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Sabato 10 Novembre 2001

Noi vittime un po’ colpevoli

William Jefferson CLINTON

I terroristi che hanno colpito il World Trade Center e il Pentagono pensavano di attaccare i due simboli più significativi del materialismo e del potere americano. Io penso che si sbagliassero. I terroristi hanno ucciso persone che erano venute in America non per morire ma per sognare. Era gente di tutti i continenti, di decine di Paesi diversi, di quasi tutte le regioni sulla faccia della terra, compresi molti islamici. Quelli che sono morti a New York, al Pentagono e in Pennsylvania, erano parte di un mondo e di una visione del mondo molto diversa da quella di chi li ha uccisi. Vorrei ricordare che adesso noi lottiamo per l’anima del XXI secolo. Penso che ci siano diverse cose che come americani dovremmo fare e vorrei dirle in un modo molto diretto. Innanzitutto, dobbiamo vincere la battaglia in cui siamo immersi e per farlo dobbiamo tenere bene a mente tre cose. La prima è che l’uccisione di non combattenti per ragioni economiche, politiche o religiose ha una storia lunghissima, esattamente come ce l’ha il combattimento organizzato, eppure non ha mai avuto successo come strategia militare a sé stante. Chi di noi ha radici europee non è senza colpa. Durante la prima crociata i soldati cristiani, quando presero Gerusalemme, per prima cosa bruciarono una sinagoga con dentro 300 ebrei, poi continuarono le loro gesta uccidendo sul Monte del Tempio ogni donna e ogni bambino che fossero musulmani. Le cronache contemporanee dei fatti descrivono soldati che camminavano sul Monte del Tempio, uno dei luoghi sacri per i cristiani, immersi nel sangue fino alle ginocchia. Posso dirvi che ancora oggi in Medio Oriente si racconta quella storia, e che ancora oggi la paghiamo. Qui negli Stati Uniti noi abbiamo creato una nazione che praticava la schiavitù e molto spesso gli schiavi venivano uccisi ancorché innocenti. Questo Paese un tempo si è voltato dall’altra parte quando un numero altissimo di nativi americani veniva spogliato dei suoi beni e ucciso per prendere le sue terre o i suoi diritti sulle miniere e perché erano considerati meno di un uomo. E anche di questo oggi paghiamo ancora il prezzo. Perfino nel XX secolo in America la gente è stata terrorizzata o uccisa per via della sua razza. E perfino oggi, sebbene abbiamo continuato a camminare, magari inciampando, nella giusta direzione, occasionalmente abbiamo ancora il crimine dell’odio radicato nella razza, nella religione o nell’orientamento sessuale. Tutto questo per dire che il terrore ha una lunga storia. Il secondo punto che voglio sottolineare è che, in una storia così lunga, nessuna campagna di terrorismo da sola ha mai vinto e le strategie militari convenzionali che hanno incluso il terrorismo generalmente hanno avuto esito negativo. C’è un esempio che risale alla mia infanzia. Durante la guerra civile il generale Sherman condusse una brillante campagna militare per tagliare in due il Sud e raggiungere Atlanta - una manovra importante e utile per mettere fine alla guerra civile in un modo che, grazie a Dio, salvò l’Unione. Nella sua marcia il generale Sherman praticò una forma di terrorismo relativamente blanda - non uccise i civili, ma bruciò tutte le fattorie e diede fuoco ad Atlanta, cercando di spezzare lo spirito dei confederati. Questo non aveva nulla a che fare con il vincere la guerra civile, ma era una storia che sarebbe stata tramandata per un centinaio di anni e impedì all’America di riconciliarsi come avremmo invece potuto fare. Quand’ero un ragazzo che cresceva nel Sud della segregazione razziale e si pose il problema di abolire la discriminazione nelle scuole per dare a tutti le stesse opportunità, la gente si scusò per quell’antico comportamento irragionevole parlando di quello che Sherman aveva fatto cent’anni prima. E’ importante ricordare che solitamente il terrorismo si è ritorto contro chi lo praticava e non ha mai sortito effetti da solo. Il terzo punto che voglio sottolineare è che l’attacco vince in prima battuta. Da quando il primo uomo uscì da una caverna con una mazza in mano e gli altri ancora non avevano pensato di poter mettere insieme dei bastoni, coprirli con una pelle di animale e farne uno scudo, chi imbraccia un’arma prima vince ma presto o tardi, sperabilmente presto, gli altri si mettono insieme e pensano a come difendersi. Quand’è nata la mia generazione, si pensava che non ci fosse modo per difenderci dalla guerra nucleare e che ci saremmo sterminati, invece abbiamo provato l’unica difesa conosciuta, la distruzione reciproca assicurata, e questa ha funzionato: non una sola bomba atomica è stata fatta cadere dopo Hiroshima e Nagasaki. Certo è terribile, questa storia dell’antrace. Ed è terribile quando cinquemila