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Leone XIII
Pergrata nobis


Ci è giunta molto gradita la vostra lettera comune, che abbiamo ricevuta il mese scorso e che testimoniava soprattutto che Voi e i vostri concittadini avete appreso con piacere dei recentissimi accordi stabiliti tra la Sede Apostolica e il regno del Portogallo, e che vi siete rallegrati di essi come di cosa ben fatta e che gioverà non poco in futuro al bene generale.

In sostanza, come avete compreso, per Noi in tutto questo affare il proposito fu di conservare alla dignità dell’impero quelle cose che i Pontefici Romani avevano destinato ai vostri sovrani, meritevoli del titolo di cattolici, e che allo stesso tempo si provvedesse a una migliore organizzazione e a vantaggio della cristianità degli Indi. Certamente sembra che questo proposito in parte sia stato raggiunto; confidiamo di conseguire l’altra parte con la grazia e la benevolenza di Dio.

Perciò chi ha a cuore l’auspicato esito di cui parliamo può scorgerlo nell’avvenire, non solo augurarlo; può nutrire la speranza certa che il nome cristiano nel vostro Portogallo continuerà a prosperare per il bene di tutti, e conseguirà ogni giorno maggiori sviluppi.

Affinché il risultato risponda in pieno a questa speranza, Noi certamente per primi – Dio si mostri benigno! – Ci adopreremo. Senza dubbio troveremo moltissimo aiuto nella vostra saggezza e nella sollecitudine episcopale, nello zelo e nella virtù del Clero, nella volontà del popolo del Portogallo. Anzi, in una causa tanto nobile e fruttuosa non mancherà il contributo degli uomini che governano lo Stato; riguardo ad essi, non dubitiamo che anche in futuro vorranno dimostrare la loro saggezza e la loro equità, come recentemente hanno dimostrato, tanto più che la cura della fede cattolica e la consuetudine di essere benemeriti della Chiesa non sono insolite o recenti presso i Portoghesi, ma antichissime e in onore da lungo tempo.

Infatti, nonostante il Portogallo sia posto quasi all’estremità della penisola Iberica, e sia delimitato da confini assai ristretti, tuttavia i vostri sovrani – merito che non è piccolo – estesero i confini dell’impero in Africa, in Asia, in Oceania, in modo che il Portogallo non fosse inferiore a nessuna delle potenze maggiori, e anzi ne superasse molte.

Ma dove si deve pensare che abbiano cercato di procurarsi la virtù adatta alla grandezza di queste imprese? Certamente, se si vuole ben giudicare, dall’amore e dal sentimento religioso. Infatti in quelle difficili e pericolose spedizioni verso popolazioni sconosciute e barbare, risulta che essi erano prevalentemente orientati a servire Cristo Signore prima che l’utilità personale o la gloria; più desiderosi di diffondere il nome di Cristo che di estendere il proprio potere. Insieme con la chiara immagine delle ferite di Gesù Cristo – che era il vessillo popolare della nazione – i vostri antenati, devoti e allo stesso tempo fiduciosi, in battaglia erano soliti porre sulle triremi la sacrosanta Croce, in modo che sembrava avessero ottenuto le splendenti vittorie, di cui è rimasta la gloria, non tanto con la forza delle armi, quanto in virtù della stessa Croce.

Questo sentimento religioso risplendette massimamente quando i sovrani del Portogallo si adoperavano di far arrivare, scegliendoli anche fra popolazioni straniere, uomini apostolici che seguissero le orme di Francesco Saverio: uomini insigniti non una sola volta, dai Pontefici Romani, dell’autorità di Nunzi Apostolici. Questa gloria dei vostri antenati fu del tutto speciale né mai perirà, per il fatto che essi hanno portato la luce della fede cristiana tra popolazioni remotissime, tanto che per questa singolare prestazione si sono resi sommamente benemeriti della Sede Apostolica.

Né mai i Nostri Predecessori smisero di manifestare la loro gratitudine al vostro popolo; di ciò sono chiarissima prova i particolari onori conferiti ai sovrani.

