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Gregorio XVI
Summo iugiter


La Sede Apostolica ha sempre vigilato con somma diligenza perché le disposizioni della Chiesa, che vietano con severità le nozze dei cattolici con gli eretici, fossero scrupolosamente osservate.

Quantunque, per evitare più gravi scandali, si sia rivelato necessario, in qualche luogo, tollerare a volte illeciti matrimoni di tal fatta, tuttavia i Romani Pontefici non tralasciarono mai di procurare, con ogni mezzo possibile, che pure allora, e in quegli stessi luoghi, il popolo cristiano fosse reso edotto di quanto disdoro e di quanto pericolo spirituale fossero foriere simili nozze, e di quale delitto, quindi, si rendessero colpevoli l’uomo e la donna che, al riguardo, avessero osato infrangere le prescrizioni canoniche.

Se talvolta gli stessi Romani Pontefici allentarono le maglie di questo santissimo, inviolabile divieto in casi particolari, lo fecero per gravi motivi e assai a malincuore. Erano però soliti aggiungere alla loro dispensa una precisa clausola sulle doverose precauzioni da premettere al matrimonio, nel senso che non solo il coniuge cattolico non potesse essere fuorviato da quello eretico, e anzi a questi risultasse chiaro il proposito di distoglierlo con tutte le forze dall’errore, ma anche che la prole di entrambi i sessi fosse sicuramente educata nella santità della Religione cattolica.

Noi dunque che, seppure indegnamente, per disposizione di Dio occupiamo l’eccelsa cattedra di Pietro, tenendo fisso lo sguardo sulle direttive opportunamente emanate dai Nostri Predecessori, non abbiamo potuto, Venerabili Fratelli, non rattristarci fortemente per le molteplici e sicure notizie portate dalle vostre Diocesi (e pure da diverse altre località), secondo le quali abbiamo appreso che molti membri del popolo affidato alle vostre cure si industriano di favorire con ogni mezzo un’indiscriminata libertà di nozze miste. Per riuscire meglio nel loro intento, vanno disseminando teorie contrarie alla verità cattolica: infatti osano affermare, come Ci è stato riferito, che i cattolici possono, liberamente e lecitamente, contrarre matrimonio con seguaci di altra religione, non solo senza aver ottenuto la dispensa della Chiesa (che deve essere richiesta a questa Sede Apostolica seguendo le direttive previste nei casi specifici), ma pure senza premettere le doverose precauzioni sopra menzionate e, soprattutto, quella che riguarda l’educazione cattolica di tutta la prole.

Le cose sono giunte a tal punto da pretendere che simili matrimoni misti debbano essere approvati anche quando la parte eretica abbia tuttora vivente il precedente coniuge dal quale si è separata con il divorzio. Per raggiungere lo scopo, mettono in atto gravi minacce di pene, per indurre i pastori di anime a dar corso alle pubblicazioni delle nozze miste in Chiesa davanti al popolo cattolico e ad assistere in seguito alla loro celebrazione, o almeno a concedere le cosiddette lettere dimissorie, di rinvio ad altra Chiesa.

Vi sono infine alcuni fra loro che si sforzano di persuadere se stessi e gli altri che l’uomo può salvarsi non solo nella Religione cattolica, ma anche chi muore nell’eresia professata può raggiungere la vita eterna.

Esistono tuttavia motivi, Venerabili Fratelli, che sollevano il Nostro cuore dall’afflizione, quali: la fermezza della maggior parte del popolo Bavarese nel conservare integra la Fede cattolica e nel mantenere un convinto ossequio verso l’autorità ecclesiastica; la decisa volontà di quasi tutto il clero di farsi carico, a norma dei sacri canoni, degli impegni propri del ministero; ma soprattutto quella rimarchevole solerzia di compiere il vostro impegno pastorale dalla quale, Venerabili Fratelli, siete animati – come Ci è noto –, anche se a proposito dei matrimoni misti o in qualche punto di tale materia non si riscontra da parte vostra un parere univoco; tutti, però, avete concordemente deciso, di prestar fede a questa Sede Apostolica e, sotto la sua guida, di custodire i greggi a voi affidati e di non paventare gli eventuali pericoli da affrontare per la salvezza delle pecore.

Eccoci dunque a voi, Venerabili Fratelli, con questa lettera a confermare, in forza del Nostro ufficio apostolico, le vostre Fraternità, perché possiate annunciare, relativamente al caso in questione, con ancora maggiore ardore, i principi immodificabili della Fede e salvaguardare le canoniche disposizioni; inoltre, in presenza del Nostro preciso parere, possa prendere vita,tra voi e con questa Santa Sede, un più completo accordo.