persone muoiono non in un lontano campo di battaglia, ma nel centro di New York e in diretta tv. Eppure, a meno che si tratti di qualcosa di completamente diverso da ciò che è sempre capitato nella storia dell’umanità, troveremo il modo di difenderci e la civiltà resisterà. Molte persone di qualità lavorano seriamente da molto tempo a questo obiettivo. Negli anni della mia presidenza sono stati sventati molti, molti più attacchi terroristici di quanti non abbiano avuto successo. Tentativi di far saltare l’Holland Tunnel a New York, l’aeroporto di Los Angeles, aeroplani in volo verso le Filippine. Un attentato contro il Papa, un altro per far saltare il più grande albergo in Giordania nella settimana del Millennio, piani per distruggere un luogo cristiano in Terrasanta, seminare bombe nel Nord-est e nel Nord-ovest. E molti altri. Dobbiamo appoggiare il lavoro di tutti gli uomini che lottano contro questo e il lavoro dell’attuale governo, qualunque decisione esso prenda. A chi non ha mai vissuto nulla di simile a quanto ci sta accadendo, a chi non ha mai conosciuto nel corso della sua infanzia minaccia alcuna alla sicurezza, io dico: quando noi eravamo piccoli, si facevano esercitazioni in cui bisognava trovarsi dei ripari dove correre se mai qualcuno avesse lanciato una bomba atomica. Imparavi a vivere con quella paura. La gente che si prendeva cura di noi fece però un buon lavoro e quella bomba non arrivò mai. Neanche oggi dobbiamo lasciarci paralizzare dalle minacce e dalla paura. Poi voglio dire che non basta vincere l’attuale battaglia. Ci sono molte persone che non vedono il mondo come lo vediamo noi e certamente non vedono l’America in una luce favorevole. Per questo è molto importante che noi ci impegniamo di più per costruire la comunità dei potenziali alleati nel mondo e ridurre la comunità dei potenziali terroristi. Come ho già detto, questa è una battaglia per definire l’anima del XXI secolo. Come? Innanzitutto dobbiamo ridurre la povertà e creare maggiori opportunità economiche. L’anno scorso abbiamo cancellato il debito dei Paesi più poveri. Dobbiamo fare di più. Abbiamo dato prestiti a piccole imprese in Asia, America Latina e Africa per quattro miliardi di lire. Dobbiamo darne per quaranta miliardi e ancora di più. Poi bisogna mandare a scuola tutti i bambini del mondo. Ce ne sono cento milioni che non mettono piede in un’aula. Uno dei grossi problemi che abbiamo adesso nella guerra in Afghanistan è l’impatto delle madrasse, le scuole religiose, sulle menti dei ragazzi. Non è vero che quei bambini vengono mandati alla scuola coranica perché i loro genitori pensano che Osama bin Laden sia il meglio sulla terra. La maggior parte di loro è stata mandata lì perché le scuole regolari afghane avevano chiuso per mancanza di fondi. Noi dovremmo pagare per mandare quei bambini a scuola. Costa molto meno che andare in guerra e mette le basi per una vita migliore anche per noi. Lo stesso vale per l’Aids o il riscaldamento della terra. Se facciamo la nostra parte, creeremo un mondo interdipendente molto più positivo. Dobbiamo fare di più anche per la democrazia. Dieci anni fa dissi che il modo in cui i popoli si governano era anche affar nostro, perché in genere le democrazie non si fanno guerra tra di loro, non appoggiano atti terroristici dell’una contro l’altra, sono alleati più affidabili, proteggono l’ambiente e rispettano la legge. La democrazia è una forza stabilizzatrice. Fornisce mezzi non violenti per risolvere le dispute. Non è per caso che la maggior parte di questi terroristi provengono da Paesi non democratici. Infine dobbiamo riconoscere che il mondo musulmano pone sfide particolari. Credo di essermi guadagnato un diritto a dirlo perché sono stato il primo presidente della storia a riconoscere la festa di Eid-al-Fitr alla fine del Ramadan e l’ultima volta che abbiamo usato la forza è stato per proteggere le vite dei poveri musulmani in Bosnia e in Kosovo. La maggior parte della gente in Medio Oriente ha dimenticato, ammesso che l’abbia mai saputo, che è stata l’America ad appoggiare la nascita di uno Stato palestinese e la riconciliazione con Israele. Dobbiamo coinvolgere i musulmani di tutto il mondo in un grande dibattito. Questa è una battaglia sulla natura della verità, il valore della vita e il concetto di comunità. La nostra non è una società perfetta e noi dobbiamo essere abbastanza intelligenti da sbarazzarci del nostro arrogante moralismo e da non chiedere per noi cose che neghiamo agli altri. Dobbiamo essere capaci di alzarci in piedi e dire che non siamo contro l’Islam ma vogliamo chiarire bene che cosa pensiamo siano la verità, il valore della vita e il concetto di comunità. Se lo faremo, anche le nuove generazioni vivranno i tempi migliori che il mondo abbia mai conosciuto. Copyright Georgetown University