FERNANDO SAVATER
Il Grande Fratello Antiamericano

 

Torna in piazza una vecchia conoscenza: ma i veri nemici degli Stati Uniti sono alcuni finti fan

I feroci attentati dell'11 settembre e la risposta del grande paese brutalmente aggredito hanno sollevato nel resto del mondo ogni genere di reazione: solidarietà, diffidenza, sconcerto... Ma hanno anche risvegliato l'antiamericanismo, un vecchio burbero e pieno di risentimento dal sonno leggero. A questo matusa dispiace per i morti, per carità, ma egli crede che gli yankee se la siano andata a cercare, dopo anni di malefatte in Medio Oriente, America Latina e Vietnam e persino dopo Hiroshima.

Una volta asciugate le quattro lacrimucce di circostanza, il vegliardo ha profetizzato che quanto stava per arrivare era molto peggio di quanto era già avvenuto e che i mali veramente atroci sarebbero cominciati quando il gigante prepotente avrebbero dato avvio all'indiscriminata operazione punitiva nei confronti degli aggressori. Mentre leggete queste righe la risposta è già in moto. Comunque vada, non farà che confermare le ipotesi peggiori del Grande Fratello Antiamericano, la cui protesta finirà per tentare di convincere il mondo che la distruzione delle Torri newyorchesi non è che una manovra della Cia per giustificare le rappresaglie verso i talebani ed altre vittime dell'oppressione capitalista.

Chesterton ha scritto, non ricordo dove, che matto è chi ha perso assolutamente tutto tranne la ragione. Questa definizione stupenda ben si addice alla pazzia di molti antiamericani. A dire il vero, non hanno molti torti. Nel secolo scorso, ovvero quello della loro egemonia, gli Stati Uniti hanno commesso numerosissimi errori e eccessi in politica estera. Ma la sola cosa che non possiamo loro rinfacciare è proprio il fatto di essere diventati lo Stato più potente del mondo. Purtroppo la colpa dell'egemonia statunitense è degli europei, i quali durante tutto il ventesimo secolo si sono dati da fare per accreditare due utopie totalitarie nefaste di segno opposto e quindi complementari: il comunismo e il nazismo.

Questa battaglia ha dissanguato il continente europeo e ne ha obnubilato buona parte dei leader intellettuali (fra parentesi, la maggioranza degli antiamericani discende da uno o dall'altro totalitarismo e talvolta è passata dall'uno all'altro). Per ben due volte gli americani sono dovuti intervenire per ristabilire alla meno peggio l'ordine democratico in Europa mandando al sacrificio migliaia dei propri soldati, e a lavoro finito non hanno esitato a presentare il conto. Sono intervenuti in difesa della libertà soltanto quando e dove interessava loro? D'accordo, ma nessuno Stato è un ordine francescano né agisce in altro modo.

E visti i mali di cui hanno evitato la diffusione, gli europei sono gli ultimi ad avere il diritto di lamentarsi. Le critiche più fondate non riguardano tanto quello che gli americani hanno fatto quanto quello che non hanno fatto: ad esempio, riscattare la Spagna dal fascismo o l'Europa dell'Est dal comunismo. Esattamente come oggi rimproveriamo loro di non intervenire per risolvere il conflitto fra israeliani e palestinesi. Ma le altre potenze europee si sono comportate meglio? Hanno dimostrato maggiore disinteresse o spirito di sacrificio nei casi suddetti, per non parlare dei conflitti etnici nell'ex Jugoslavia, in Kosovo eccetera, dove non sono state capaci di fare nulla senza l'aiuto della potenza statunitense? Come tutti i paesi diventati pericolosamente potenti, gli Stati Uniti sono insopportabilmente e persino ingenuamente arroganti. Prima di loro lo sono stati i romani, gli spagnoli, i francesi, gli inglesi, i turchi, i tedeschi... ogni volta che se lo sono potuti permettere. Ma questo non è il vero problema né la giustificazione degli atti di terrorismo di cui gli Stati Uniti sono stati oggetto.

Il problema è che esiste un altro tipo di antiamericano che oggi manifesta rumorosamente o nega con fermezza ciò che gli Stati Uniti rappresentano. Il brutto di questi antiamericani è che fingono di essere grandi sostenitori degli Stati Uniti... persino negli stessi Stati Uniti. Sono coloro i quali appaiono pronti a ignorare tutte le nefandezze che gli Stati Uniti abbiano potuto commettere e adesso li incitano a impiegare la forza bruta in qualsiasi modo per vendicare gli attentati. Anche questo è un modo di calunniare e male interpretare gli statunitensi. Perché quando ci si lamenta della "americanizzazione" globale, spesso si dimentica che essa è incominciata proprio con l'espansione rivoluzionaria della democrazia rappresentativa.

Il primo passo di questa americanizzazione fu precisamente la rivoluzione francese attraverso Lafayette e Jefferson. Non sono quindi amici degli Stati Uniti (e del progetto rivoluzionario che lì ebbe inizio) coloro che non stigmatizzano l'appoggio concesso alle varie dittature o il mancato appoggio al tribunale internazionale di giustizia (che oggi sarebbe di grandissima utilità) e altre istituzioni globali tendenti a estendere su scala planetaria i benefici della rivoluzione democratica nel campo della difesa dei diritti individuali e delle garanzie contro gli abusi del potere costituito, innovazioni nelle quali gli Stati Uniti sono pionieri.

Va da sé che sono soltanto complici nella tempesta universale e non amici degli Stati Uniti tutti coloro che adesso accettano con entusiasmo qualsiasi mutilazione dei diritti e delle garanzie purché si faccia quella giustizia infinita... che è incompatibile con la libertà duratura. A mio avviso sarebbe auspicabile che il mondo si "americanizzasse" per davvero nel senso democratico del termine.

Che si arrivasse a costruire degli Stati Uniti in tutto il pianeta, non per estendere ovunque uno "stile di vita" basato sul pollo fritto del Kentucky e sui telepredicatori truculenti, bensì per consolidare su scala internazionale i valori democratici, il rispetto delle minoranze e del pluralismo (la civiltà umana comprende anche l'Islam e l'Oriente, non soltanto la tradizione giudaico-cristiana), le libere elezioni, la protezione dell'infanzia. Una "americanizzazione" che portasse a compimento quella rivoluzione che ebbe inizio nella seconda metà del Settecento e rimase incompiuta, in buona parte per colpa degli stessi governi degli Stati Uniti, dei loro nemici totalitari e anche dei loro pseudoamici, più propensi a utilizzare la forza che a affermare i principi di emancipazione.

La Stampa-9 OTTOBRE 2001