Ma prima non possiamo esimerci dal comunicarvi la Nostra riposta speranza che il Nostro carissimo figlio in Cristo Ludovico, illustre re di Baviera, comprendendo dalla voce Nostra e di voi tutti unanimi le Nostre vere intenzioni nelle attuali circostanze, per l’avito amore verso la Religione cattolica, che costò il versamento di sangue, voglia soccorrerci con la sua potente protezione, perché siano allontanati quei mali che, per la natura stessa della situazione, minacciano la causa cattolica.

Ne conseguirà che la Nostra santissima Religione potrà essere pienamente protetta in tutto il regno di Baviera, e i Vescovi cattolici, come tutti i sacri ministri, godranno di piena libertà nell’esercizio dei loro incarichi, come è stato pure sancito nel Concordato stipulato con questa Sede Apostolica nel 1817.

Arrivando ora al nocciolo della questione, prendiamo il via, come è giusto, da ciò che riguarda la Fede, senza la quale è impossibile piacere a Dio. Molti, come abbiamo sopra ricordato, si industriano di metterla in pericolo, allargando gli spazi alla libertà di contrarre matrimoni misti.

Voi non ignorate, Venerabili Fratelli, con quanta viva e indefettibile diligenza i Nostri antenati abbiano cercato di inculcare proprio ciò che questi osano negare: quell’articolo di Fede che tratta della necessità della Fede cattolica e dell’unità per conseguire la salvezza. Si riferiscono a questo principio quelle parole dell’insigne discepolo degli Apostoli, Sant’Ignazio martire, nella lettera agli abitanti di Filadelfia: "Non lasciatevi trarre in inganno, fratelli: se qualcuno segue chi attua uno scisma, non potrà ottenere l’eredità del Regno di Dio". Anche Sant’Agostino e gli altri Vescovi dell’Africa, riuniti nel Concilio di Cirta (Costantina) nel 412, davano al riguardo ampie spiegazioni: "Chiunque si sarà separato da questa Chiesa cattolica, pur ritenendo di vivere in modo irreprensibile, per questa sola colpa di essere separato dalla comunione con Cristo non avrà la vita, ma lo sdegno di Dio incombe su di lui".

Pur tralasciando altri passi, in numero pressoché infinito, degli antichi Padri, tesseremo le lodi di quell’insigne Nostro Predecessore, San Gregorio Magno, che afferma a chiare lettere come proprio quella fosse la dottrina della Chiesa cattolica. Dice infatti: "La santa Chiesa universale proclama che Dio non può essere debitamente adorato se non all’interno di essa. Pertanto chi se ne trova fuori non potrà assolutamente salvarsi".

Si trovano inoltre solenni documenti della Chiesa, con cui si annuncia lo stesso dogma. Nel decreto della Fede, promulgato dal Nostro Predecessore Innocenzo III, con l’assenso del Concilio Ecumenico Lateranense IV, si leggono queste parole: "Una sola, in verità, è l’universale Chiesa dei fedeli; fuori di essa nessuno può in alcun modo salvarsi".

Lo stesso dogma infine si riscontra espressamente nelle professioni di Fede proposte dalla Sede Apostolica, sia in quella in uso in tutte le Chiese latine, sia nelle rimanenti due: quella usata dai Greci e l’altra da tutti i rimanenti cattolici orientali.

Non abbiamo scelto,fra i tanti, i menzionati documenti con l’intento, Venerabili Fratelli, di istruirvi, come se ignoraste questo punto della Fede. Lontano da Noi una simile congettura assurda e oltraggiosa nei riguardi delle vostre Fraternità. Ma Ci pervade una così grande preoccupazione per un dogma tanto importante e, per di più, così sicuro, impugnato da alcuni temerari, che non possiamo trattenere la penna dal rivendicare una tale verità con molte argomentazioni.

Orsù dunque, Venerabili Fratelli, impugnate la spada dello spirito, cioè la parola di Dio, e sforzatevi con tutte le risorse dell’animo di estirpare questo errore che viene sviluppandosi. Operate pertanto, e parimenti agiscano, sotto la vostra guida, i vostri collaboratori che hanno cura delle anime, in modo che il fedele popolo di Baviera sia spinto a custodire la Fede e la comunione cattolica con sempre maggiore zelo, come unica via di salvezza, sottraendosi così anche ad ogni pericolo di abbandonarla.

Se la necessità di conservare la comunione cattolica sarà stata impressa e profondamente radicata in tutti gli animi dei fedeli bavaresi, difficilmente poi cadranno nel vuoto i moniti e le esortazioni con cui cercherete di distoglierli dal contrarre matrimoni con gli eretici.

