la Costituzione riconosce ed approva: gente che corrompe i Sacri Ordini e l’amministrazione dei Sacramenti e che, per dirla con poche parole, sottomette al potere temporale la Chiesa e la sua autorità di matrice divina; sostituisce alla verità l’errore; l’empietà alla pietà, secondo la schietta interpretazione della predetta Costituzione.

12. Poiché è sempre stato tipico degli eretici e degli scismatici servirsi della simulazione, così anche questi intrusi non hanno nulla di più tradizionale che indurre le genti in errore mediante l’inganno, mentre coprono quasi tutte le loro azioni con il manto della carità; proteggono e lodano le riforme costituzionali come se fossero su misura per la più antica e la più pura disciplina ecclesiastica; si vantano di esser in sincera comunione con la Chiesa e con questa Sede Apostolica. A questo soltanto mirano le lettere "nunciatorie" che, seguendo l’esempio dei primi intrusi, Ci hanno mandato anche altri in seguito; a questo mirano anche le "esortazioni" alle preghiere da recitare per la Nostra salute e la Nostra conservazione.

13. Ma questo stile di contestazione e di preghiera si riconosce derivato, chiaro come da un archetipo, dalle empie scuole degli scismatici e degli eretici. Infatti leggiamo che Fozio scrisse al Santo Pontefice Niccolò, Lutero a Leone X, Pietro Paolo Vergerio il giovane a Giulio III; e tutti, mentre fingevano obbedienza e sintonia con la Sede Apostolica, si lamentavano della malvagità con la quale era giudicata la loro dottrina, insultavano contemporaneamente la Santa Sede e disseminavano i loro cattivi errori.

14. Così anche gli odierni Vescovi intrusi hanno di recente pubblicato un’opera nella quale hanno raccolto tutti i pensieri erronei, scismatici ed eretici, spesso contestati e rifiutati, dei quali sono pieni parecchie loro Lettere Pastorali ed alcuni libelli, non senza grave offesa alla storia della Chiesa. A quest’opera hanno premesso l’insidioso titolo "Accord de vrais principes de l’Eglise, de la morale et de la raison, sur la Constitution Civile du Clergé de France par les Evêques des départements membres de l’Assemblée Nationale Constituant. A Paris 1791", aggiungendo alla fine di quest’opera iniqua, per meglio ingannare il popolo, una falsa lettera, presentata come se fosse stata a Noi spedita. Ma, per istruzione dei buoni e per consolidare la loro perseveranza, non smetteremo di render noto il pestilenziale veleno che emana da ogni parte di quell’opera indegna.

15. Frattanto non possiamo tacere il doppio inganno, uno peggiore dell’altro, che i Vescovi intrusi divulgano imperterriti per distogliere il popolo dall’obbedienza dovuta ai Nostri Ammonimenti Apostolici. Il primo inganno concerne la negata autenticità delle Nostre lettere; non c’è nessun commento più congruo se non che ciò si attaglia perfettamente alla fonte dalla quale proviene. Con quale buona fede, infatti, si può dubitare della verità delle Nostre lettere, che, firmate di Nostro pugno, sono state mandate ai Metropolitani francesi e che, per Nostro ordine, furono edite presso la Stamperia Romana e fatte circolare non soltanto nel Regno di Francia ma in tutte le parti del mondo cattolico, così come accadrà anche per questa Nostra? Come dunque può essere definito apocrifo quel documento che è Nostro, che deriva unicamente da Noi, che è stato divulgato con tanta solennità da non lasciare spazio ad alcun dubbio; che, in definitiva, è tale che con poca fatica chiunque può distinguerlo dagli altri documenti, falsi e corrotti, che i Refrattari fecero circolare fra il popolo a Nostro nome, con somma audacia e manifesta calunnia, per procurare approvazione alla Costituzione Civile del Clero, che Noi avevamo rifiutato sin dall’inizio con sommo orrore?

