news per gli insegnanti nel sito del Liceo Scientifico Rodolico di Firenze

ultimo aggiornamento 01/12/00

LE NOTIZIE "VECCHIE" SONO IN ARCHIVIO

settimana decisiva per gli stipendi | sciopero del 16 ed esclusione di cobas e gilda dalle trattative | inizio delle trattative governo-sindacati | comunicato cobas | proteste in vista | sciopero del 7 dicembre | le liste per le elezione della RSU | Panebianco su insegnanti e sciopero |


Istruzione pubblica sotto assedio

PROVA D’ESAME FINALE PER UN MONOPOLIO

di ANGELO PANEBIANCO

Sciopero generale degli insegnanti, il 7 dicembre, sulla questione degli aumenti, crescente opposizione alla riforma dei cicli scolastici, polemica sui contenuti dei manuali di storia, conflitto fra governo e Regione Lombardia, e fra centrosinistra e centrodestra, sul buono scuola. E’ come se uno spirito maligno avesse deciso di fare emergere simultaneamente le tante cause di malessere e di contrasto che riguardano il mondo della scuola e di scaricarle tutte, in un sol colpo, dentro l’agenda pubblica del Paese. Apparentemente, i problemi sopra indicati sono fra loro diversi e hanno cause diverse. Ad esempio, il conflitto sugli aumenti di stipendio è il portato ultimo di una trentennale politica del personale che, privilegiando la quantità degli insegnanti a scapito della loro qualità, e trattando i docenti da impiegati anziché da professionisti, ha fatto del corpo insegnante una categoria troppo numerosa ed eterogenea, frustrata, malpagata, di declinante prestigio sociale. Peccato che molti dei sindacati che oggi protestano siano stati per decenni corresponsabili di quelle politiche. Ancora, il conflitto sulla riforma dei cicli è nient’altro che la fisiologica resistenza a «innovazioni» che in quella forma molti (compreso chi scrive) giudicano sbagliate e dannose. La polemica sui manuali di storia è, a sua volta, il segnale di una lotta politica che ha per posta l’egemonia culturale nella scuola e, di riflesso, nel Paese. Lo scontro sul buono scuola, infine, può essere interpretato come un aspetto del processo di assestamento in atto negli equilibri fra centro e periferia (il cosiddetto federalismo) oppure come un nuovo episodio del contrasto fra Stato e Chiesa per il controllo dei processi educativi.
Tuttavia, un comun denominatore fra tutti questi problemi, probabilmente, c’è. E’ rappresentato, mi sembra, dalla erosione, lenta ma costante, della credenza nella bontà, nella legittimità e nella utilità di un sistema di istruzione pubblica (statale) centralmente guidato e controllato. Quando in diversi Stati sono nati, nel secolo scorso, i grandi sistemi centralizzati dell’istruzione pubblica, era chiarissimo a che cosa servissero. Servivano a «costruire la nazione». Il loro compito non era solo «istruire» (questo possono farlo benissimo anche le istituzioni educative private, una volta che lo Stato abbia garantito anche ai meno abbienti l’istruzione primaria). Il loro compito era instillare un senso di appartenenza nazionale. Per questo, i famosi manuali (di storia o di letteratura) adottati nelle scuole erano tutti impregnati di ethos nazional-patriottico. Gli insegnanti non erano insegnanti e basta. Erano gli agenti della diffusione della «coscienza nazionale» per conto di quello Stato di cui erano «servitori». Così fu certamente in Francia. E bisogna ricordare che proprio alla Francia noi ci ispirammo per importare una certa idea di Stato (lo Stato napoleonico, accentrato), di burocrazia statale, e anche di sistema scolastico pubblico.
