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Pio VI
In gravissimis


Roma, 19 marzo 1792

1. Nelle gravissime e molteplici preoccupazioni che dobbiamo continuamente sostenere, per quella sollecitudine a favore di tutte le Chiese che Ci è stata affidata dal supremo Principe dei Pastori, Gesù Cristo, in questi tempi pericolosi, nei quali molti, anzi troppi, figurano nel numero di coloro di cui parla profeticamente l’Apostolo, di coloro cioè che "non sopportano più la sana dottrina e si circondano di maestri che corrispondano ai loro desideri, rifiutando di dare ascolto alla verità", Noi non troviamo maggiore e più dolce conforto che comunicare con i Nostri Fratelli Vescovi che, chiamati a far parte della Nostra stessa sollecitudine, si dedicano con animo alacre e coraggioso ad eseguire i doveri del loro ufficio e a provvedere alla salvezza del gregge loro affidato con grande diligenza e nel migliore modo possibile.

2. Abbiamo provato recentemente una grande consolazione quando abbiamo letto e riletto la lettera piena di zelo che Ci avete inviato il 16 dicembre dello scorso anno voi che vi trovate a Parigi, e quella che Ci hanno scritto l’8 gennaio del corrente anno i vostri Fratelli Vescovi che risiedono a Roma. Da queste lettere abbiamo appreso che Ci chiedevate di investire con un indulto generale tutti i singoli Vescovi del Regno di Francia e gli amministratori delle Diocesi (per il tempo in cui sono vacanti le Sedi Episcopali) di alcune più ampie facoltà, onde possano pascere e governare più facilmente il gregge affidato.

3. Non abbiamo trovato alcuna difficoltà a riconoscere quanto giusta fosse questa richiesta, così corrispondente alla malvagità dei nostri tempi e così degna dei sacri Presuli che riconoscono i doveri del loro ufficio e intendono compierli con tutte le loro forze.

Alla fine delle lettere di cui abbiamo parlato, essi testimoniano l’ossequio che le Chiese Gallicane professano verso l’autorità della Sede Apostolica mediante alcune dichiarazioni, due delle quali vogliamo riportare.

La prima dichiarazione è: "Non si deve esercitare nessuna facoltà proveniente dalla Santa Sede o in proprio o da usare attraverso delegati subalterni senza una previa dichiarazione da iscriversi nello stesso corpo dell’atto, cioè che si proceda in virtù del potere delegato dalla Sede Apostolica, annotando anche la data della concessione".

La seconda dichiarazione è: "Si osserveranno rigorosamente i decreti e le disposizioni dei Sommi Pontefici, dei Concilii, nonché le consuetudini della Chiesa di Roma verso la Chiesa Gallicana nel concedere dispense, nell’assolvere da censure e in tutti gli altri atti compiuti in forza di indulti".

4. Pertanto su consiglio di una speciale Congregazione di Venerabili Nostri Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa tenuta in Nostra presenza il 19 gennaio scorso, concediamo alle vostre Fraternità e a voi diletti Figli amministratori delle Diocesi, per mezzo della presente lettera, per il tempo e nel modo precisati nel presente indulto, le facoltà qui descritte e delle quali devono valersi alcune Sedi Episcopali più di altre.

5. Pertanto confortatevi, Venerabili Fratelli nel Signore, e per la potenza del suo braccio, indossando l’armatura di Dio contro i dominatori di questo mondo di tenebre, combattete come già avete fatto, quali valorosi militi di Cristo. Più che mai in tempo di tribolazione è necessario che i sacri Presuli mostrino quella solida virtù cristiana e quella sacerdotale costanza della quale devono essere dotati, secondo le parole dell’Apostolo, "al fine di essere in grado di esortare i potenti nella sana dottrina e di richiamare coloro che la combattono".

Vi assicuriamo pertanto, sempre, ogni miglior difesa da parte della Nostra autorità pontificia, e la testimonianza della Nostra paterna benevolenza. Come pegno di entrambe impartiamo a voi, diletti Figli, Venerabili Fratelli, con tanto affetto la Benedizione Apostolica.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 19 marzo 1792, anno diciottesimo del Nostro Pontificato.

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FACOLTÀ CONCESSE DALLA SEDE APOSTOLICA

Ai singoli Arcivescovi e Vescovi e Amministratori delle Diocesi del Regno di Francia, che hanno comunione e grazia con la Sede Apostolica.