16. L’altro fraudolento, raggirante inganno degl’Intrusi riguarda la mancanza di una certa forma "civile" nella pubblicazione delle Nostre lettere. Infatti essi certamente non ignorano, e a nessun altro può sfuggire, che allo stato attuale delle cose in Francia una forma di questo tipo non poteva essere adottata; cosicché coloro che utilizzano tale forma null’altro hanno in mente se non facilitare la crescita impunita dello scisma e dell’intrusione. Non sfugge infatti che questa forma "civile" non è necessaria, soprattutto quando si tratta di "causa maggiore", che compete a Noi e che è stata resa nota attraverso i Vescovi. Proprio questo tutti i Cattolici riconoscono, e Valentiniano Augusto affermò con chiare parole nella "Novella" che segue la lettera di San Leone Magno ai Vescovi della provincia viennese: "Questa stessa sentenza [di San Leone] avrebbe dovuto aver valore in Francia anche senza la sanzione imperiale. Che cosa infatti non dovrebbe essere consentito nelle Chiese all’autorità di un Pontefice tanto grande?". Lo stesso clero francese lo riconobbe quando si trattò di divulgare le lettere encicliche del Nostro predecessore Pio VI: "Non avete alcun bisogno dell’approvazione regia per divulgare come Regola la risposta della Santa Sede Apostolica su un tema esclusivamente spirituale".

17. Quel che abbiamo detto fin qui sul lacrimevole stato dello scisma, al quale gli Intrusi si dedicano in modo ammirevole, è percepibile da chiunque lo esamini attentamente; perciò a buon diritto possiamo esclamare con Sant’Atanasio: "Non avete ancora capito che il Cristianesimo viene distrutto e che il Demonio, cerca, con l’inganno e sotto altre fattezze, di sconfiggere la Chiesa?".

18. In tanto grave perturbazione delle vicende della Chiesa francese ed in altrettanta gravità e notorietà del crimine, Noi avremmo potuto fin da ora procedere contro i contumaci, con la comminata pena della scomunica, dal momento che per oltre undici mesi dal giorno dei Nostri Ammonimenti, da parte loro non giunse alcun segno di pentimento. Nondimeno, poiché abbiamo visto che il Nostro Ammonimento ha avuto esito non inutile presso molti, e avendo ritenuto di dover aspettare un certo tempo perché anche altri si adeguassero; tenendo soprattutto presente la grande bontà di Dio, il quale tollera i peccatori con molta pazienza e non vuole portarli alla perdizione, ma indurli alla penitenza; dopo aver ascoltato il parere di una scelta Congregazione dei venerabili Nostri fratelli, i Cardinali di Santa Romana Chiesa, riunitasi davanti a Noi il 19 gennaio di quest’anno, abbiamo ritenuto di dover agire fin qui con benignità nei confronti dei contumaci, per vedere se ritornino in sé e si rivolgano a Dio. Infatti non ci siamo ancora spogliati della misericordia paterna nei loro confronti ed in un certo senso, "come una madre non può dimenticarsi del suo bambino, per non dover avere pietà del figlio del suo ventre", così la Santa Romana Chiesa non può dimenticarsi dei suoi figli, per quanto ribelli ed ostinati, e nei loro confronti è mossa più da pietà che da rabbia. Per questo motivo Noi, non senza gran pianto e lamento, temendo la frammentazione delle Nostre viscere, Ci asteniamo per ora dal comminare la sentenza di scomunica, accettando anche di differire più oltre la pena, affinché possa aver luogo il pentimento. Rimane tuttavia confermata la pena di sospensione inflitta con la Nostra lettera del 13 aprile.

