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Gregorio XVI
Afflictas in Hispania


1 marzo 1841

Venerabili Fratelli,
Cinque anni fa Ci siamo lamentati nel vostro Consesso della oppressione delle istituzioni religiose in Spagna e dei numerosi decreti e delle azioni compiute contro i diritti della Chiesa. Abbiamo reso la Nostra Allocuzione di pubblico diritto per indurre il Governo di Madrid a più saggi provvedimenti e anche perché rimanesse un solenne documento della Nostra riprovazione apostolica sulle cose che erano accadute. Ci astenemmo successivamente da altre più severe proteste pubbliche non perché si fosse cessato di colpire la Chiesa con ulteriori ingiurie, ma perché vedevamo che le recriminazioni dei Venerabili Fratelli Vescovi di quel regno avevano avuto, almeno in parte, qualche buon esito. Per questa ragione anche Noi abbiamo cominciato a difendere il buon diritto della Chiesa in modo più mite, sostenuti nel frattempo dalla speranza che con lo scorrere del tempo, e anche per la Nostra longanimità, si aprisse la via per risanare colà le ferite di Israele, e che le cose sacre potessero essere riportate se non al primitivo splendore, almeno in una condizione abbastanza dignitosa.

Ma, Venerabili Fratelli, è avvenuto tutto il contrario di ciò che Ci aspettavamo, allorché il Governo di Madrid, dopo aver ottenuto il potere sulle province che in precedenza non gli erano sottomesse, dalla loro pacificazione avrebbe preso coraggio – a quanto sembra – per conculcare i sacri diritti delle Chiese della Spagna e di questa Santa Sede. Fra gli altri provvedimenti risalta in modo speciale che è stato testé ordinato ai magistrati laici di far sì che non restino senza effetti quei decreti con i quali si proibiva ai Vescovi, fin dall’anno 1835, di promuovere qualsiasi candidato agli Ordini Sacri, se non in rari casi. Così pure l’altro decreto col quale le precedenti leggi sulla occupazione di quasi tutti i cenobi maschili, e la spogliazione di tutti i loro beni, dovevano essere estese anche a quelli che erano rimasti salvi nelle citate province riprese di nuovo sotto il proprio dominio. E non vengono neppure risparmiati gli edifici sacri, poiché con un altro decreto è stato stabilito che senza indugio siano vendute all’asta tutte le Chiese attigue ai monasteri, eccettuate soltanto quelle nelle quali si celebrano ancora gli uffici divini, che certamente non possono essere celebrati nei templi che sono stati spogliati della loro dote assieme ai conventi. Si aggiunge ora un recentissimo decreto su una legge da proporsi nei prossimi comizi popolari, secondo cui anche il clero secolare, che già è stato privato della maggior parte delle sue rendite, venga escluso dal possesso di qualsiasi bene ecclesiastico, e ridotto, assieme ai religiosi, alla condizione di stipendiato, e debba vivere di un precario stipendio che viene promesso dal Governo.

D’altronde, con quali occhi guardino il clero coloro che presiedono il Governo si è evidenziato con il decreto con cui da non molto tempo si è permesso il ritorno in patria di quanti erano andati in esilio durante la guerra civile. Si pensi! In quel decreto vengono eccettuati tutti gli ecclesiastici. E se n’è individuata la causa: molti di loro, distintisi per virtù e sana dottrina, in quel tempo erano stati espulsi dal territorio spagnolo, non perché in quelle contese appoggiassero una parte piuttosto che l’altra, ma perché difendevano strenuamente la causa della Chiesa contro gli ordini vessatori del Governo.