Nel caso tuttavia si affacci un grave motivo, tale da dover prendere in considerazione un matrimonio misto, vigilate attentamente che non si proceda alla celebrazione se non dopo avere ottenuto la dispensa della Chiesa e con le condizioni, come abbiamo sopra ricordato, che essa è solita prescrivere.

È dunque vostro compito che i fedeli desiderosi di contrarre matrimoni misti (come pure i loro genitori e chi esercita la funzione di tutore) siano informati con chiarezza sulle disposizioni canoniche al riguardo, e siano severamente ammoniti a non violarle, con danno delle loro anime.

Se le circostanze lo richiederanno, sarà anche utile ricordare loro il notissimo precetto della legge naturale e divina, che ci comanda non solo di evitare il peccato, ma anche i rischi che trascinano assai vicino al peccato, e anche quell’altro precetto della stessa legge con cui si ordina ai genitori di educare i figli nella dottrina e di correggerli nel Signore (Ef 6,4), e quindi di ammaestrarli nel vero culto di Dio, di cui è depositaria la sola Religione cattolica.

Esortate quindi codesti fedeli a considerare attentamente quale offesa commettano contro l’eccelso Iddio, e quanto malvagiamente opereranno verso se stessi e verso i futuri figli se, nel contrarre in modo sconsiderato un matrimonio misto, esporranno se stessi e i figli al pericolo della perversione. Per rendere ancora più evidente la gravità del pericolo, ricorderete loro quelle salutari espressioni degli Apostoli, quegli avvertimenti dei Padri e delle disposizioni canoniche, che vertono tutti sull’obbligo di evitare i dannosi rapporti familiari con gli eretici.

Ma se per caso accadrà, Dio non voglia, che tali moniti ed esortazioni cadano nel vuoto e un cattolico, o una cattolica, non intenda recedere dal perverso proposito di contrarre nozze miste, senza aver richiesto o, per meglio dire, ottenuto la dispensa della Chiesa, senza la garanzia delle debite precauzioni o di qualcuna di esse, sarà preciso obbligo del sacro pastore non solo di evitare di legittimare il matrimonio con la sua presenza, ma anche di premettere le pubblicazioni e di concedere le lettere di rinvio ad altra Chiesa. È vostro dovere Venerabili Fratelli, rammentare ai parroci e pretendere a buon diritto da loro che si astengano dal compiere simili azioni. Di sicuro, se chi è incaricato della cura delle anime si comportasse diversamente, specie in Baviera nelle attuali circostanze, potrebbe far credere, con il suo comportamento, di approvare in qualche modo quelle nozze illecite e, con il suo agire, incoraggerebbe una permissività pericolosa per la salvezza delle anime e per la causa della Fede.

Dopo tutte queste considerazioni, vale la pena di aggiungere qualcosa sui casi di matrimonio, di gran lunga più inammissibili, fra cattolici ed eretici, in cui la parte acattolica abbia ancora vivente il primo coniuge, da cui sia stata separata con il divorzio. Voi conoscete bene, Venerabili Fratelli, quanto sia stabile, per diritto divino, il vincolo matrimoniale, da non poter essere sciolto da alcuna autorità umana. Pertanto, un simile matrimonio misto risulterebbe in questi casi non solo illecito, ma anche nullo e affetto da adulterio, a meno che le precedenti nozze, che la parte eretica afferma essere state sciolte dal divorzio, non risultassero sicuramente nulle, per qualche impedimento dirimente, canonicamente definito. In questo specifico caso, sicuramente, non solo dovrebbe essere osservato quanto sopra è stato precisato, ma ci si dovrebbe anche guardare dal permettere questo nuovo matrimonio, se non dopo che la causa del primo connubio, antecedentemente contratto dalla parte eretica, sia stata esaminata con un processo ecclesiastico, istruito a norma di diritto canonico, e il matrimonio sia stato dichiarato nullo.

Sono queste, Venerabili Fratelli, le cose che abbiamo ritenuto opportuno comunicarvi in ordine al caso in questione. Nel frattempo non cessiamo di implorare con fervide preghiere Dio Ottimo Massimo perché rivesta voi e tutto l’inclito clero della Baviera di celesti virtù, vi protegga con la sua destra e vi difenda con il suo santo braccio, insieme con codesto popolo fedele.

Pegno poi del grandissimo affetto con cui seguiamo nel Signore le Fraternità vostre, sia la Benedizione Apostolica che vi impartiamo di tutto cuore e che ricorderete di estendere anche al clero e ai fedeli delle vostre Diocesi.

Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 27 maggio 1832, anno secondo del Nostro Pontificato.


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