Per quanto riguarda Noi, ogni volta in cui consideriamo le grandi cose compiute da un popolo non tanto grande, l’animo è molto lieto di proporre i Portoghesi quale esempio della forza della religione e della devozione; allo stesso tempo la Nostra benevolenza è animata più intensamente da sentimenti di ammirazione.

È proprio così: come Ci sembra provato recentemente con il Nostro paterno amore verso di voi allorché, nel dirimere la questione relativa alle Indie Orientali, proprio Noi, per quanto la natura del Nostro ministero lo permetteva, Ci siamo comportati generosamente e benignamente con il Portogallo. E dal momento che è giusto ricevere e rendere reciprocamente prove di buona volontà, Noi Ci attendiamo moltissimo dall’impegno e dalla condiscendenza dei reggitori dello Stato. Certamente confidiamo che in futuro non solo rivolgeranno una grandissima cura verso le cose che sono state pattuite, ma di buon grado indirizzeranno il loro sforzo, parimenti insieme a Noi e a voi, per riparare quei mali che la Chiesa ha patito costà.

Queste cose, in verità, non sono di poco conto, soprattutto se si osserva la condizione del vostro Clero e degli Ordini religiosi. La rovina di questi si riversa non solo sulla Chiesa, ma sulla stessa popolazione, la quale sente che le vengono sottratti collaboratori avveduti e operosi, l’opera dei quali nel formare i costumi del popolo, nell’educare la gioventù, nel creare anche nelle stesse colonie istituti ispirati ai principi cristiani, avrebbe potuto essere di non modesta utilità, soprattutto oggi che scorgiamo nell’Africa più interna un campo così ampiamente aperto alle sacre missioni.

Se poi consideriamo le origini stesse dei mali, riteniamo che il desiderio sfrenato di immoralità, che così grandemente s’impose nel secolo passato, non sia stato né l’unica, né la causa principale. Certamente esso pervase anche gli animi dei vostri, come il contagio di una malattia, e nella sua diffusione determinò molte disgrazie. Nondimeno sembra che non si allontanino molto dal vero coloro che pensano che un danno maggiore sia stato recato dalle fazioni dei partiti politici, dalle discordie interne, dalle agitazioni delle rivolte popolari. In realtà nessuna forza ha potuto spegnere, nessun intrigo ha potuto far vacillare il sentimento religioso e l’antica fede dei Portoghesi nei confronti del Pontificato romano. Anche negli stessi sconvolgimenti pubblici, l’opinione del popolo fu sempre che il patto e la concordia dello Stato con la Chiesa fossero il supremo principio secondo il quale si devono governare le società cristiane. Per questo motivo il sacro vincolo dell’unità religiosa non solo è rimasto intatto, ma ha rappresentato, insieme all’autorità e al potere delle leggi, il fondamento della costituzione politica. Queste cose, così gradite e piacevoli a ricordarsi, mostrano che la condizione del Cattolicesimo, adottati i rimedi adatti, senza difficoltà può diventare di gran lunga migliore. Esistono infatti i buoni semi; se questi si svilupperanno nella fermezza degli animi e nella concordia delle intenzioni, produrranno l’abbondanza dei frutti desiderati.

In verità coloro che governano con il potere – e la loro opera è tanto necessaria per riparare i mali della Chiesa – facilmente capiranno che, come il nome del popolo portoghese è giunto ad una tale altezza di gloria per la virtù e il beneficio della religione cattolica, così esiste una sola via per cancellare le cause dei mali, se la cosa pubblica sarà amministrata invariabilmente secondo i principi e l’ispirazione della religione stessa. Conseguentemente il governo dello Stato sarà in armonia con la natura, i costumi e la volontà del popolo. Infatti la professione cattolica costituisce la religione pubblica e legittima del regno del Portogallo; per questo è del tutto naturale che essa sia stata salvaguardata con la tutela delle leggi e con l’autorità dei magistrati, e ufficialmente dotata di tutte le difese per la sua integrità, stabilità e dignità.