Per la verità – e lo diciamo con dolore – non manca in Spagna un certo piccolo numero di sacerdoti che si sono acquistati benevolenza dal Governo di Madrid: di coloro, cioè, che dimenticando la loro ordinazione e il loro ministero non esitarono a cospirare col Governo nella oppressione della Chiesa; essi sono quelli che per volere del Governo stesso reggono le diocesi i cui Vescovi o sono defunti o furono costretti ad esulare. In questo numero vi fu un presbitero del capitolo metropolitano di Siviglia, che in precedenza era stato nominato dal Governo Vescovo di Malaga e, sempre secondo le sue aspirazioni, scelto pure come Vicario capitolare. Questi, successivamente, a causa di certe prave dottrine da lui sostenute e manifestate attraverso i suoi discorsi e i suoi scritti, essendo venuto in grave sospetto di eresia, fu deferito dal capitolo stesso di Malaga al tribunale dell’Arcivescovo di Siviglia; dapprima, col consenso del Governo stesso, fu mandato a Siviglia. Ma poi essendosi appellato ai giudici laici della provincia, ottenne tanto favore non soltanto presso questi, ma anche presso i supremi esponenti del Governo, al punto che lo sottrassero al citato tribunale ecclesiastico con il pretesto della violenza usatagli e della incompetenza giurisdizionale, e lo restituirono all’amministrazione della Chiesa di Malaga. In quel decreto era inserito un passo quasi beffardo, secondo il quale, in particolare, si giudicava anticipatamente che non esisteva alcun motivo di causa a proposito dell’eresia. Contro questa gravissima violazione del sacro diritto in materia dottrinale protestò il Nostro diletto figlio Giuseppe Ramirez De Arellano, vice gerente nella Nostra Nunziatura di Spagna per gli affari spirituali, con una lettera inviata al Governo il 20 novembre scorso.

Egli aveva pure protestato con altre lettere inviate il 5 e il 17 dello stesso mese di novembre, sia per alcuni giudici del tribunale della stessa Nunziatura e della Rota ecclesiastica, sospesi dal loro ufficio da un magistrato laico della città, sia per la vessazione usata contro il Venerabile Fratello il Vescovo di Càceres e molte altre persone ecclesiastiche espulse o rimosse dai loro uffici, e sostituite con violenza con magistrati secolari; sia a proposito della definizione di una nuova circoscrizione delle parrocchie di Madrid, che il potere laico intendeva usurpare a proprio vantaggio.

Ma poi, Venerabili Fratelli, il Governo fu ben lontano dal cessare l’iniziata invasione del diritto ecclesiastico, tanto che a queste proteste e ancor più per l’ultima relativa al caso del prete di Siviglia, si diede, indignato, ad infierire contro lo stesso vicegerente della Nostra Nunziatura. Voi conoscete bene la vicenda che fu divulgata da molte notizie; di essa esistono documenti emessi dallo stesso Governo; per cui è sufficiente condannarla qui con poche parole.

Non appena i membri del Governo ricevettero quell’ultima protesta, subito chiesero su tutto la sentenza del supremo tribunale laico e notificarono allo stesso vicegerente Ramirez che nel frattempo si astenesse da qualsiasi altro rapporto con loro. In seguito, verso la fine di dicembre, su sentenza del tribunale decretarono che il Nostro diletto figlio Giuseppe Ramirez cessasse dal suo ufficio di vicegerente della Nunziatura, e che anche il tribunale apostolico della Rota cessasse la sua attività; inoltre che il predetto supremo tribunale laico riferisse al più presto con una nuova delibera su ciò che dovevano fare i cittadini spagnoli per ottenere quelle sentenze che già trattava la Rota; e che quei favori che venivano concessi dalla Nunziatura potessero essere ottenuti senza inviare la richiesta a Roma. Inoltre il predetto Ramirez, come se avesse offeso gravemente la dignità del Governo con recriminazioni ingiuste, irriverenti e intollerabili, venisse punito con la confisca di tutti i redditi che a lui pervenivano dall’erario o dalla Chiesa, e che venisse subito condotto fuori dei confini della Spagna. Tutte queste cose furono eseguite militari mani. Tutta questa serie di provvedimenti emessi e pubblicati il primo gennaio dallo stesso Governo afflisse grandemente l’animo dei buoni cattolici.

