Riflessioni sul silenzio di tanti
Lumanità durante la seconda Guerra Mondiale non ha dato
la prova della sua crudeltà e del suo stato ancora primitivo, ma ne ha dato conferma,
mostrando quanto cammino dovrà essere percorso prima di arrivare alla consapevolezza di
cosa sia la vita umana, e di che grande dono rappresenti.
Alle soglie del nuovo millennio si è giunti a condannare definitivamente ciò che i
nazifascisti hanno compiuto durante la guerra, i milioni di persone ebree condannate
ingiustamente a morte, le migliaia di deportati, non saranno dimenticate grazie alla
coscienza delluomo che ha mostrato la sua pietà di fronte la ferocia
delluomo. I libri di storia non saranno più mutilati, i film sullo sterminio
rimarranno per sempre impressi nelle nostre menti, lo sguardo vacuo di uomini non più
umani, privati dellorgoglio, della dignità, nonché di ogni forza vitale, fino ad
essere privati della vita, che a quel punto forse non era più tanto importante.
Steven Spielberg è forse il regista più illustre che abbia sviluppato nei suoi film un
tema così delicato, mostrandone con maestria tutti i lati più drammatici e disumani, ed
è inutile cercare di esprimere a parole ciò che significano quelle immagini, le montagne
di cadaveri, i corpi scheletrici dei pochi sopravvissuti, il loro dolore, quei campi
infernali. A chiunque consiglio di andare a vedere una delle opere di questo mirabile
regista americano, affinché ognuno possa prendere coscienza dellarretratezza del
genere umano, consapevoli però che lo sterminio degli ebrei non fu lunico, basti
pensare alle popolazioni indiane dAmerica, cancellate una dopo laltra, come
animali in via destinzione, schiavizzati e poi annullati. Se qualcuno poi pensa che
oggi finalmente possiamo godere di una qualche maturità si sbaglia di grosso perché
proprio mentre sono qui a scrivere cè probabilmente un tibetano la cui vita viene
spenta da un cinese che, magari proprio come qualche tedesco, combatte per un odio che non
è il suo; ma cè una cosa che mi inquieta, forse di più, ed è che probabilmente
nessun tibetano mai avrà lopportunità di descrivere le sofferenze del proprio
popolo come Spielberg, quei patimenti che poi saranno dimenticati ingiustamente, come i
patimenti di milioni di deportati nei campi di sterminio in Siberia dellallora
governo sovietico, uccisi dal freddo tra altrettante atroci sofferenze di quelle degli
ebrei; forse Hitler aveva ragione a dire che la storia non giudica i vincitori?
Quasi ancora meno notizia, e a torto, fecero le immagini risalenti ai primi anni novanta
quando in Bosnia serbi avevano realizzato dei campi di concentramento, dove lo spettro di
quel virus di pazzia e di disumanità già incombeva sui corpi di quelle persone omai
strette in una morsa insopportabile della fame. Troppo poco si disse e troppo poco si
dice, quando non vengono ricordate quelle vite spente nelle fredde steppe dellest o
nelle ancor più vicine nel tempo e nello spazio regioni balcaniche; nessuno mai
probabilmente ci parlerà con la stessa pietà, con la stessa drammaticità di queste
persone, come è stato fatto per gli ebrei, e perché mi chiedo: forse perché sono stati
diversi i motivi che hanno condotto a tali atrocità? Beh, se di fronte alla vita umana si
fa ancora distinzione per le ragioni a causa delle quali quella è tolta, allora mi rendo
conto che la strada di cui parlavo prima è ancora molto lontana e il cammino è ancora
arduo, e purtroppo ci sarà ancora il rischio di non arrivare mai, come si è rischiato
dopo la seconda Guerra Mondiale.
Mi piacerebbe invece che Steven Spielberg ora che ha già compiuto vari capolavori sullo
sterminio degli ebrei, si dedicasse anche alla storia di altri popoli che sono stati
trattati analogamente, perché tutto si deve sapere e tutti devono essere giudicati.
Tommaso Coli, V B
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