Nello stesso modo, sia la libertà sia l’azione propria appartengono legittimamente all’autorità politica e a quella ecclesiastica; tutti siamo persuasi di ciò che la stessa esperienza conferma con prove di ogni giorno, cioè che la Chiesa è tanto lontana dall’opporsi con odiosa rivalità al potere civile, che procura a questo moltissimi e grandissimi aiuti per il bene dei cittadini e la quiete pubblica.

D’altra parte, coloro che sono influenti in quanto investiti di sacra autorità, devono fare in modo – qualsiasi cosa facciano in veste ufficiale – che i governanti della popolazione possano e debbano fidarsi completamente di loro e non pensino che sia stata forse trascurata da loro qualsiasi occasione di difendere quelle leggi che alla Chiesa non importa siano difese. La contesa delle parti politiche offre per lo più motivo di sospetto e di diffidenza: e questo voi avete sufficientemente conosciuto per diretta esperienza. Senza dubbio è primo e supremo dovere dei cattolici, ed espressamente del Clero, non riverire mai, né riconoscere col pensiero ciò che sia lontano dall’obbedienza e dalla fede nella Chiesa, o sia incompatibile con la conservazione dei suoi diritti. Quantunque poi sia lecito a ciascuno difendere onestamente e legittimamente la propria opinione sulle cose meramente politiche, purché non si opponga alla religione e alla giustizia, tuttavia voi vedete, Venerabili Fratelli, quanto sia rovinoso l’errore di coloro – se pur ve ne sono – che non distinguono sufficientemente la cosa sacra da quella civile, e utilizzano la religione a difesa delle parti politiche.

Pertanto, usando la prudenza e la moderazione, non solo non si darà alcun luogo ai sospetti, ma ancor più saldamente si affermerà quell’accordo dei cattolici da Noi così vivamente desiderato. Se nel passato fu assai difficile conseguire ciò, il motivo è dovuto al fatto che molti, forse saldamente legati alle proprie opinioni più di quanto fosse conveniente, mai e per nessun motivo ritennero di allontanarsi dall’interesse delle loro parti. Certamente, questi interessi, benché entro certi limiti non si possano disapprovare, tuttavia impediscono grandemente il conseguimento di quella più alta e desideratissima concordia.

Conseguentemente sarà vostro compito, Venerabili Fratelli, indirizzare su tale terreno tutta la forza della vostra operosità e della vostra sollecitudine affinché, accortamente tenuto lontano tutto ciò che sembra essere d’ostacolo, possiate realizzare l’unione salutare degli animi. E questo avverrà più agevolmente, secondo i desideri, se in un’impresa di così grande valore, procederete non separatamente, ma unendo gli sforzi.

Da principio, perciò, sembrano opportune la comunicazione e la partecipazione tra voi delle decisioni, affinché esista uno stesso modo nell’agire. Invero, quale scelta delle decisioni si debba fare, che cosa giovi in modo più adatto al proposito, non lo scoprirete faticosamente se terrete presente – davanti agli occhi – come regola, quanto ripetutamente è stato dichiarato e prescritto dalla Sede Apostolica riguardo a questioni di questo genere, soprattutto poi la Nostra lettera Enciclica sulla organizzazione cristiana dello Stato.

Tuttavia non Ci occuperemo ad una ad una di tutte le cose che richiedono un rimedio adatto, specialmente perché sono più conosciute a voi, Venerabili Fratelli, a voi che la forza dei disagi angustia più da vicino e più degli altri. Analogamente non elencheremo quelle cose che richiedono un intervento tempestivo del potere civile, affinché si provveda, nel modo che è giusto, agl’interessi cattolici. Infatti, non potendo dubitare del Nostro animo paterno, né del vostro rispetto delle leggi civili, è lecito sperare che i governanti valuteranno con equanime criterio l’inclinazione della Nostra e parimenti della vostra volontà, e cercheranno di restituire la Chiesa, afflitta per molti motivi, al giusto grado di libertà e di dignità. Per parte Nostra, come è proprio delle Nostre funzioni, saremo sempre prontissimi a trattare e a decidere di comune accordo ciò che sembra più opportuno per gli affari ecclesiastici e ad accettare volentieri condizioni oneste ed eque.