19. Perciò abbiamo deciso di presentare questa nuova e perentoria Ammonizione, da valere anche come seconda e come terza, in base alla quale, contando sessanta giorni dalla data di questa Lettera per la seconda, ed altri successivi sessanta per la terza, disponiamo quanto segue:

20. Per primi ammoniamo, come è giusto, sollecitandoli al doveroso pentimento, i sacrileghi consacratori dei Vescovi intrusi e gli assistenti (Carlo Maurizio Vescovo di Autun; Giovanni Battista Vescovo di Babilonia e Giovanni Giuseppe Vescovo di Lidda), i quali in certo modo sono gli autori del funestissimo scisma, poiché con le prime azioni che osarono compiere, cioè le consacrazioni degli pseudo-Vescovi, precedettero tutti gli altri nell’atrocità del crimine.

21. Ammoniamo inoltre tutti gli pseudo-Vescovi intrusi che, senza elezione, ordinazione o missione legittima, hanno invaso le Sedi Episcopali – sia quelle antiche, sia quelle di recente ed illegittima costituzione – la maggior parte delle quali era retta dai legittimi Presuli, mentre quelle che erano vacanti erano rette dai Vicari capitolari, secondo le leggi prescritte dal Concilio di Trento.

22. Ammoniamo anche l’Arcivescovo di Sens, il Vescovo di Orléans, il Vescovo di Viviers e Pier Francesco Martello, coadiutore dell’Arcivescovo di Sens. Di costoro, i primi tre, quantunque abbiano ricevuto correttamente il vescovado, hanno tuttavia osato invadere parti di altre Diocesi e rinunciare a porzioni delle proprie, attenendosi ai decreti dell’Assemblea nazionale; tutti, poi, allo stesso modo dei Vescovi consacratori, degli assistenti e di tutti i Vescovi intrusi, non si sono vergognati di sottomettersi alla Costituzione civile del clero, prestando puramente e semplicemente quel giuramento civico che Noi avevamo definito "fonte ed origine di tutti gli avvelenati errori" nella Nostra lettera del 13 aprile.

23. Ammoniamo i Parroci e coloro che con qualunque nome esercitano in titolo la cura delle anime, i quali, oltre ad imbrattarsi con quel giuramento sacrilego, hanno invaso intere Parrocchie, sia vecchie sia di recente ed illegittima istituzione, oppure ne hanno invaso delle parti, per istituzione ricevuta (per altro senza valore) dai Vescovi intrusi o dall’Arcivescovo di Sens o dai Vescovi d’Orléans e di Viviers (legittimi, in verità, ma legati col giuramento civico) che hanno operato al di fuori dei confini delle rispettive Diocesi, anche se alcuni di loro in precedenza avevano correttamente ricevuta l’investitura delle Parrocchie.

24. Infine ammoniamo anche tutti i Vicari e gli altri Preti, con qualunque nome chiamati, delegati all’esercizio della giurisdizione ed allo svolgimento degl’incarichi ecclesiastici dai Vescovi intrusi, i quali non possono trasferire ad altri un diritto che essi stessi non possiedono.

25. Avendo tutti così ammoniti, se a Noi non risulterà che, nell’arco di tempo precedentemente assegnato, ciascuno abbia fatto, in favore della Chiesa, la penitenza dovuta per i suoi peccati, allora certamente "ci addoloreremo, ci rattristeremo, piangeremo e ci sentiremo le viscere lacerate, come se fossimo spogliati delle nostre stesse membra"; tuttavia non Ci dorremo in modo da non procedere, in una vicenda così grave, secondo la gravità dei delitti, la moltitudine dei delinquenti e la pericolosità del contagio, da non comportarci come richiedono il ministero apostolico e le norme canoniche, scagliando cioè la sentenza di scomunica, notificandola pubblicamente ed indicando costoro come allontanati dalla comunione con la Chiesa, da considerarsi scismatici pervicaci e perciò da evitare.