Con l’avvento della Repubblica, in Italia, le cose lentamente cambiarono. Era difficile mantenere ancorato il sistema educativo pubblico alla sua funzione originaria (trasmettere e rinsaldare l’identità nazionale) in un Paese ove l’identità nazionale, per un complesso di ragioni, si era drasticamente appannata. Venuto meno l’ ubi consistam della scuola pubblica, diventata ormai improponibile l’antica missione, iniziò il deterioramento, lento ma inesorabile, dell’intero sistema. Gli insegnanti persero progressivamente l’alta stima sociale di cui in precedenza godevano, e politicanti senza scrupoli in combutta con i sindacati fecero a poco a poco strame della loro professionalità.
E dentro la scuola, a partire dal ’68, vennero trasferiti i conflitti ideologici che scuotevano la società.
L’attuale polemica sui manuali di storia non è, a ben vedere, la reazione ad una egemonia tuttora saldamente detenuta dalla sinistra ex comunista nel sistema scolastico pubblico. E’ piuttosto il segnale che quella egemonia (che, certamente, per un lungo periodo, c’è stata) è oggi in crisi e comunque prossima al declino. E, proprio come nel ’68, una egemonia culturale ormai indebolita viene sfidata e la scuola pubblica torna ad essere terreno di lotta ideologica.
C’è però, rispetto al ’68, una fondamentale differenza. Allora, il monopolio statale dell’istruzione non era contestato da nessuno. Oggi, invece, è la stessa credenza nella legittimità e nell’utilità del monopolio a vacillare. Le pressioni sono di due tipi. La prima investe la legittimità di un controllo centrale (romano) sul sistema dell’istruzione. Tutti coloro (praticamente l’intera classe politica) che, per convinzione o per opportunismo, si sono espressi a favore del «federalismo», lo sanno oppure no che la prima vittima di una riforma federalista sarebbe il sistema centralizzato di istruzione pubblica? Quando mai si è visto uno Stato federale in cui l’istruzione fosse controllata centralmente? E’ inevitabile che se gli equilibri fra centro e periferia verranno ridefiniti a vantaggio della periferia, l’istruzione pubblica finirà per passare, piaccia o no, sotto il controllo di Regioni e Comuni.
La seconda pressione investe la legittimità e l’utilità di un sistema scolastico pubblico di tipo monopolistico, al riparo dalla concorrenza dei privati. La concorrenza è un meccanismo che favorisce, oltre che la libertà di scelta dei consumatori, anche l’efficienza dei servizi offerti. Venute meno le antiche certezze sui compiti dell’istruzione pubblica, è inevitabile che crescano le spinte a favore di un sistema di concorrenza fra scuola pubblica e scuola privata.
Se tutto questo è vero, se i conflitti che agitano oggi la scuola sono il prodotto di una più generale crisi di fiducia nel valore del monopolio statale dell’istruzione, allora la strada da percorrere per ridare slancio e smalto al sistema educativo italiano è lunga e accidentata. Forse, la Grande Riforma (dei cicli scolastici) resterà negli annali come l’ultimo, fallimentare, tentativo di salvare un monopolio statale ormai da troppe parti aggredito.
Angelo Panebianco
Corriere della Sera
Sabato 25 novembre 2000