D’altra parte ci sono certe cose, anche di non scarsa importanza, alle quali espressamente deve provvedere la vostra operosità, Venerabili Fratelli. Fra queste, in primo luogo, lo scarso numero di sacerdoti, determinato soprattutto dal fatto che in moltissimi luoghi, né per breve tempo, sono mancati gli stessi Seminari per la formazione dei chierici. Per questo motivo spesso si è provveduto a stento e con fatica all’educazione del popolo cristiano, o all’amministrazione dei sacramenti. Ora invero, poiché per grazia della Divina Provvidenza in ogni Diocesi ci sono i Seminari per il Clero, e dove ancora non sono stati ricostruiti, tra breve, come speriamo e desideriamo, lo saranno, è ragionevole ritenere che tutto sia pronto per ricostituire la disponibilità dei sacerdoti, posto che la preparazione dei seminaristi è stata opportunamente disciplinata come si deve. Pertanto confidiamo nella vostra prudenza e nella vostra saggezza, a Noi ben note. Tuttavia, affinché non vi manchi un Nostro consiglio in questa materia, riflettete su quanto abbiamo scritto recentemente ai Venerabili Confratelli Vescovi d’Ungheria per una simile situazione.

"Per formare un chierico sono assolutamente necessarie due cose: la dottrina per la cultura della mente, e la virtù per la perfezione dell’anima. Alle discipline umanistiche sulle quali è solitamente basata l’educazione dell’adolescente, vanno aggiunte le discipline sacre e quelle canoniche, dopo essersi assicurati che la dottrina di tali materie sia sana, assolutamente incorrotta, intieramente in accordo con i documenti della Chiesa (soprattutto di questi tempi) e ricca di forza e di argomenti, affinché sia in grado di esortare... e confutare coloro che contraddicono".

"La santità della vita, senza la quale la scienza è solo vento e non costruisce, racchiude non soltanto i costumi probi ed onesti, ma anche l’insieme delle virtù sacerdotali donde deriva la somiglianza con Gesù Cristo, sommo ed eterno sacerdote, che è la caratteristica dei buoni preti... (Nei Seminari) le vostre preoccupazioni e i vostri pensieri siano concentrati soprattutto su questi obiettivi; procurate che all’insegnamento delle lettere e delle scienze siano posti uomini di valore, nei quali l’esattezza della dottrina sia unita all’innocenza dei costumi, affinché a buon diritto possiate fidarvi di loro in un settore così importante. Scegliete i responsabili della cultura e i maestri di religiosità fra coloro che eccellono per prudenza, saggezza ed esperienza; la regola della vita comune venga temperata dalla vostra autorità in modo che gli alunni non solo non compiano qualcosa di contrario alla pietà, ma anzi abbondino di tutti quegli strumenti con i quali si alimenta la fede: con opportuni esercizi siano stimolati al quotidiano miglioramento delle virtù sacerdotali".

Inoltre, per la verità, la vostra sollecitudine deve essere massima e particolare verso i sacerdoti: quanto più si riduce il numero degli operai, tanto più prontamente si dedichino a coltivare la vigna del Signore. Queste parole del Vangelo "certamente la messe è molta" sembrano potersi applicare appieno a voi, perché sempre le popolazioni del Portogallo sono state solite amare molto la religione e l’hanno sostenuta volentieri e ardentemente quando hanno riconosciuto che nei sacerdoti, loro maestri, erano presenti gli ornamenti delle virtù e il pregio della dottrina. Pertanto l’opera del Clero, dedicata degnamente e con amore nell’istruire il popolo, soprattutto i giovani, sarà meravigliosa. Ma per ispirare e alimentare negli uomini l’amore per la virtù, è provato che sono efficaci soprattutto gli esempi. Perciò tutti coloro ai quali sono affidati incarichi sacerdotali s’impegnino non solo a che non si trovi in essi qualcosa contrario al loro ufficio e al loro ministero, ma si sforzino di risplendere per santità di costumi e di vita, come "la lucerna sopra il candelabro, perché faccia luce a tutti coloro che sono nella casa".

