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Leone XIII
Ex supremo apostolatus


4 marzo 1878

Dal culmine supremo dell’Apostolato, al quale non per alcuna considerazione dei Nostri meriti ma soltanto per disposizione della divina Bontà siamo stati recentemente elevati, i Romani Pontefici Nostri Predecessori non cessarono mai di vegliare, come dal vertice di un monte, su tutte le parti del Campo del Signore, per discernere che cosa convenisse meglio, nel volgere degli anni, alla condizione, al decoro ed alla stabilità di tutte le Chiese. Perciò, in relazione a quanto venne loro dato dal divino aiuto, furono anzitutto solleciti sia di erigere in ogni parte della terra nuove Sedi episcopali, sia di richiamare a nuova vita quelle che per ingiuria dei tempi erano perite. Dato che i Vescovi sono stabiliti dallo Spirito Santo per reggere la Chiesa di Dio, quando in qualche regione le condizioni della santissima religione sono tali che ivi si possa costituire o ricostituire l’ordinario regime vescovile, conviene conferire subito ad essa quei benefìci che promanano dalla natura medesima di questa divina istituzione. Per la qual cosa il Nostro Predecessore di santa memoria Pio IX, che da pochi giorni con universale rimpianto e dolore ci è stato rapito, fin dal principio del suo Pontificato, avendo rilevato che le Missioni nel nobilissimo e fiorentissimo regno d’Inghilterra avevano talmente progredito da potervisi ristabilire la forma del regime ecclesiastico in quello stesso modo che esiste presso le altre nazioni cattoliche, si affrettò a restituire agli Inglesi i loro Vescovi Ordinari, con Lettera Apostolica del 1° ottobre dell’anno dell'Incarnazione del Signore 1850, che incomincia Universalis Ecclesiae. E poiché non molto tempo dopo aveva scorto che le illustri regioni di Olanda e del Brabante potevano godere delle stesse salutari disposizioni, non tardò a ricostituire anche colà la Gerarchia vescovile, il che fece con altra Lettera Apostolica del 4 marzo dell’anno 1853 che incomincia Ex qua die. Che tali cose, per non parlare del ristabilito Patriarcato Gerosolimitano, siano state fatte con consiglio veramente provvido, appare dal fatto che, con l’aiuto della divina grazia l’evento corrispose intieramente alla aspettazione di questa Santa Sede; infatti a tutti è noto e chiaramente manifesto quanto vantaggio in ambedue le regioni abbia tratto la Chiesa cattolica dalla ricostituzione della Gerarchia episcopale.

Però l’animo del piissimo Pontefice era colpito dal fatto che la stessa sorte non potesse ancora essere comune alla Scozia. Il dolore del suo animo paterno era accresciuto dall’esser manifesto e provato quali fruttuosi progressi avesse fatto nel tempo in Iscozia la Chiesa Cattolica. Certamente chiunque, anche per poco conosca la storia ecclesiastica, sa bene che la luce del Vangelo risplendette presto agli Scozzesi. Infatti, pur passando sotto silenzio quanto reca la tradizione circa le antichissime Missioni apostoliche in quel Regno, si narra che sulla fine del secolo IV San Niniano (il quale, per testimonianza del venerabile Beda, era stato ammaestrato nella fede di Roma e nei misteri della verità), e nel secolo V San Palladio (diacono della Chiesa Romana), ambedue decorati della sacra infula, predicassero colà la fede di Cristo. Si narra pure che San Colombo abate, il quale approdò in quelle terre nel secolo VI, vi costruisse un monastero, dal quale ne nacquero parecchi altri. Sebbene manchino storici documenti sullo stato ecclesiastico della Scozia dalla metà del secolo VIII sino all’XI, tuttavia si ricorda che ivi esistevano parecchi Vescovi, sebbene alcuni di essi non avessero certa sede. Però, dopo che nell’anno 1057 Malcolmo III s’impadronì del supremo potere, per sua opera, e dietro l’esortazione della sua santa consorte Margherita, la religione cristiana, la quale aveva subìto danni rilevanti, sia per le scorrerie dei popoli stranieri, sia per le varie vicende politiche, incominciò ad essere ristabilita e dilatata; gli avanzi che rimangono ancora di sacri edifizi, monasteri ed altri monumenti religiosi rendono splendida testimonianza della pietà degli antichi Scozzesi. Ma, per venire più vicino a ciò che particolarmente si attiene al nostro argomento, consta che nel secolo decimoquinto le sedi episcopali erano già aumentate, tanto che se ne contavano tredici, vale a dire, quelle di Sant’Andrea, Glasgow, Dunkeld, Aberdeen, Moray, Lismore, Sodor, Orkeney, Brechin, Dunblan, Ross, Kaithness e Galloway, le quali erano immediatamente soggette a questa Sede Apostolica.

