Il racconto di Zeus
E fu con Filumena
che conobbi il "teatro"

di Antonio Dell'Aquila


Napoli 1948. Avevo cinque anni e insieme a genitori e fratelli mi trovavo in casa di una zia, sorella di mio padre, per una di quelle serate che allora si chiamavano ancora "periodiche".
Le "periodiche" erano appuntamenti con scadenze più o meno regolari ora a casa di uno ora a casa di un altro dove i convenuti, svolti i riti preliminari che consistevano in quattro chiacchiere per le signore, una scopetta o una partita a tressette per gli adulti, una abboffata di pasticcini per i bambini, i convenuti dicevo, si esibivano in manifestazioni artistiche di vario tipo: teatro, poesia, brani di musica operistica, canzoni napoletane, macchiette, barzellette, storielle e chi più ne ha più ne metta.
Erano bene o male serate di grande spessore creativo, ciò indipendentemente dalla qualità delle esecuzioni.
Non mancavano tuttavia i talenti ogni tanto.
Bisogna ricordare infatti che proprio da una "periodica" una sera di settembre del 1835, prese il volo una bella e notissima canzone : 'Te voglio bene assaje'.
L'autore Raffaele Sacco, professione ottico, la cantò accompagnandosi al pianoforte; le finestre erano aperte, il popolino pian piano si raccolse sotto il balcone attratto da quelle note così orecchiabili e nel giro di qualche giorno la canzone era cantata da tutti i Napoletani.
Noi bambini dovevamo esibirci per primi ed ottenere così il permesso di disperderci finalmente nelle stanze di quelle case enormi per giocare a guardia e ladri.
Le mie cuginette, che studiavano pianoforte, erano le più tartassate ed anche le più invidiate da noi maschietti che non sapevamo fare proprio niente se non ripetere l'ultima poesia di Pasqua o di Natale, male e di corsa, per precipitarci poi, senza neanche fare l'inchino, a giocare.
Iniziavano le cuginette, dapprima recalcitranti, non certo per timidezza, ma direi per quella civetteria tipica di tutti gli artisti, anche se in erba, che consiste nel farsi pregare.
"Allora Elenù, che vuoi suonare? - esordiva mia zia - La gavottina?"
"No, la gavottina no, mi scoccio!”
"Fa 'o minuetto allora, è così carino."
"Il minuetto no, mi secco."
"Vulisse fa 'a sonatina?"
"Non tengo genio."
"Uhhh, picceré, comme si' antipatica, lievet' 'a lloco e fai sedere a tua sorella! Jammo Lilianè, facci sentire tu qualche cosa."

E Lilianella eseguiva; ma alla fine toccava nuovamente a Elenuccia: embè, mi dovete credere, non la finiva più.
Gavottina, bolerino, minuetto, sonatina, tutto il repertorio. Un'ora per convincerla, due ore per farla smettere!
Finalmente i piccoli potevano andare. E fu giocando a guardia e ladri che feci la grande scoperta.
Passando davanti alla porta del salotto rimasi sorpreso dal silenzio che ne proveniva, non si udiva più il suono dei piano, nessuno, stranamente, cantava.
Incuriosito girai lentamente la maniglia e aprii una senghetella di porta quel tanto che mi consentisse dì vedere mio padre che proprio in quell'istante cominciò a prendersi a schiaffi mentre con voce rotta diceva: "Pazzo, pazzo, pazzo! Ciento vote, mille vote!"
Spaventatissimo chiusi in fretta la porta e corsi allarmato da mio fratello più grande: "Enzo, Enzo, papà se sta piglianno a pacchere!"
"Nossignore! Quelli stanno facendo il teatro. Va', vatti a nascondere"
e scappò via.
Rimasi sconvolto. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che il teatro si facesse prendendosi a schiaffi.
Ritornai alla porta del salotto e spiai ancora: a questo punto mio padre aveva smesso di schiaffeggiarsi e urlava verso mia zia "Malafemmena! Malafemmena si' stata, e tale si' rimasta!"
Corsi nuovamente da mio fratello: "Enzo, ma qua' teatro! Chille se stanno appiccicanne! Vedrai che tra poco ce ne dobbiamo andare!"
"Sei scocciante!
- fu la risposta, secca, di mio fratello - vatti a nascondere oppure non giocare più!"
Mi accucciai mortificato in un cantuccio e pensai che il teatro doveva essere una cosa brutta assai.
Non passò molto tempo perché scoprissi che la "Malafemmena" era Filumena Marturano e che il teatro, attraverso i pacchere di mio padre, mi sarebbe entrato nell'anima per non abbandonarmi più.

I Racconti di Zeus

Sommario n° 55 - sett. '01