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Elezioni R.S.U.

La Commissione Elettorale informa che sono state presentate le liste per elezioni delle R.S.U.

 

cgil

cobas

gilda

unicobas

Baggiani Cinzia

Ardiccioni Luciano

Cusmano Lucia

Bruno Giuseppa

Lotti Patrizio

 

 

 

Meneghetti Lucia

 

 

 

Informa inoltre che le operazioni di voto si svolgeranno nel seguente modo :

·        In via Senese il giorno 14 dicembre dalle ore 8,10 alle ore 13,05.

 

·        In via Baldovinetti il giorno 15 dicembre dalle ore 8,15 alle ore 13,15.

Affigge le liste degli aventi diritto al voto, invitando chi vi ravvisasse qualche  irregolarità a darne segnalazione.

Firenze, 28 novembre 2000.

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Giovedì, 23 Novembre 2000

Rottura fra governo e sindacati: sciopero il 7 dicembre
Redazione KwScuola

 Si rompono le trattative: l'incontro a Palazzo Chigi non ha portato a nessun accordo tra governo e sindacati. La mancata risoluzione della vertenza contrattuale sugli stipendi degli insegnanti porterà, il 7 dicembre, allo sciopero nazionale, preannunciato da Cgil, Cisl, Uil e Snals. "In assenza di una risposta del governo - ha dichiarato Massimo di Menna della Uil Scuola - queste sono le nostre posizioni, che siamo pronti a cambiare solo qualora ci venisse una proposta concreta". Nessuna cifra precisa insomma da parte del governo destinata agli aumenti delle retribuzioni degli insegnanti: questo il motivo determinante che ha indotto Cgil Cisl e Uil a rompere le trattative. Sono "posizioni ancora molto distanti" ha detto il leader della Cgil Scuola, Enrico Panini, al termine dell'incontro, sottolineando l'insoddisfazione dei sindacati confederali. Il motivo principale della rottura, ha detto Panini, è "la mancata quantificazione da parte del governo delle cifre da stanziare per l'aumento delle retribuzioni, dopo oltre un mese di trattative non insoddisfacenti al tavolo tecnico che non hanno però trovato indicazioni concrete e impegni conseguenti in sede politica". Ha annunciato quindi ulteriori iniziative di mobilitazioni per il 18 dicembre.

Un altro 'punto caldo' del confronto tra governo e sindacati era "la situazione dei supplenti che da mesi attendono di essere pagati - secondo Nino Gallotta dello Snals - un fatto che lo Snals-Confsal denuncia da tempo all'opinione pubblica".

Insieme ai sindacati, anche i Cobas aderiranno allo sciopero ed è questa una grossa novità: l'esecutivo nazionale dichiara in una nota che "la finanziaria approvata dalla Camera non contiene per la scuola neanche una lira in più della misera somma (30.000 lire nette, aggiunte alle circa 90.000 già previste per il rinnovo biennale) già annunciata a settembre e che aveva convinto la categoria a scendere massicciamente in sciopero il 16 ottobre (con Cobas e Gilda) e il 9 ottobre (con Confederali e Snals)".

Nella nota dei Cobas vengono ripetute le motivazioni dello sciopero: "Per modificare la finanziaria, per lo stipendio europeo in un triennio ed un aumento immediato di 500.000 lire mensili, per la cancellazione della controriforma Berlinguer-De Mauro e il mantenimento della scuola elementare e media". Ma le manifestazioni saranno anche "contro la censura sui libri di testo e il finanziamento alle scuole private sia per la via diretta sia mediante bonus alle famiglie, per l'aggiornamento obbligatorio per tutti mediante anno sabbatico, per l'aumento degli organici Ata e il riconoscimento giuridico ed economico dell'anzianità del personale Ata ex-Enti Locali, per l'assunzione in ruolo di tutti i precari e degli Lsu, per la restituzione ai Cobas del diritto di partecipare alle trattative e di svolgere assemblee in orario di servizio".
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Giovedì, 9 Novembre 2000

Dai cicli al buono scuola, proteste in vista
Redazione KwScuola

Tira aria di scioperi e contestazione nel mondo della scuola. Dalla riforma dei cicli, alla riforma degli organi collegiali per finire alla protesta studentesca sul buono-scuola in varie città della Lombardia. Saranno questi i temi che agiteranno il pianeta-scuola nelle prossime settimane.