Risulta altresì – e di ciò gli Scozzesi menano meritatamente vanto – che i Romani Pontefici, prendendo sotto la loro speciale protezione il Regno di Scozia, avevano singolare affetto verso le Chiese sopra nominate; pertanto, mentre essi si ritenevano come metropolitani della Scozia, più volte decretarono che fossero conservati integri i privilegi e le immunità ad esse già accordate dalla Chiesa Romana, Madre e Maestra di tutte le Chiese; in modo che, come fu stabilito da Onorio III di sacra memoria, la Chiesa di Scozia, come figlia speciale, era direttamente soggetta all’Apostolica Sede. Essendo però stata la Scozia in precedenza priva di Metropolitano, Sisto IV, considerando i dispendi e i disagi a cui dovevano sottoporsi gli Scozzesi per recarsi alla Metropoli romana, con Lettera Apostolica del 17 agosto 1472 che incomincia Triumphans Pastor aeternus, eresse al grado di Metropolitana ed Arcivescovile di tutto il Regno, sottomettendo ad essa come suffraganee le altre Chiese, la sede di Sant’Andrea, la quale, e per l’antichità di origine e per venerazione verso l’Apostolo patrono del Regno, teneva incontrastabilmente il primato. E parimenti fu fatto nell’anno 1491 con la sede di Glasgow, la quale, disgiunta dalla provincia ecclesiastica di Sant’Andrea, fu elevata da Innocenzo VIII a dignità di Metropolitana, ed ebbe per sue suffraganee alcune delle sedi sopraddette.

Costituita in tal modo, la Chiesa scozzese fioriva quando, all’erompere dell’eresia nel secolo XVI, fu miseramente ridotta ad estrema rovina. Giammai però vennero meno agli Scozzesi la vigile cura, la sollecitudine e la provvidenza dei Sommi Pontefici, Nostri Predecessori, affinché perseverassero forti nella fede; come chiaramente si rileva da molti documenti. Infatti, guardando la tempesta devastatrice che largamente imperversava, mossi da pietà verso quel popolo, sia con ripetute spedizioni di Missionari delle varie famiglie regolari, sia con Apostoliche Legazioni e con l’invio di altri sussidi di simile genere, indefessamente si adoperarono di portare aiuto e soccorso alla caduta Religione. Per loro opera, in questa rocca del mondo cattolico, per giovani scelti dalla nazione scozzese, oltre l’Urbano, fu aperto uno speciale Collegio, nel quale potessero istruirsi nelle sacre discipline ed iniziarsi al sacerdozio, per poi esercitare nella loro patria il sacro ministero e recare aiuto spirituale ai loro compatrioti.

E poiché quella parte diletta del gregge del Signore era stata privata dei suoi Pastori, Gregorio XV, di santa memoria, appena gli fu possibile mandò in Inghilterra e in Iscozia Guglielmo, ordinato Vescovo di Calcedonia, fornito di ampie facoltà, anche di quelle che sono riservate agli Ordinari, affinché assumesse la cura pastorale di quelle pecore disperse, come si può vedere nella Lettera Apostolica del 23 marzo 1623, che incomincia Ecclesia Romana. La Lettera Inter gravissimas, data in forma di Breve da Urbano VIII il giorno 18 maggio dell’anno 1630, dimostra come egli concedesse una grande quantità di facoltà al Cardinale di Santa Romana Chiesa Francesco Barberini, protettore degli Inglesi e degli Scozzesi, affinché ristabilisse nell’uno e nell’altro Regno la fede ortodossa, e procurasse la loro salvezza. A questo fine è diretta anche l’altra Lettera dello stesso Pontefice, Multa sunt, indirizzata alla Regina di Francia il 12 febbraio 1633, per raccomandare alla sua benevolenza i cristiani e la Chiesa scozzese in preda allo squallore.