Crediamo che sia inutile biasimare quelle cose che sono state perpetrate contro il diritto della Chiesa e che si leggono confusamente in quella sentenza, o parere, del supremo tribunale approvata poi dal Governo. Con questo si è reso manifesto che il tribunale e i capi del Governo hanno agito con tanta severità contro il diletto figlio Ramirez con il proposito di distogliere altri da simili proteste. E da questo comprendete, Venerabili Fratelli, quale sarà in futuro la condizione della Chiesa nel regno di Spagna se non si potrà più, neanche per lettera, protestare contro il Governo per quelle ingiustizie che vengono perpetrate dal potere laico contro il diritto della Chiesa.

Guai a Noi se in tale sconvolgimento delle istituzioni sacre e in tanta oppressione della libertà ecclesiastica non opponessimo un muro di difesa per la Casa d’Israele e Ci limitassimo a contenere ancora i Nostri gemiti entro i confini della segreta preghiera! Ci spinge a farlo anche la sollecitudine della Nostra paterna carità verso il popolo spagnolo, che ha sempre e tanto ben meritato della Chiesa e di questa Santa Sede e che vediamo in pericolo per la fede dal sopraddetto sconvolgimento delle realtà ecclesiastiche.

Pertanto alziamo di nuovo la voce in questo vostro Concistoro, Venerabili Fratelli, e chiamando a testimoni il Cielo e la Terra, deploriamo vivamente tutto quello che in Spagna si è compiuto e si compie anche oggi contro i diritti della Chiesa. Deploriamo specialmente l’usurpazione da parte dei laici del giudizio in quelle materie che riguardano la dottrina della fede: di quella fede che per mandato di Gesù Cristo, Signore dei signori e Re dei re, fu annunziata in Spagna fin dall’età apostolica, inutilmente contrastata dal potere secolare; fede che in seguito i sacri Pastori, sotto l’autorità e la guida della Sede Apostolica, diffusero ulteriormente e strenuamente nelle grandi e numerose vicende della storia e che hanno custodita incorrotta fino ai Nostri giorni. Deploriamo la violazione della dignità del Nostro supremo apostolato nella persona del vicegerente della Nostra Nunziatura, nonché nei confronti del tribunale delle Rota, colà costituito per concessione di questa Santa Sede per istruire le cause ecclesiastiche nelle quali era rivolto l’appello alla stessa Santa Sede. Appello che il Romano Pontefice, per il suo primato, ha sempre esercitato nella Spagna fin dai primi secoli , allorché per trattare questi appelli in cause particolari delegò i suoi legati che partivano per la Spagna .

Deploriamo e protestiamo per i numerosi Venerabili Fratelli espulsi e allontanati dal loro gregge nel quale lo Spirito Santo li aveva posti quali Vescovi per governare la Chiesa di Dio, e per i loro Vicari spesso impediti ad esercitare l’autorità ad essi demandata; nonché per i canonici delle Chiese vacanti temerariamente introdotti o imposti talvolta con la forza, affinché conferissero il potere di Vicario capitolare a un uomo nominato poi Vescovo dal Governo contro le leggi del Concilio di Lione II , confermato da altre costituzioni e dalla notissima lettera del Nostro Predecessore Pio VII di recente memoria .

Deploriamo l’espulsione dei religiosi dai conventi nei quali si erano raccolti per seguire le regole della perfezione evangelica, come pure l’oppressione del clero secolare angariato in tanti modi e vessato in tutto quello che appartiene al suo sacro ministero.

Deploriamo la spogliazione del patrimonio della Chiesa, ormai usurpato per la maggior parte, come se la sua proprietà appartenesse al pubblico potere di una nazione, e come se la Chiesa, l’immacolata Sposa di Cristo, non avesse per suo nativo diritto la facoltà di acquistare e possedere beni temporali; come se fossero da condannare quali usurpatori del diritto altrui i Nostri maggiori che possedettero tali beni anche sotto Principi pagani. Quando questi beni furono in antico tolti alla Chiesa da quei Principi pagani, furono poi restituiti dai loro successori come atto di giustizia dovutale .