Cominciamo dalla questione cicli. "Riformare la riforma" è lo slogan utilizzato dall'Unicobas per chiamare gli insegnanti allo sciopero il prossimo 1 dicembre a Roma per una manifestazione nazionale in bicicletta "Contro il disordino dei cicli". Tra le richieste degli insegnanti, il mantenimento dei posti di lavoro di tutti i docenti, la parità d'orario e di salario dalla scuola dell'infanzia a quella superiore.
Altra giornata di sciopero di tutti i lavoratori della scuola, sempre contro il riordino dei cicli, è stata indetta per il prossimo 7 dicembre dai Cub Scuola (Confederazione Unitaria di Base) che ha in programma di organizzare assemblee dei lavoratori nelle varie scuole. Ancora una volta sotto accusa è il riordino dei cicli: "una riforma -sostiene il sindacato - i cui termini esatti sono tanto vaghi quanto preoccupanti per quanto riguarda la qualità del servizio, l'organizzazione del lavoro e l'occupazione nella scuola. In un colpo solo -prosegue il sindacato di base- si intende attaccare la scuola elementare distruggendo un prezioso patrimonio di competenze, porre sullo stesso piano la formazione professionale gestita da aziende con la scuola pubblica, ridurre di un anno l'obbligo scolastico ed imporre al personale della scuola mobilità coatta e degrado professionale".

In mobilitazione ci sono anche gli studenti della Lombardia. Questa vola nel mirino c'è il buono-scuola. Il Coordinamento dei collettivi di Milano, riunito al liceo Parini ha infatti deciso di organizzare per sabato 18 novembre una manifestazione. All'assemblea del Parinierano presenti esponenti dei coordinamenti di altre città della Lombardia (Bergamo, Brescia, Pavia Varese, Lodi). La protesta sarà, nelle intenzioni degli studenti, estesa in tutta la regione con l'organizzazione di manifestazioni cittadine. La mobilitazione studentesca inizierà già dai prossimi giorni con assemblee nelle scuole, picchetti informativi e volantinaggi.

Le proteste toccano anche gli organi collegiali, "per i quali - dice Nino Gallotta dello Snals - non è prevista alcuna indennità economica". E' per questo che lo Snals annuncia che, da lunedì prossimo, tutto il personale della scuola di ogni ordine e grado si autosospenderà da tutti gli organi collegiali elettivi". L'annuncio dello Snals-Confsal è stato rivolto agli operatori scolastici per protestare "contro le esitazioni del governo sulla questione del riconoscimento della loro professionalità". Pertanto - prosegue Gallotta "saranno bloccati i lavori di istituto, dei consigli provinciali".
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Venerdì, 27 Ottobre 2000

Scuola: settimana decisiva per gli stipendi
Redazione KwScuola

 "Abbiamo fatto tre riunioni, ne serviranno altrettante per finire l'esame del capitolo stipendi". La previsione è di Massimo Di Menna, leader della Uil scuola. Lunedì ore 15, a Palazzo Chigi ci sarà il quarto incontro tecnico tra sindacati e delegati del ministero della pubblica istruzione, del tesoro, della funzione pubblica e della presidenza del consiglio.
La questione sul tappeto è l'esame degli stipendi degli insegnanti italiani a confronto con quelli europei. "I tecnici del governo vorrebbero - prosegue De Menna - calcolare la retribuzione per ora di lavoro, ma in Italia un insegnante delle medie lavora 18 ore settimanali più 80 di non insegnamento per scrutini, ricevimento etc... a questo bisogna aggiungere il tempo che impiega per correggere i compiti a casa, la preparazione delle lezioni. In altri paesi, non in tutti, ma in alcuni sì, queste ultime funzioni devono essere svolte a scuola, quindi la comparazione diventa difficile perchè le realtà sono diverse e soggette a più variabili".


I dati Ocse per esempio fanno una comparazione degli stipendi sulle cifre lorde: da qui il primo problema che tecnici e sindacati sono trovati ad affrontare, calcolare nei singoli paesi l'incidenza del prelievo fiscale per vedere realmente quanto va nelle tasche degli insegnanti. "Da una prima analisi - prosegue Di Menna - emerge evidente che con l'anzianità di servizio i più penalizzati sono gli insegnanti italiani". Un esempio per tutti: dopo quindici anni di servizio l'Ocse indica, per il prof italiano, una quota 25, per il prof portoghese, addirittura a 38 per il prof tedesco. "Quella che si apre lunedì sarà una settimana decisiva per l'analisi degli stipendi - prevede Di Menna - subito dopo verrà affrontata la questione defiscalizzazione delle spese per l'aggiornamento professione, cioè l'acquisto di computer libri e altro materiale del genere".