Infine il terzo punto, al quale è necessario che le vostre cure siano rivolte con assiduità, riguarda quelle cose che ogni giorno o in momenti determinati sono destinate alla pubblicazione. Voi conoscete i tempi, Venerabili Fratelli: da una parte gli uomini sono presi da un insaziabile desiderio di leggere; dall’altra si diffonde una grande quantità di scritti licenziosi; per questi motivi a malapena si può dire quale grande sventura penda ogni giorno sopra l’onestà dei costumi, quale grande guasto sull’integrità della religione. Pertanto, con l’esortazione, con l’ammonimento, perseverate, utilizzando ogni mezzo e ogni metodo di cui disponete, nel proposito di richiamare gli uomini da fonti corrotte di tal fatta e di accompagnarli a sorgenti salubri. Gioverà moltissimo se, a vostra cura e sotto la vostra guida, verranno pubblicati dei giornali che rimedino opportunamente ai veleni diffusi ovunque, sostenendo la verità, la virtù e la religione. Quanto a coloro che in un nobilissimo e santissimo proposito uniscono l’arte dello scrivere con l’amore e la devozione agl’interessi cattolici, se veramente vogliono che le loro fatiche siano fruttuose e sempre lodabili, ricordino costantemente che cosa si richiede a chi lotta per la causa migliore. Occorre cioè che nello scrivere usino con somma cura moderazione, prudenza e soprattutto la carità, che è madre e compagna di tutte le altre virtù. Invero vedete quanto sia contraria alla carità fraterna la leggerezza nel sospettare, la temerità nell’accusare. Da questo si comprende che agiranno erroneamente e ingiustamente coloro che, al fine di favorire una parte politica, non esitano ad attribuire ad altri una sospetta fede cattolica, unicamente perché sono dall’altra parte, come se l’onore della professione cattolica fosse necessariamente unito a questa o a quella parte politica.

Le cose che finora abbiamo raccomandato e prescritto, siano affidate alla vostra autorità, verso la quale certamente è necessario che abbiano rispetto e sottomissione tutti coloro ai quali siete preposti, soprattutto poi i sacerdoti che in tutta la loro vita, sia privata sia pubblica, sia che adempiano ad incarichi dell’ordine sacro, sia che insegnino nei Licei, non cessano mai di essere sottoposti all’autorità dei Vescovi. Gli stessi devono anche, con il loro esempio, richiamare gli altri a praticare ogni forma di virtù ed a prestare l’obbedienza e l’ossequio dovuti all’autorità episcopale.

Affinché poi tutto riesca felicemente come desiderato, invochiamo con insistenza l’aiuto celeste; anzitutto supplichiamo la perenne fonte di divina grazia, il Cuore santissimo del Salvatore nostro Gesù Cristo, il culto del quale presso di voi è vivamente praticato da molto tempo. Imploriamo i patrocinii dell’Immacolata Maria, Madre di Dio, della cui particolare tutela il regno del Portogallo si onora, nonché della santa di tutte le regine, la vostra Elisabetta, e dei santi martiri, che fin dai primi tempi della Chiesa, versando il sangue, hanno dato vita e alimentato il Cristianesimo in Portogallo.

Intanto, a testimonianza della Nostra benevolenza e come pegno dei doni celesti, impartiamo molto amorevolmente nel Signore la Benedizione Apostolica a Voi, al Clero e a tutto il vostro popolo.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 14 settembre 1886, anno nono del Nostro Pontificato.


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