6. I. Facoltà di assolvere da tutti i casi in qualsiasi modo riservati alla Santa Sede, e particolarmente di assolvere da tutte le censure ecclesiastiche qualsiasi laico ed ecclesiastico, sia secolare, sia regolare, di ambedue i sessi; e anche coloro che aderirono allo scisma e prestarono giuramento civile e perseverarono in esso oltre i quaranta giorni stabiliti nella lettera apostolica del 13 aprile dello scorso anno per la sospensione a divinis, purché tuttavia abbiano ritrattato pubblicamente e palesemente tale giuramento, e abbiano riparato nel miglior modo possibile allo scandalo dato ai fedeli.

7. II. Facoltà di dispensare coloro che, già iniziati allo stato ecclesiastico, devono essere promossi agli Ordini minori o anche agli Ordini sacri, dalle irregolarità contratte in qualsiasi modo; anche da quella che hanno contratto i violatori della sospensione latae sententiae comminata con la stessa lettera del 13 aprile, purché essi, prima di essere dispensati, ritrattino il giuramento civile, prestato in modo puro e semplice, con una ritrattazione pubblica e palese. Si eccettuano tuttavia quelle irregolarità che provengono da bigamia accertata o da omicidio volontario: ma anche in questi due casi si concede la facoltà di dispensare se ci fu una precisa necessità o costrizione di lavoratori buoni e probi, purché, riguardo all’omicidio volontario, non sorga scandalo da una tale dispensa.

8. III. Facoltà di dispensare e commutare anche i voti semplici di castità, per una causa ragionevole, in altre pie opere; e questo per quelle Congregazioni di uomini e donne che sono stretti da questi vincoli, ma non dal voto (solenne e perpetuo) di religione.

9. IV. Facoltà di dispensare nei matrimoni già contratti o da celebrare sull’impedimento di pubblica onestà derivante da legittimi sponsali.

Di dispensare sull’impedimentum criminis se nessuno dei due coniugi ha collaborato, e di restituire il diritto di risarcimento del debito perduto in conseguenza dell’impedimento.

Di dispensare negli impedimenti di cognazione spirituale fuorché tra il padrino e il figlioccio.

Di dispensare nel terzo e quarto grado di consanguineità e di affinità semplice e anche mista, tanto nei matrimoni già contratti quanto in quelli da contrarsi, e non solo tra i poveri, ma anche tra i ricchi.

Di dispensare anche nel secondo grado di consanguineità semplice e mista, purché in nessun modo si tocchi il primo grado, sia nei matrimoni già contratti, sia in quelli da contrarsi, e non solo tra i poveri, ma anche tra i ricchi.

Tutte queste dispense matrimoniali non devono essere concesse se non con la clausola: "Purché la donna non sia stata rapita, e, qualora fosse stata rapita, finché resta in potere del suo rapitore".

Inoltre gli Arcivescovi, i Vescovi e anche gli Amministratori delle Diocesi (onerata con somma gravità la loro coscienza) sono tenuti a trascrivere tutte e singole le dispense matrimoniali concesse o da concedersi in un registro autenticato, che deve essere conservato presso di loro accuratamente e occultamente, con i nomi di tutti coloro che hanno ottenuto la dispensa.

10. V. La facoltà di dispensare, in caso di minore età, di tre mesi per ricevere gli Ordini sacri, salvi gli indulti di dispensare di tredici mesi, in caso di minore età, già concessi dalla Sede Apostolica ad alcuni Vescovi e Amministratori di Diocesi.

11. VI. La facoltà di conferire gli Ordini al di fuori dei tempi stabiliti in caso di utilità o di necessità, se si tratta di Vescovi; e di dispensare a favore di chi deve ricevere gli Ordini fuori dei tempi stabiliti, se si tratta di Amministratori delle Diocesi vacanti.

12. VII. Facoltà di disporre dei benefici parrocchiali e di altri titoli ecclesiastici ai quali è connessa la cura d’anime, in favore di sacerdoti secolari oppure di regolari, di qualsiasi Istituto, senza tener conto della secolarità o della appartenenza religiosa di tali titoli, in mancanza di sacerdoti secolari ai quali conferire i predetti benefici secolari, o in mancanza di sacerdoti religiosi ai quali conferire i benefici degli Ordini religiosi. Si concede pure facoltà di conferire questi benefici, nonostante la regola dei mesi e l’usanza di alternare, per quelle Diocesi nelle quali si osservano la predetta regola dei mesi e l’usanza di alternare.