Però, a provvedere nel miglior modo possibile al governo spirituale degli Scozzesi, il Papa Innocenzo XII delegò suo Vicario apostolico Tommaso Nicholson, insignito nell’anno 1694 del titolo e del carattere episcopale di Peristachio, affidando alla sua cura tutto il Regno e le Isole adiacenti. Non molto dopo, non essendo più sufficiente un solo Vicario apostolico a coltivare quella vigna del Signore, Benedetto XIII ebbe cura di aggiungere un compagno al predetto Vescovo: ciò poté felicemente essere posto in atto nell’anno 1727. Così avvenne che l’intero Regno di Scozia fu diviso in due Vicariati apostolici, dei quali uno abbracciava la parte inferiore, l’altro la superiore.

Ma questa divisione, la quale era sembrata abbastanza idonea per governare i cattolici che in quel tempo esistevano e che crescevano ogni giorno di numero, non poteva essere più opportuna. Quindi questa Sede Apostolica s’avvide essere necessario istituire un nuovo presidio per sostenere e dilatare in Iscozia la religione con l’istituzione di un terzo Vicariato. È per ciò che Leone XII, di felice memoria, con Lettera Apostolica del 13 febbraio 1827 che comincia Quanta laetitia affecti simus, divise la Scozia in tre distretti, ossia Vicariati Apostolici, vale a dire orientale, occidentale, e settentrionale. Nessuno ignora quanti rigogliosi frutti, per lo zelo dei nuovi Pastori e per l’impegno della Nostra Congregazione di Propaganda Fide, ivi abbia raccolto la Chiesa Cattolica: dal che risulta abbastanza chiaro che questa Santa Sede, per quella sollecitudine che ha verso tutte le Chiese, non lasciò mai nulla d’intentato allo scopo di prestare alla Nazione scozzese conforto e ristoro dalle deplorevoli antiche calamità.

Ma per certo stava sommamente a cuore al Papa Pio IX di santa memoria di restituire all’antico decoro e alla forma primitiva la illustre Chiesa di Scozia, sull’esempio dei suoi Predecessori, i quali sembrava avessero voluto preparargli la via a questa impresa. Infatti, guardando per una parte lo stato generale della religione cattolica in Iscozia e la crescita quotidiana di fedeli, di sacri operai, di Chiese, di Missioni, di Case religiose, di altre simili istituzioni ed anche di aiuti temporali; e scorgendo d’altra parte che, per la libertà concessa ai cattolici dall’inclito Governo britannico, ogni giorno si andava rimovendo ciò che era stato di ostacolo alla ricostituzione dell’ordinario regime dei Santi Pastori presso gli Scozzesi, quel Pontefice facilmente si era persuaso che il ristabilimento della Gerarchia episcopale non era da differire ad altro tempo. Frattanto gli stessi Vicari apostolici e moltissime personalità, sia dei chierici che dei laici, ragguardevoli per nobiltà di lignaggio e per splendore di virtù, insistentemente supplicavano da Lui affinché non tardasse più a lungo a soddisfare in proposito i loro voti. Tali suppliche furono a Lui nuovamente rivolte quando i diletti figli di quelle regioni, di qualsiasi ceto, sotto la guida del Venerabile Fratello Giovanni Strain, Vescovo di Abila in partibus infidelium e Vicario apostolico del distretto orientale, vennero qua per congratularsi con Lui per il cinquantesimo anniversario della sua consacrazione episcopale. Stando così le cose, il prelodato Pontefice aveva affidato questo affare, come richiedeva la sua gravità, alla discussione dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa preposti alla Propagazione della Fede; e il loro parere sempre più lo aveva confermato nella decisione. Però, mentre egli gioiva di essere arrivato al compimento dell’opera lungamente ed ardentemente desiderata, fu chiamato dal giusto Giudice a ricevere la corona di giustizia.