Di seguito, alcuni esempi comparati delle retribuzioni europee.

Scuola primaria. In Francia lo stipendio annuo lordo è di lire 38.948.000 (inizio carriera) e di 72.818.000 (fine carriera); in Germania di 56.768.000 (inizio carriera) e di 59.896.000 (fine carriera); in Gran Bretagna di 38.868.000 (inizio carriera) e di 59.896.000 (fine carriera); in Olanda di 46.642.000 (inizio carriera) e di 69.894.000 (fine carriera); in Spagna di 59.088.000 (inizio carriera) e di 73.700.000 (fine carriera); in Italia di 35.450.000 (inizio carriera) e di 51.882.000 (fine carriera).

Scuola media. In Francia lo stipendio annuo lordo è di lire 42.250.000 (inizio carriera) e di 78.436.000 (fine carriera); in Germania di 61.866.000 (inizio carriera) e di 82.848.000 (fine carriera); in Gran Bretagna di 38.524.000 (inizio carriera) e di 59.896.000 (fine carriera); in Italia di 38.472.000 (inizio carriera) e di 56.502.000 (fine carriera); in Olanda di 49.110.000 (inizio carriera) e di 76.776.000 (fine carriera); in Spagna è di 48.686.000 (inizio carriera) e di 73.700.000 (fine carriera).

Scuola superiore. In Francia lo stipendio annuo lordo è di lire 44.250.000 (inizio carriera) e di 78.436.000 (fine carriera); in Germania di 65.984.000 (inizio carriera) e di 95.006.000 (fine carriera); in Gran Bretagna di 38.524.000 (inizio carriera) e di 59.896.000 (fine carriera); in Italia è di 38.472.000 (inizio carriera) e di 60.372.000 (fine carriera); in Olanda è di 49.528.000 (inizio carriera) e di 102.304.000 (fine carriera); in Spagna è di 56.928.000 (inizio carriera) e di 93.830.000 (fine carriera).
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SCUOLA: COBAS, CON ACCORDO AL RIBASSO NUOVO SCIOPERO DOCENTI

(ANSA) - ROMA, 18 OTT - Se Cgil, Cisl, Uil, Snals e ministro della Pubblica istruzione ''chiuderanno al ribasso il contratto degli insegnanti, si preparino a ricevere un prossimo straordinario sciopero della categoria che, siamo certi, ricevera' l'adesione della quasi totalita' dei lavoratori''. Questa la posizione espressa dai Cobas alla vigilia dell' incontro di oggi pomeriggio a Palazzo Chigi sugli aumenti contrattuali ai docenti. Oggi, affermano i Cobas in un comunicato, ''il governo, insistendo nell'errore che e' costato il posto a Berlinguer, ricevera' e trattera' con i 'soliti noti'. Diffidiamo confederali e Snals - proseguono i Cobas - a stipulare accordi che vadano contro quello che la grande maggioranza dei lavoratori ha mostrato in modo inequivocabile di volere, non solo nelle manifestazioni dello scorso 16 ottobre ma anche nella giornata del 9 ottobre'', in occasione dello sciopero indetto da confederali e Snals. ''Seguiremo da vicino le contrattazioni - afferma il sindacato - con sit-in in occasione di ogni incontro a partire dal prossimo, visto che il sit-in che avevamo chiesto per oggi a palazzo Chigi - concludono i Cobas - ci e' stato negato per la presenza a Roma della regina Elisabetta''. (ANSA). YRH 18/10/2000 14:01

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Mercoledì, 18 Ottobre 2000

Vertenza scuola: la trattativa va avanti

 Il governo è disponibile a trattare sugli stipendi dei prof, ma vuole individuare un'esatta quantificazione dei costi e degli obiettivi della vertenza scuola. In altre parole: dall'incontro fra sindacati (Cgil, Cisl, Uil e Snals) e il governo rappresentato dal ministro della pubblica istruzione Tullio De Mauro, è emersa l'intenzione di dare vita da subito a un tavolo tecnico di trattativa no-stop.

