Damiano Tommasi:
pieno di tifosi all'Axa

di Clotilde De Meo



Momenti di gioia per i piccoli e grandi tifosi romanisti dell'Axa che lo scorso 1° marzo hanno incontrato presso la chiesa di S. Melania il giocatore Damiano Tommasi.

Ci sono un po' tutti, dal professionista al nullafacente, dalla persona anziana al bambino che, seduto sulla sedia, non riesce a toccare con i piedi per terra. Tutti lì per lui, guidati da una grande passione. Domande, risposte, applausi.
Nell'inedito ruolo di relatore, Tommasi riceve consensi come all'Olimpico.
Alle domande dei bambini, risponde come un padre. Sorride, regala autografi, parla di sé, della sua famiglia e delle sue due bambine, dei suoi sogni e della sua fede religiosa.
Perché il calcio è così importante ed ha un effetto trainante così forte?
È un fenomeno sociale, una passione e come tale trascina, unisce: è questo che lo rende popolare. La vostra presenza, così numerosa oggi, lo dimostra. I tifosi sono partecipi e si scatenano anche durante le partite amatoriali, figuriamoci a livello professionistico!
Molti ragazzi ci vedono come persone che ce l'hanno fatta, che hanno realizzato la propria vita, ma non è proprio così. Il mio traguardo non è giocare nei campi, ma tornare a casa dalla mia famiglia. Si può giocare a calcio ad alti livelli per pochi anni e se dovessi smettere adesso la mia vita non cambierebbe. Le persone hanno potenzialità diverse, ognuno segue la sua strada ed è giusto sia così.
Qual è stata la soddisfazione più grande che hai ricevuto dal mondo del calcio?
Sicuramente i rapporti umani che ho instaurato con le persone che ho incontrato.
Cosa differenzia un campione da un fuoriclasse?
I veri campioni si vedono anche in settimana, non solo la domenica.
La gioia dei ragazzi che giocano si perde ad alti livelli?
La mia gioia all'Olimpico è simile a quella che ho quando gioco con i miei fratelli e non vale solo per me: si avverte durante ogni allenamento.
Pensi che lo sport stia diventando sempre più uno spettacolo?
Lo sport è spettacolo. È sorprendente vedere il numero degli inviati quando gioca la Nazionale, sono da ogni parte del campo! I mass media hanno interesse a renderlo popolare: è un grosso business che dà lavoro a tanti. Ci sono società in crisi che continuano ad andare avanti perché farle retrocedere sarebbe un problema per tutto il sistema. I giocatori che fanno molto rumore dopo un goal vengono riproposti più volte in TV, ma noi quando giochiamo pensiamo allo sport e non allo spettacolo. Tuttavia, mi rendo conto che le partite che finiscono 0 - 0 spesso annoiano.
Cosa pensi degli episodi di violenza e razzismo negli stadi?
Togliamo pure la parola stadi. Sono contrario a tutti gli episodi di violenza e razzismo. Lo stadio racchiude persone diverse, permettendo loro di nascondersi: tutti si espongono e nessuno poi lo fa veramente. È un fenomeno che si ripropone ogni domenica e permette a qualcuno di mantenere l'anonimato grazie alla folla. Noi giocatori possiamo solo continuare a parlarne male e, sul campo, evitare di dar vita a provocazioni o occasioni di conflitto.
Quanto spazio ha la fede cattolica nella tua squadra?
È complicato vivere la fede in qualsiasi ambiente di lavoro. Per me non è difficile perché sono convinto in ciò che credo. A Trigoria abbiamo una cappella, quando giochiamo in casa andiamo a messa lì, non siamo tanti, ma costanti. Se siamo in trasferta cerchiamo la chiesa più vicina all'albergo, ma ci sono anche casi di squadre che si portano dietro il prete.
Cosa dovrebbe fare un padre con un figlio che vuole usare lo sport per sfondare?
Si può volere qualsiasi cosa, ma spesso si sbatte contro un muro. Io mi sono diplomato in ragioneria studiando per tre anni sul pullman e il primo anno in serie A ho ricevuto solo fischi. Ci hanno spaccato le macchine e tirato sassi quando siamo stati eliminati dalla Coppa Italia nel settembre 2000, vincendo poi lo scudetto qualche mese dopo…non sono tutte rose e fiori! Un ragazzo deve decidere da solo quello che vuole fare, il padre deve seguirlo evitando di riversare su di lui le sue aspettative ed i suoi desideri.
Cosa hai provato la prima volta che sei stato convocato in Nazionale e quando il tuo nome è apparso tre i 50 candidati al pallone d'oro?
Soddisfazione, dopo tanti sforzi. Vittoria e sconfitta non si misurano in soldi… segnare un goal è come ricevere un regalo di compleanno: è sempre una grande emozione!

Notizie dall'Axa
Sommario n° 61 - Mar. '02