Pertanto, ciò che il Nostro Predecessore, interrotto dalla morte, non poté condurre a termine, Iddio, copioso in misericordia e glorioso in tutte le sue opere, ha concesso a Noi, affinché con un fausto presagio incominciassimo il Supremo Pontificato che, in tanta calamità di tempi, accettammo trepidanti. Quindi, dopo avere approfondito la conoscenza di tutto questo affare, senza indugio decidemmo di dover mettere in esecuzione ciò che dal Papa Pio IX era stato stabilito. Innalzati dunque gli occhi al Padre dei lumi, ogni opera del quale è dono ottimo e perfetto, invocammo il presidio della divina grazia, implorando anche l’aiuto della Beata Vergine Maria Immacolata, del Beato Giuseppe suo Sposo e Patrono della Chiesa Universale, dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, di Sant’Andrea e di altri Santi, che gli Scozzesi venerano come protettori, affinché Ci aiutassero con le loro preghiere presso Dio a condurre a termine felicemente questa impresa. Premesse pertanto queste cose, motu proprio, di certa scienza e per l’Apostolica autorità di cui godiamo su tutta la Chiesa, a maggior gloria di Dio onnipotente e ad esaltazione della fede cattolica, stabiliamo e decretiamo che nel Regno di Scozia, secondo le prescrizioni delle leggi canoniche, riviva la Gerarchia dei Vescovi ordinari, i quali prenderanno titolo dalle sedi che con questa Nostra Costituzione erigiamo e costituiamo in provincia ecclesiastica.

Vogliamo pertanto che al presente si debbano erigere sei sedi e che fin da ora siano considerate erette: cioè di Sant’Andrea, col titolo aggiunto di Edimburgo, di Glasgow, di Aberdeen, di Dunkeld, di Withern e di Galloway, e di Argyll e Isles.

Considerando poi gl’illustri monumenti dell’antica chiesa di Sant’Andrea, avuto riguardo all’odierna città principale di quel Regno e ponderate altre ragioni, richiamando quasi dal sepolcro quella celebre sede, non possiamo astenerci dall’innalzarla o restituirla al grado di dignità metropolitana, ossia arcivescovile, col titolo aggiunto di Edimburgo, del quale in passato era stata decorata dal Nostro Predecessore di venerata memoria Sisto IV, e dall’assegnarle, come a tenore della presente Lettera le assegniamo, aggiungiamo e attribuiamo, come suffraganee, quattro fra le predette sedi, cioè quelle di Aberdeen, Dunkeld, Withern e Galloway, Argyll e Isles.

Per ciò poi che riguarda la sede di Glasgow, considerata l’antichità, l’ampiezza e la nobiltà di quella città, avendo presente in particolare il fiorentissimo stato della religione che si manifesta colà e le prerogative arcivescovili ad essa conferite da Innocenzo VIII, abbiamo reputato veramente conveniente attribuire al Sacro Pastore di essa il nome e le insegne di Arcivescovo, come a tenore della presente Lettera parimenti gli attribuiamo, fintanto che o da Noi o dai Nostri Successori non sia altrimenti stabilito, ma non il diritto proprio di vero Arcivescovo o Metropolitano. Vogliamo pure e ordiniamo che l’Arcivescovo di Glasgow, fino a che resterà senza suffraganei, intervenga insieme con gli altri al Sinodo provinciale di Scozia.

Nella suddetta sede arcivescovile o metropolitana di Sant’Andrea e di Edimburgo siano comprese le contee di Edimburgo, Linlithgow, Haddington, Berwick, Selkirk, Peebles, Roxburgh, la parte meridionale di Fife che giace a destra del fiume Eden, e la contea di Stirling, eccettuati i territori detti di Boldernork e Kilpatrick orientale.

Nell’archidiocesi di Glasgow si comprendano le contee di Lanark, Reufrew, Dunbarton, i territori di Boldernork e di Kilpatrick orientale posti nella contea di Stirling, la parte boreale della contea di Ayr, che il torrente Lugton confluente nel fiume Garnock separa dalla sua regione australe, e le isole Cumbrae maggiore e minore.

Nella diocesi di Aberdeen si contengano le contee di Aberdeen, Kincardine, Bauff, Elgin or Moray, Nairn, Ross (ad eccezione di Lewis nell’Hebrides), Cromarty, Sutberland, Caithness, le isole Orkney and Shetland e infine quella parte della contea di Inverness che è posta a settentrione della linea retta condotta dalla estremità settentrionale del lago Luing sino ai confini orientali della stessa contea d’Inverness, dove si incontrano le contee di Aberdeen e di Bauff.