26. Ancor oggi Noi rivolgiamo quest’ultima ammonizione canonica, piena di sollecitudine paterna e di moderazione, ai Vescovi consacratori, agli Assistenti, ai Vescovi intrusi ed ai loro Vicari, ai Vescovi che han prestato giuramento, ai Parroci parimenti intrusi; ai Vicari ed ai Sacerdoti delegati o approvati dai Vescovi intrusi; dal momento che il loro crimine è di gran lunga più grave e pericoloso, sia per la natura stessa del peccato, sia per la dignità ed autorevolezza della persona che lo compie; fattori, entrambi, che contribuiscono moltissimo a corrompere gli altri, insieme con l’esempio e l’uso della giurisdizione usurpata. Nondimeno vogliamo che si considerino ammoniti anche gli altri: gli autori e i fautori della Costituzione pubblicata, tutti quelli che hanno giurato, specialmente gli Ecclesiastici e soprattutto i Parroci, i Superiori ed i Rettori dei Seminari, i Professori ed i Presidi di Università e Collegi, perché non pensino di schivare a suo tempo analoga pena, se persisteranno ostinati e contumaci nel loro delitto.

27. Mentre diciamo queste cose, mentre Ci affidiamo a queste minacce, chiamiamo Dio a testimone di quanto non vorremmo esser costretti ad usare queste armi spirituali, se potessimo farne a meno. Con animo ben disposto abbiamo sempre dato spazio alla moderazione e alla misericordia, facendo ricorso alla severità malvolentieri e soltanto se costretti dalla necessità. Proprio per questo ancora una volta e con il massimo vigore, nel nome delle viscere di Gesù Cristo, preghiamo coloro che in qualunque modo hanno avuto parte in questo scisma, ed in particolare i sacri Ministri, e li scongiuriamo affinché riflettano su quanto sia indegno, perverso e miserrimo, per i Fedeli, specialmente Ecclesiastici, favorire ed assecondare questo scisma pestilenziale; esso è nato per l’iniquo consiglio dei filosofi innovatori che costituivano la maggior parte dell’Assemblea Nazionale, e si sarebbe quasi estinto sul nascere se i Fedeli e gli Ecclesiastici l’avessero contrastato. Inorridiscano dunque meditando quanto l’attesa d’un terribile giudizio, simile ad un fuoco, consumerà coloro per colpa dei quali lo scisma (che col loro ravvedimento potrebbe cessare) perdura ancora e si espande e cresce nelle fiorentissime regioni francesi.

28. Mancano forse famosi "eccitamenti dei francesi" per ritrattare il giuramento civico? Eppure è noto che molti fra i più illustri intellettuali francesi si dimostrarono docili nel detestare gli errori precedentemente propugnati. Infatti, già all’inizio del V secolo il monaco Leporio pubblicò la ritrattazione dei suoi errori, che fu letta nel quinto Sinodo africano e fu inviata ai Vescovi francesi; il sacerdote Lucidio ne indirizzò un’altra al Sinodo di Arles; non diversamente si comportò Giovanni Gerson, che formulò la sua ritrattazione basandosi sugli insegnamenti dei libri di San Bonaventura. A questi sono seguiti Pietro de Marca e Francesco Fénelon, Arcivescovo di Cambrai, meritevole del più elogiativo ricordo, e molti altri scrittori francesi, al cospetto dei quali chi potrà arrossire e ancora ostinatamente rifiutare di imitarli, loro che seppero trasformare il loro errore in gloria e vanto singolari? Una convinta speranza ci induce a ritenere che la mano di Dio non si arresterà sopra gli intrusi e gli scismatici; che i loro animi traviati saranno richiamati sulla via della salvezza, e, sollecitati dagli esempi di antenati così famosi, con la ritrattazione dell’empio giuramento condanneranno le consacrazioni sacrileghe, rinunceranno agli incarichi sacerdotali precedentemente occupati e riconosceranno i legittimi pastori.

