Malato immaginario, successo reale!

di Serena Barbarella

L'Associazione culturale La Giocosa Accademia, che opera in campo teatrale da oltre 15 anni con la rappresentazione di spettacoli propri e di autore a diffusione internazionale, apre nuova questa stagione del Teatro Dafne con uno dei capolavori assoluti di Molière: Il malato immaginario.
La Compagnia, stabile da 8 anni presso il Teatro Dafne, non ha difficoltà a restituire perfettamente i caratteri del testo originale quali la capacità di parlare di un argomento grave utilizzando i toni della commedia leggera (dietro la gaiezza che traspare in quasi tutte le scene si fa acuta la polemi-

ca nei confronti di una scienza che viola l'ordine naturale per puro scopo di lucro) e la accurata caratterizzazione psicologica dei personaggi.
In più, aggiunge, di originale,  la  piacevolezza degli intermezzi musicali, che appaiono in assoluta armonia  con lo stile del testo.
Centro-motore intorno a cui ruotano tutti gli eventi è il protagonista Argante (interpretato da Gianni Pontillo) con la sua ossessione per la morte (anche se paradossalmente sarà proprio questa, la sua più acerrima nemica, a salvarlo: proprio simulando la morte, infatti, scoprirà la falsità della moglie e l'affetto sincero della figlia).
Infantile e profondamente insicuro, il protagonista si costruisce una malattia immaginaria che gli faccia da scudo, da difesa contro il mondo, e sarà quella che gli permetterà di imporsi, pur esentandolo dal confrontarsi realmente con gli altri.
L'amarezza  di questo ritratto  non incrina affatto  il brio  della commedia e qui gli attori  hanno seguito  con grande  intelligenza  gli insegnamenti  del

"capocomico" Molière, il quale voleva che dietro la brillantezza della costruzione drammatica ci fosse sempre un'attenta indagine psicologica.
Così come ogni evento, ogni gesto è dettato da un sentimento, da un'emozione, allo stesso modo i personaggi,  con tutto ciò che fanno o dicono, scelgono le azioni e il registro verbale che il proprio modo di essere suggerisce loro.
Gli attori, diretti con grande sapienza da Renato Capitani, hanno lavorato molto bene sullo scavo di personaggi secenteschi, portandoli ad uno stupefacente grado di naturalezza, e spesso hanno entusiasmato la platea per la medesima "naturale accuratezza" con cui parlavano e cantavano: nel corso della pièce si scoprono con piacere la deliziosa voce della servetta (Antonia Di Francesco) nelle sue esibizioni canore, le simpatiche smorfiette della figlia o l'assoluta (frutto di sublime ricercatezza) goffàggine del promesso sposo, interpretato da Fabio Avaro.
Il pubblico è entrato con facilità nel meccanismo dello spettacolo ed ha mostrato di divertirsi molto, soprattutto quando agivano in scena i "caratteri" (il dottor Purgone, suo figlio, Tonina): al termine applausi calorosi agli attori e al regista e, a sipario chiuso, commenti assai favorevoli tra il pubblico.

RECENSIONI

Sommario n° 45 - OTT. '00