Nella diocesi di Dunkeld siano comprese le contee di Perth, Forfar or Angus, Clackmannan, Kinross, e la parte settentrionale di Fife che è a sinistra del fiume Eden e quelle parti della contea di Stirling che giacciono disgiunte da esse e che rimangono in mezzo alle contee di Perth e di Clackmannan.

La diocesi di Withern o Galloway comprenda le contee di Dumfries, Kirkendbright, Wighton e quella parte di Ayr che a sinistra del torrente Lugton, confluente nel fiume Garnock, si estende a mezzogiorno.

Infine la diocesi d’Argyll ed Isles abbracci le contee di Argyll, le isole Bute e Arran, le Hebrides e la parte meridionale della contea d’Inverness, che secondo la linea retta su descritta si estende dal lago Luing sino ai confini orientali della stessa contea.

In tal modo, dunque, nel Regno di Scozia, oltre l’Arcivescovato d’onore di Glasgow, vi sarà un’unica provincia ecclesiastica, composta di un Arcivescovo o Metropolitano e di quattro Vescovi suffraganei.

Non dubitiamo che i nuovi Pastori, seguendo le orme dei loro Predecessori, i quali con la propria virtù illustrarono l’antica Chiesa di Scozia, porranno ogni studio affinché il nome della religione cattolica risplenda più fulgido nelle loro contrade e il vantaggio delle anime e l’aumento del culto divino siano nel miglior modo possibile promossi. Perciò dichiariamo fin d’ora riservato a Noi ed ai Nostri Successori in questa Sede Apostolica il dividere in altre – secondo che sarà d’uopo – le predette diocesi, accrescerne il numero, cambiarne i confini, e fare qualunque altra cosa che sembrerà nel Signore più opportuna alla propagazione della fede ortodossa.

Poiché riteniamo che tutto ciò recherà molto vantaggio alle stesse Chiese, vogliamo e comandiamo che i Pastori di esse non tralascino mai di trasmettere alla Nostra Congregazione di Propaganda Fide (la quale fino ad ora ebbe singolare e continua sollecitudine in quelle contrade), relazioni intorno allo stato delle sedi e delle greggi affidate alla loro cura; e Ci tengano al corrente, per mezzo della stessa Congregazione, di tutte quelle cose che per l’adempimento del loro ufficio pastorale e per l’incremento delle loro Chiese giudicheranno necessario ed utile segnalare. Si ricordino poi che alla fine di ogni quadriennio, come è sancito nella Costituzione della santa memoria di Sisto V del giorno 20 dicembre 1585, che incomincia Romanus Pontifex, sono tenuti ad esibire questa relazione come anche a visitare la Sede Apostolica. Parimenti, in tutte le altre cose che sono proprie dello stesso ufficio pastorale, gli Arcivescovi e i Vescovi sunnominati godano di tutti i diritti e di tutte le facoltà di cui gli altri Prelati cattolici delle altre nazioni, in forza dei sacri Canoni e delle Apostoliche Costituzioni, godono e possono e potranno godere; e siano sottoposti agli stessi obblighi, da cui per la stessa comune e generale disciplina della Chiesa cattolica sono legati gli altri Arcivescovi e Vescovi. Pertanto tutte le cose che finora abbiano avuto vigore, sia per antica regola della Chiesa di Scozia, sia per speciali Costituzioni nella susseguente condizione delle Missioni, sia per privilegi o consuetudini particolari, non producono da ora in poi, né diritto né obbligo. Ed a questo fine, perché in avvenire nessun dubbio su ciò possa sorgere, Noi nella pienezza dell’apostolica autorità, a quegli stessi speciali Statuti, revochiamo ordinamenti e privilegi di qualsiasi genere, e alle consuetudini invalse e vigenti da qualunque tempo, anche antichissimo ed immemorabile, togliamo ogni forza di produrre obbligo o diritto.