Deploriamo tutti i decreti e gli atti con cui si disprezza l’immunità della Chiesa e delle persone ecclesiastiche stabilita per ordine di Dio e delle leggi canoniche , nonché l’indicibile sacrilegio con il quale s’impugna quella sacra e totale potestà che la Chiesa ha ricevuto dal suo Fondatore per ciò che riguarda il culto religioso, da esercitarsi per libero diritto anche in mezzo ai contrasti dei Principi laici.

Deploriamo che i templi del Signore degli eserciti, le immagini dei Santi, gli ornamenti e gli stessi più sacri strumenti dell’immane sacrificio siano impiegati per usi profani. Deploriamo che non siano vietati quei libri nefandi, sparsi ovunque nel regno cattolico con la connivenza dei magistrati, e che non siano allontanati gli stessi maestri di errori ereticali che cercano di corrompere la fede delle persone semplici; così, aumentando la licenza dei malvagi, vengono impunemente profanate le funzioni del culto divino con derisioni, tumulti, bestemmie e con l’uccisione di sacerdoti. Ciò premesso, dunque, per quella sollecitudine verso tutte le Chiese per la quale siamo impegnati per volere divino, con la Nostra autorità apostolica condanniamo tutte e singole le azioni che in questo ed in altri casi riguardanti i diritti della Chiesa sono state decretate, compiute e in qualunque modo tentate dal Governo di Madrid o dai funzionari dipendenti, e con la stessa autorità cassiamo, abroghiamo e dichiariamo nulli e privi di qualsiasi efficacia, per il passato e per il futuro, tali decreti, con tutti gli effetti che ne sono derivati. Preghiamo e scongiuriamo nel Signore i responsabili che si gloriano del nome di figli della Chiesa cattolica perché aprano finalmente gli occhi sulle ferite inferte a questa Madre che tanto li ha beneficati, e nello stesso tempo perché si ricordino delle censure e delle pene spirituali che le Costituzioni apostoliche e i decreti dei Concilii ecumenici infliggono ipso facto agli invasori che attentano ai diritti della Chiesa, e abbiano pietà della loro anima "stretta da questi vincoli invisibili" , e considerino che "ci sarà un giudice durissimo per coloro che sono al potere; riflettano seriamente che ci sarà per loro una grave sentenza pregiudiziale se uno avrà commesso tali peccati, così da essere escluso dalla partecipazione alla preghiera, all’assemblea e ad ogni altra elargizione divina" .

Pertanto Ci congratuliamo sentitamente con i Venerabili Fratelli, Arcivescovi e Vescovi della Spagna, per il loro impegno pastorale, sia rimanendo nelle loro diocesi, sia quando, costretti ad abbandonarle, hanno fornito, per quanto fu loro possibile, zelante opera in difesa della Chiesa, e non hanno cessato, a voce o per iscritto, talvolta direttamente, talvolta per mezzo di altri, di ammonire il loro gregge circa i suoi doveri religiosi e di premunirlo da tutti i pericoli contro la fede, da cui sono circondati.

Lodiamo pure con doveroso elogio il restante clero rimasto fedele, che non ha risparmiato fatiche secondo le proprie forze per questo scopo.

Lodiamo pure il popolo cattolico, la maggior parte del quale continua nell’attribuire tutto il proprio ossequio ai Vescovi ed ai Pastori di grado inferiore canonicamente costituiti. Per questo Ci confermiamo sempre più nella speranza che il Signore, ricco di misericordia, guardi propizio quella vigna. Voi frattanto continuate, come certamente già fate, Venerabili Fratelli, ad offrire per essi, assieme a Noi, assidue preghiere e suppliche a Dio per mezzo di Gesù Cristo, e ad invocare il clementissimo intervento dell’Immacolata Madre di Dio, la Vergine Maria, patrona della Spagna, come pure tutti i Santi che vissero in quella regione, affinché, come allora con la loro virtù, con la loro dottrina, e con le loro fatiche, versando anche il sangue in testimonianza della loro fede, santificarono e resero illustre la loro patria, così ora con la loro intercessione l’assistano, e con la loro pia supplica al Signore implorino misericordia e grazia quale aiuto opportuno alle loro popolazioni e allontanino con forza le calamità e i pericoli dai quali sono oppresse.


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