13. VIII. Facoltà di concedere ai religiosi di qualsiasi Ordine o Congregazione la possibilità di passare in altro Istituto, anche se la regola vigente in quest’ultimo fosse meno austera di quella dell’Istituto nel quale fecero la loro prima professione.

14. IX. La facoltà di concedere ai religiosi regolari esenti e anche non esenti, di qualsiasi Ordine o Istituto, che furono costretti a vivere fuori del convento e a deporre l’abito religioso, di indossare abiti secolari, purché convenienti ad un ecclesiastico; e di continuare a vestire tali abiti sotto l’obbedienza del Vescovo, qualora manchino i relativi Superiori regolari oppure non siano in grado di esercitare qualsiasi giurisdizione sui loro sussidi, fermo sempre restando l’obbligo di osservare i voti solenni.

15. X. La facoltà di presiedere alle elezioni e di confermarle e di dare le obbedienze e di esercitare tutti gli uffici dei superiori immediati nelle case delle fanciulle soggette alla direzione di religiosi, ogni qualvolta questi siano assenti o impediti o negligenti nell’esercizio del loro ufficio. I Vescovi possono procedere come delegati della Sede Apostolica, salvo tuttavia i diritti notoriamente esistenti per qualsiasi titolo nei confronti delle stesse case e delle persone, a norma di speciali clausole canoniche. Parimenti ai medesimi, come delegati della Sede Apostolica, è data facoltà di concedere ai religiosi di ambedue i sessi, anche esenti, sia a tutti collettivamente, sia in particolare ai singoli, la dispensa dall’osservare quella parte di regole e costituzioni che nella presente situazione non può essere osservata senza grave pregiudizio.

16. XI. Facoltà di impartire l’indulgenza plenaria in articulo mortis nella forma prescritta dal Sommo Pontefice Pio VI nella sua costituzione del 7 aprile 1747.

17. XII. Facoltà di rinnovare e prorogare le indulgenze concesse ad tempus dai Sommi Pontefici alle case religiose e alle congregazioni, secondo che sarà richiesto dalle necessità dei tempi e delle circostanze. Inoltre, la facoltà di trasferire tutte le indulgenze (concesse e assegnate per qualsiasi titolo alle Chiese cattedrali o parrocchiali che sono state invase e occupate da pseudo-pastori) a quelle Chiese nelle quali i cattolici possono convenire per celebrare i divini misteri.

18. XIII. Facoltà di estendere e comunicare tali facoltà – eccetto quelle che richiedono l’Ordine episcopale – in toto o in parte, come la loro coscienza avrà suggerito, anche ai sacerdoti idonei, sia per tutti i luoghi, sia per alcuni delle loro Diocesi, per il tempo che riterranno più opportuno, come meglio giudicheranno in Domino; non solo, ma anche facoltà di revocare tali concessioni e anche di moderarne l’uso, sia in relazione al luogo, sia al tempo di esercitarle.

19. XIV. Concediamo il potere di subdelegare ai singoli presbiteri quelle facoltà che non richiedono la consacrazione episcopale e che furono concesse agli Arcivescovi e ai Vescovi di Francia in forza dell’indulto generale del 10 maggio dello scorso anno. Agli Arcivescovi e Vescovi di Parigi e di Lione, e ai Vescovi delle Diocesi più antiche di ogni provincia del regno di Francia, concediamo il potere di subdelegare anche quelle facoltà che in forza delle risoluzioni del 18 agosto furono concesse loro in modo speciale in data 26 settembre dello scorso anno. Queste facoltà vengono prorogate per tutto il tempo di questo indulto.

20. Tutte le predette facoltà vengono concesse per un anno, cominciando da questo giorno, se così a lungo durerà la calamità di questi tempi. Vengono concesse pertanto a condizione che per nessuna ragione si possa usarne fuori delle Diocesi di competenza e neppure nei luoghi non soggetti al Re cristianissimo.

Infine, vengono concesse sotto la precisa condizione che gli Arcivescovi, i Vescovi e gli Amministratori delle Diocesi, nell’esercizio di tali facoltà, espressamente dichiarino che le stesse vengono concesse da loro come delegati dalla Sede Apostolica; tale dichiarazione deve essere inserita nel corpo stesso dell’Atto.


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