Quindi ai Pastori di Scozia spetterà interamente di stabilire quelle cose che attengono alla esecuzione del diritto comune, e che sono permesse all’autorità dei Vescovi dalla stessa generale disciplina della Chiesa. Siano certi che Noi, con la Nostra apostolica autorità, volentieri li assisteremo e recheremo loro il Nostro soccorso in tutte le cose che saranno ritenute opportune ad ampliare la gloria del Nome divino ed a fomentare il bene spirituale delle anime. Per dare un segno della Nostra propensa volontà verso la diletta figlia della Santa Sede, la Chiesa di Scozia, vogliamo e dichiariamo che gli stessi Pastori, quando saranno stati insigniti del nome e dei diritti di Vescovi ordinari, non dovranno menomamente essere privati di quei vantaggi e di quelle più ampie facoltà di cui col titolo di Vicari Nostri e della Sede Apostolica godevano in precedenza. Infatti non è bene che volga a loro detrimento ciò che da Noi è stato decretato per voto dei cattolici Scozzesi, a maggior vantaggio della religione presso di essi. E poiché la condizione della Scozia è tale che ai ministri di Cristo ed alle varie necessità di ciascuna Chiesa potrebbero essere insufficienti i congrui sussidi temporali, siamo confortati dalla certa speranza che gli stessi fedeli, Nostri Figli diletti, alle cui continue domande assecondammo di lieto animo nel restaurare la Gerarchia episcopale, continueranno a soccorrere più largamente i Pastori che ad essi preporremo, con le loro elemosine e le loro oblazioni, affinché essi possano provvedere alla edificazione delle sedi episcopali, allo splendore dei templi e del culto divino, al sostentamento del clero e dei poveri, ed alle altre necessità della Chiesa.

Ma già rivolgiamo le Nostre umilissime preci a Colui in cui piacque a Dio Padre, nella sistemazione della pienezza dei tempi, ordinare tutte le cose, affinché Egli, che incominciò la buona impresa, la compia, la confermi, la rafforzi, ed a tutti coloro ai quali spetta mettere in esecuzione le cose da Noi decretate, aggiunga lume e forza di grazia celeste, con cui la Gerarchia episcopale da Noi ristabilita nel Regno di Scozia riesca interamente a bene della religione cattolica. A tal fine inoltre poniamo come intercessori presso il Nostro Redentore Gesù Cristo la Santissima sua Madre, il Beato Giuseppe, suo padre putativo, i Beati Apostoli Pietro e Paolo, Sant’Andrea (che dalla Scozia è venerato con culto speciale), e gli altri Santi, particolarmente la Beata Margherita Regina di Scozia, decoro e presidio dello stesso Regno, affinché vogliano riguardare con benigno favore quella Chiesa rinascente.

Decretiamo infine che questa Nostra Lettera giammai, in nessun tempo, possa essere impugnata o contestata di vizio, di surrezione o di orrezione, o di qualsiasi altro difetto di Nostra intenzione, e che sempre rimanga valida e ferma, e che debba in tutto ottenere il suo effetto ed essere inviolabilmente osservata. Nonostante le sanzioni apostoliche e quelle generali e speciali edite nei sinodali, provinciali ed universali Concili, e i diritti e i privilegi delle antiche Sedi di Scozia e delle Missioni e dei Vicariati apostolici, ivi poscia costituiti, e di tutte e qualsiasi Chiese e Luoghi pii, anche avvalorati con giuramento, confermazione apostolica o con altra qualunque convalida, e nonostante qualunque altra cosa contraria. Infatti a tutte queste cose, quantunque per la loro derogazione si dovrebbe fare speciale menzione od osservare qualsivoglia altra forma ricercata, in quanto ostino ai decreti sopra detti, espressamente deroghiamo. Irrito inoltre e nullo decretiamo qualunque attentato scientemente o inconsapevolmente fatto contro questo decreto, da chiunque, con qualsiasi autorità. Vogliamo poi che alle copie, anche stampate, di questa Lettera, e sottoscritte con mano di pubblico notaio e munite del sigillo di un dignitario ecclesiastico, si presti la stessa fede che si presterebbe quando fosse mostrato questo stesso diploma, quale espressione della Nostra volontà.

A nessuno dunque sia lecito lacerare questa pagina della Nostra erezione, costituzione, restituzione, istituzione, assegnazione, aggiunzione, attribuzione, decreto, mandato e volontà, ovvero con temerario ardimento andare contro essa. Se qualcuno presumerà attentare a ciò, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio onnipotente e dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo.


  Magistero pontificio - Copertina