Quei colpi nel ghetto
 di MICHELE SERRA

da Repubblica, 21 marzo 2002

Quell'uomo che rincasa in bicicletta, quei portici, quello snodo di viuzze, quell'urbanità che è dei luoghi e delle persone. Solo chi vive a Bologna può patire fino in fondo l'offesa, la profanazione sporca e vigliacca di un piccolo ordine familiare e di un grande decoro civile. I luoghi contano, i luoghi dicono. Quel luogo è l'antico ghetto ebraico, porta le cicatrici della deportazione, le porta con il pudore e la calma che sono il sale di questa città savia, pacifica, ipocrita - quando è ipocrita - soprattutto per gentilezza, per non offendere gli altri. Qui intorno tutto è casa, cene con gli amici, conversazione. Da sempre, e ogni sera. Bologna, a differenza di altre città italiane, non ha sventrato il suo centro per farne uffici, Bologna a Bologna ci abita, ci vive.

Marco Biagi è stato ammazzato in casa, casa nostra, di noi che ci passiamo tutti i giorni per andare sotto le due torri o in piazza o in università o alla libreria Feltrinelli o a comprare il pesce nel lindo suk del quadrivio dietro il Pavaglione. Quella stradina è casa, questa città è casa, quei colpi alla nuca hanno insanguinato il vestibolo dove ci incontriamo e ci salutiamo, conversiamo, parliamo di politica e di amabili fesserie, portiamo in giro i figli.

Appena acceso il telegiornale, viste le immagini e riconosciuti gli edifici, perfino gli intonaci, mi sono sentito disperatamente bolognese, io che lo sono da pochi anni, e offeso a morte. E ho aspettato con ansia insolita, la mattina dopo, di sentire che cosa avrebbero detto il sindaco della mia città, che non è il mio sindaco, e il cardinale, che non mi piace per niente, ma è il cardinale della mia piccola patria colpita alla nuca. Ho sempre pensato che sia la speciale solidità di Bologna, la sua natura robusta e mite, ad attirare una dose così alta di odio. Un fanatico non può non odiare Bologna con speciale zelo. Lo dimostrano le bombe (tante, furibonde) che l'hanno squassata, e poi la sordida catena di sangue della Uno bianca, oggi lo conferma la turpe esecuzione di un professore inerme che pedalava in una sera tiepida verso la sua famiglia.

Sì, un fanatico non può non odiare Bologna. C'è una promiscuità speciale, a Bologna, tra professori, intellettuali, artisti, magistrati, professionisti, cittadini che incrociano le parole e le idee nelle case accoglienti. E' anche una promiscuità di poteri (massoneria, sinistra, chiesa, università), non sempre limpida, non sempre commendevole. Però traduce lo scontro politico in una lingua mai aspra, al massimo sarcastica, che lenisce l'astio, fa circolare i pensieri, rinforza vincoli di socialità, di convivialità. Perfino un ribaltamento storico come la vittoria di Guazzaloca, che altrove avrebbe potuto scavare solchi e spaccare consuetudini, è stato assorbito dalla città con compostezza ed equilibrio. L'amarezza degli sconfitti non è mai diventata veleno, la soddisfazione dei vincitori non si è trasformata in jattanza.

Bologna ha una sua esemplarità democratica (non trovo termini più efficaci) anche quando attraversa drammi e durezze, e sembra fatta apposta per reggere l'urto della violenza. E' di gomma, Bologna, nel bene e nel male, nel male del suo consociativismo endemico, nel bene della sua saggezza, disponibilità al confronto e alla tolleranza. La pallottole dei sicari che hanno levato Marco Biagi da casa sua, dalla sua famiglia, non potevano scegliere meglio il nemico da colpire, perché il nemico da colpire, per i terroristi, è la serenità delle persone e dei luoghi. Gli spari di via Valdonica, in questo senso, miravano veramente al cuore del paese. E riecheggiavano vent'anni dopo, nel loro piccolo squallore omicida, il boato orribile della stazione. Solo che in via Valdonica, da oggi, da subito, di studiosi in bicicletta, di borghesi civili, di cittadini sereni, ne passeranno a centinaia, e non faranno una piega.

Il destino infame e infelice dei terroristi è cercare di mettere disordine dove un ordine magari imperfetto e discutibile, ma vitale e fecondo, ha già stravinto. La cosa che odiamo di più, nell'odio terrorista, è la sua totale inutilità, perché ci vuole niente (bastano uno scooter, una pistola, un assassino) per ammazzare un uomo in bicicletta, ma nemmeno centinaia di agguati e di esecuzioni potrebbero cambiare la natura e il carattere dei posti come Bologna e delle persone che li abitano. Bologna è uno dei (non pochi) luoghi italiani nei quali, a volte, si intende che questo potrebbe quasi essere un paese nomale e decente. Diviso, conflittuale, inquieto, ma normale e decente. Chiunque passi dal ghetto di Bologna si ricordi del cittadino Marco Biagi, e consideri quanto sangue è costato, ai bolognesi e agli italiani, conquistarsi una via di casa tranquilla, da pedalare in pace, sotto un portico dove i rastrellamenti e gli spari sono solo la bestemmia degli impotenti.

(21 marzo 2002)