E' un passo avanti che indica la volontà di uscire al più presto dalla vertenza stipendi. Perchè gira e rigira il nodo della questione è tutto incentrato sulla busta paga degli insegnanti.

Il tavolo tecnico sarà formato da esponenti dei ministeri della pubblica istruzione, della funzione pubblica e del tesoro, della presidenza del consiglio e dai sindacati di categoria. Quel tavolo affronterà in tempi rapidi l'ampio spettro dei problemi della scuola: da un piano pluriennale di investimenti alle risorse per l'autonomia scolastica, dalle funzioni della dirigenza ai problemi che riguardano il personale tecnico, amministrativo e ausiliario.

Alla riunione a Palazzo Chigi erano presenti i ministri De Mauro e Bassanini, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Micheli e il sottosegretario al ministero del Tesoro Giarda e i sindacati della scuola Cgil, Cisl, Uil e Snals.

Spiega Massimo Di Menna (Uil): "Non ci è stata sottoposta una proposta concreta, ma c'è stata la piena disponibilità da parte di tutti i ministri per allineare gli stipendi italiani a quelli europei". Quindi Uil soddisfatta: "Positiva la disponibilità a far entrare nel vivo la trattativa. Abbiamo parlato di contratto, immissione in ruolo, dirigenza, personale Ata e precariato - ha proseguito Di Menna - da domani tavoli tecnici alla presidenza del consiglio per costruire un documento politico".

L'incontro di oggi è stato condizionato anche dall'emergenza alluvione nel nord Italia. C' è un "problema delicato legato anche all' emergenza alluvione - ha sottolineato Daniela Silvestri dello Snals - ed è comprensibile la difficoltà del Governo nella definizione dei finanziamenti. C' è però un'apprezzabile sensibilità a non rinviare il problema scuola. Ad ogni modo - ha aggiunto - sono necessari ulteriori studi tecnici, anche per definire esattamente la quantificazione di uno stipendio europeo".

Anche a sentire Daniela Colturani della Cisl l'incontro con il governo contiene un "elemento positivo che è la disponibilità ad andare avanti e reperire risorse per la scuola nonostante il contesto delle tragiche calamità naturali che hanno colpito l' Italia". Secondo Colturani, l' elemento negativo è, invece, che le cifre prospettate non hanno ancora consentito grandi passi avanti.
Positivo anche il commento del segretario della Cgil scuola Enrico Panini che apprezza la "disponibilità politica del Governo ad affrontare la vertenza scuola". Si tratta, ha sottolineato, di una piattaforma "molto articolata, che richiede dunque un tavolo tecnico di approfondimento anche per chiarire i termini delle medie Ocse sugli stipendi e per fornire univoche voci di lettura".
Il tavolo, infatti, dovrà affrontare tutti i singoli problemi e le questioni ancora aperte, legati alla vertenza scuola: dalla definizione di un piano pluriennale di investimenti al problema della defiscalizzazione, buoni pasto e autonomia.
"Il governo vuole analizzare punto per punto - prosegue Panini - Esempio: che cosa significa l'adeguamento degli stipendi ai parametri europei, cosa significa rispetto al salario accessorio Ata l'ingresso del personale degli enti locali a questo punto è necessario dare vita a un tavolo tecnico che istruisca voce per voce i punti della piattaforma e quello diventerà il terreno di un nuovo incontro politico".
da KWSCUOLA

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Martedì 17 Ottobre 2000
italia - lavoro
Ieri protesta di Cobas e Gilda degli insegnanti - Per il ministero la partecipazione si ferma al 13%
Scuola, dopo il blocco si tratta
Dietro front di De Mauro sull’incontro di domani: le organizzazioni di base non saranno convocate

ROMAUn aumento di cinquecentomila lire al mese, in busta paga per tutti; cinque manifestazioni, nelle principali città, tra cui Roma. Ieri è stata la volta degli autonomi, Cobas, Gilda e Unicobas: scioperi e cortei per aumentare le retribuzioni degli insegnanti. Un’adesione del 13,02%, secondo i dati del ministero, sui quasi 800mila dipendenti della categoria. Molti di più, secondo gli organizzatori, che parlano del 60 per cento.