29. Voi intanto, Venerabili Fratelli, che – udito l’ultimo ammonimento di questa Nostra lettera – Ci pare di vedere agitati e tremanti per la salvezza del Vostro gregge e Ci par di udire esclamare con San Paolo "Chi di voi cadrà infermo, senza che questo indebolisca anche me? Chi sarà scandalizzato senza che anch’io mi senta avvampare?"; Voi, dicevamo, mentre renderete pubblica questa Nostra lettera, aggiungete le vostre alla Nostra preoccupazione, levando preghiere più fervide a Dio Ottimo e Massimo, ripetendo le esortazioni ed i vostri consigli, affinché – in tanta crudezza dei tempi ed in tanta confusione degli animi – possiate consolidare la fermezza dei fedeli che sono rimasti tali e recare aiuto alla debolezza di coloro che sono caduti. Ma soprattutto mettete sotto gli occhi di coloro che sono caduti che niente servirà tanto alla loro salvezza eterna, niente alla loro vera gloria, niente alla gioia dell’intera Chiesa, niente sarà così gradito quanto questo sacrificio di obbedienza, al quale li invitiamo, li preghiamo, li scongiuriamo per le viscere del nostro Dio e per l’avvento del Signore Nostro Gesù Cristo. Facendo queste cose, continuerete ad essere quel che già siete, cioè "buoni ministri di Gesù Cristo, cresciuti nelle parole della Fede e della corretta dottrina che avete sempre seguito".

30. Voi pure, diletti Figli Canonici di rispettabili Capitoli, Parroci, Sacerdoti, altri ministri del clero francese, infine, Fedeli tutti abitanti nel Regno francese, che vi siete distinti dagli altri per la costanza e l’impegno religioso, unite le vostre preghiere alle Nostre ed a quelle dei vostri Pastori, ed implorate nella cenere, nell’orazione, nel digiuno, "Perdona, o Dio, il Tuo popolo". Poiché Dio è buono e misericordioso, quando vedrà il pianto dei Sacerdoti e dei cittadini, di certo sarà compassionevole ed avrà pietà. Perciò sopportate con pazienza gli infortuni che vi sono capitati e che forse ancora vi accadranno, "fintanto che la destra di Dio onnipotente distruggerà tutte le armi del demonio, al quale perciò si permette di tentare arditamente qualcosa, perché poi sia sconfitto con maggior gloria dei fedeli di Cristo; poiché dove la verità è maestra non vengono mai meno, fratelli carissimi, i conforti divini".

31. Soprattutto vi raccomandiamo e v’ingiungiamo di mantenervi sempre strettamente a contatto con i vostri Pastori, affinché non comunichiate in alcun modo, e men che meno nelle cose divine, con gli intrusi ed i refrattari, con qualunque nome vengano chiamati; allo stesso modo guardatevi dallo scellerato opuscolo di cui si diceva prima, il capzioso "Accord des vrais principes", dalle lettere pastorali e "nunciatorie" e da qualunque genere di scritto diffuso od in via di diffusione da parte di coloro che, mentre difendono la Costituzione civile del clero, in realtà danno vigore allo scisma. Allo stesso modo che nelle Nostre precedenti lettere già avevamo contestato e condannato tale Costituzione, così ancora con questa Lettera riproviamo, rigettiamo e condanniamo la predetta opera, le lettere pastorali e "nunciatorie" e tutti gli altri scritti, sulla base del supremo ufficio Apostolico del quale siamo rivestiti.

32. Nell’immensità della Sua benevolenza, Dio voglia dar forza alle Nostre cure pastorali, affinché coloro che fra voi sono rimasti fedeli si rafforzino, e coloro che sono caduti si rialzino. Questo chiediamo a Dio, implorandolo ed inginocchiandoci – per usare le parole dell’apostolo Paolo agli Efesini – davanti al Padre Signore nostro Gesù Cristo "affinché vi conceda di fortificarvi nella virtù secondo le ricchezze della sua gloria, per mezzo del suo spirito che scende nel cuore dell’uomo, e di fare abitare Gesù Cristo nei vostri cuori, radicati e consolidati nella carità". Come pegno di questi doni celesti, diletti Figli, Venerabili Fratelli e diletti Figli, Noi vi impartiamo dal più profondo del cuore, paternamente e con amore, la Benedizione Apostolica.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 19 marzo 1792, anno diciottesimo del Nostro Pontificato.


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