da Repubblica, 21 marzo 2002
Quell'uomo che rincasa in bicicletta, quei portici, quello snodo di
viuzze, quell'urbanità che è dei luoghi e delle persone. Solo chi vive
a Bologna può patire fino in fondo l'offesa, la profanazione sporca e
vigliacca di un piccolo ordine familiare e di un grande decoro civile. I
luoghi contano, i luoghi dicono. Quel luogo è l'antico ghetto ebraico,
porta le cicatrici della deportazione, le porta con il pudore e la calma
che sono il sale di questa città savia, pacifica, ipocrita - quando è
ipocrita - soprattutto per gentilezza, per non offendere gli altri. Qui
intorno tutto è casa, cene con gli amici, conversazione. Da sempre, e
ogni sera. Bologna, a differenza di altre città italiane, non ha
sventrato il suo centro per farne uffici, Bologna a Bologna ci abita, ci
vive.
Marco Biagi è stato ammazzato in casa, casa nostra, di noi che ci
passiamo tutti i giorni per andare sotto le due torri o in piazza o in
università o alla libreria Feltrinelli o a comprare il pesce nel lindo
suk del quadrivio dietro il Pavaglione. Quella stradina è casa, questa
città è casa, quei colpi alla nuca hanno insanguinato il vestibolo
dove ci incontriamo e ci salutiamo, conversiamo, parliamo di politica e
di amabili fesserie, portiamo in giro i figli.
Appena acceso il telegiornale, viste le immagini e riconosciuti gli
edifici, perfino gli intonaci, mi sono sentito disperatamente bolognese,
io che lo sono da pochi anni, e offeso a morte. E ho aspettato con ansia
insolita, la mattina dopo, di sentire che cosa avrebbero detto il
sindaco della mia città, che non è il mio sindaco, e il cardinale, che
non mi piace per niente, ma è il cardinale della mia piccola patria
colpita alla nuca. Ho sempre pensato che sia la speciale solidità di
Bologna, la sua natura robusta e mite, ad attirare una dose così alta
di odio. Un fanatico non può non odiare Bologna con speciale zelo. Lo
dimostrano le bombe (tante, furibonde) che l'hanno squassata, e poi la
sordida catena di sangue della Uno bianca, oggi lo conferma la turpe
esecuzione di un professore inerme che pedalava in una sera tiepida
verso la sua famiglia.
Sì, un fanatico non può non odiare Bologna. C'è una promiscuità
speciale, a Bologna, tra professori, intellettuali, artisti, magistrati,
professionisti, cittadini che incrociano le parole e le idee nelle case
accoglienti. E' anche una promiscuità di poteri (massoneria, sinistra,
chiesa, università), non sempre limpida, non sempre commendevole. Però
traduce lo scontro politico in una lingua mai aspra, al massimo
sarcastica, che lenisce l'astio, fa circolare i pensieri, rinforza
vincoli di socialità, di convivialità. Perfino un ribaltamento storico
come la vittoria di Guazzaloca, che altrove avrebbe potuto scavare
solchi e spaccare consuetudini, è stato assorbito dalla città con
compostezza ed equilibrio. L'amarezza degli sconfitti non è mai
diventata veleno, la soddisfazione dei vincitori non si è trasformata
in jattanza.
Bologna ha una sua esemplarità democratica (non trovo termini più
efficaci) anche quando attraversa drammi e durezze, e sembra fatta
apposta per reggere l'urto della violenza. E' di gomma, Bologna, nel
bene e nel male, nel male del suo consociativismo endemico, nel bene
della sua saggezza, disponibilità al confronto e alla tolleranza. La
pallottole dei sicari che hanno levato Marco Biagi da casa sua, dalla
sua famiglia, non potevano scegliere meglio il nemico da colpire, perché
il nemico da colpire, per i terroristi, è la serenità delle persone e
dei luoghi. Gli spari di via Valdonica, in questo senso, miravano
veramente al cuore del paese. E riecheggiavano vent'anni dopo, nel loro
piccolo squallore omicida, il boato orribile della stazione. Solo che in
via Valdonica, da oggi, da subito, di studiosi in bicicletta, di
borghesi civili, di cittadini sereni, ne passeranno a centinaia, e non
faranno una piega.
Il destino infame e infelice dei terroristi è cercare di mettere
disordine dove un ordine magari imperfetto e discutibile, ma vitale e
fecondo, ha già stravinto. La cosa che odiamo di più, nell'odio
terrorista, è la sua totale inutilità, perché ci vuole niente
(bastano uno scooter, una pistola, un assassino) per ammazzare un uomo
in bicicletta, ma nemmeno centinaia di agguati e di esecuzioni
potrebbero cambiare la natura e il carattere dei posti come Bologna e
delle persone che li abitano. Bologna è uno dei (non pochi) luoghi
italiani nei quali, a volte, si intende che questo potrebbe quasi essere
un paese nomale e decente. Diviso, conflittuale, inquieto, ma normale e
decente. Chiunque passi dal ghetto di Bologna si ricordi del cittadino
Marco Biagi, e consideri quanto sangue è costato, ai bolognesi e agli
italiani, conquistarsi una via di casa tranquilla, da pedalare in pace,
sotto un portico dove i rastrellamenti e gli spari sono solo la
bestemmia degli impotenti.
(21 marzo 2002)