Per alcune ore, ieri mattina, Cobas, Gilda e Unicobas hanno intravisto il miraggio di poter essere convocati domani a Palazzo Chigi, insieme a confederali e Snals. Così almeno aveva detto il ministro della Pubblica Istruzione, Tullio De Mauro, parlando in un convegno a Roma. Salvo poi precisare nel pomeriggio con una nota ufficiale del ministero: all’incontro con il Governo, ha puntualizzato l’ufficio stampa, sono state invitate solo le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto. La firma, quindi, farebbe da spartiacque: stando ai numeri, infatti, la Gilda ha una rappresentatività superiore alla soglia del 5 per cento (il tetto minimo per essere ammessi al tavolo). Se nelle prossime settimane, aggiunge la nota del ministero, si porranno altre questioni estranee alla trattativa, saranno convocate anche le altre sigle sindacali, come è avvenuto anche recentemente, in occasione della discussioni sul riordino dei cicli.

Domani, quindi, gli autonomi non ci saranno. E protestano: «il ministro ha fatto una mezza virata», dice il leader della Gilda, Alessandro Ameli. «Queste separazioni formali, tra firmatari e non, sono fuori luogo visto che non siamo in sede di trattativa formale con l’Aran ma in una fase prettamente politica. Quello di De Mauro è un errore, segno di scarsa attenzione», continua Ameli. Anche i Cobas criticano il ministro, accusandolo di essere «prigioniero dei sindacati confederali». Sciopero e manifestazioni, secondo gli autonomi, hanno avuto successo, anche se le cifre del sindacato contrastano con quelle delle polizia: gli organizzatori del corteo romano parlano di 50mila partecipanti, mentre le stime della polizia indicano 3.500 persone. Tra i sindacati confederali, intanto, si tira un sospiro di sollievo: i dati, commentano alcuni sindacalisti, sono comunque lontani dalla protesta organizzata dagli autonomi in primavera, contro il "concorsone". Un segnale che viene interpretato come un recupero di consenso da parte di Cgil, Cisl, Uil e Snals, grazie allo sciopero di lunedì e all’atteggiamento tenuto nella vertenza.

A maggior ragione, quindi, come avevano già detto la scorsa settimana, il giorno dopo lo sciopero, domani i sindacati si presenteranno agguerriti a Palazzo Chigi. «Non svenderemo i risultati della protesta, se non ci saranno risposte adeguate sciopereremo ancora», erano state le dichiarazioni della scorsa settimana. Quanto alle cifre, il Governo sembra volersi mantenere al di sotto dei 1000 miliardi chiesti dal sindacato (in Finanziaria sono previsti 650 all’anno per il triennio 2001-2002 e 2003), anche se ci sono state nei giorni scorsi una serie di aperture, a partire dallo stesso presidente del Consiglio, sulla volontà di chiudere la vertenza. Domani, salvo ripensamenti, all’incontro dovrebbe presiedere il sottosegretario Enrico Micheli. Tra i sindacati, la sensazione è che non si tratterebbe nemmeno stavolta di un appuntamento definitivo. Sta di fatto che dalla scorsa settimana arrivano continue sollecitazioni al Governo da parte delle forze politiche perché apra i cordoni della borsa. E sia il centro-sinistra che la Casa delle Libertà hanno annunciato emendamenti alla Finanziaria. Ieri è toccato a Rifondazione dichiarare che verranno presentati emendamenti alla manovra per dare a tutti gli insegnanti retribuzioni europee. Idem hanno detto i Verdi. Vedremo se il Governo sarà della stessa opinione.

Nicoletta Picchio

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