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La Stampa del 25 ottobre 2001

 

COSÌ IL FILOSOFO INQUADRA IL CAMMINO DELL’EMANCIPAZIONE UMANA CONTRO IL POTERE 

di NORBERTO BOBBIO

[si tratta di una lettera ad Antonello Trombadori, “intellettuale del PCI”, scritta il 12 dicembre 1990; il giornale torinese l’ha pubblicata alla vigilia dell’uscita del volume Diario in pubblico (Marsilio, pagine 99, lire 18.000) dello stesso Trombadori, che contiene anche una corrispondenza con Bobbio di cui la lettera fa parte]

Caro Antonello, ti ringrazio della sollecitazione. Che il discorso sui diritti  richiami immediatamente il discorso sui doveri, è indiscutibile. Diritto e dovere sono due concetti correlativi, come padre e figlio. Generalmente al diritto di una persona nei riguardi di un’altra, corrisponde un dovere di questa verso la prima. Al diritto del creditore corrisponde l’obbligo del debitore. Si può dire anche che il creditore ha un diritto in quanto il debitore ha un obbligo e viceversa. All’obbligo di non uccidere corrisponde il diritto di non essere uccisi.

All’obbligo di servire la patria in armi corrisponde il diritto dello stato di pretendere questa prestazione dai suoi cittadini. Diritto e dovere sono anche in altri modi intrecciati: il diritto all’istruzione non può andare disgiunto dall’obbligo di andare a scuola; il diritto al lavoro non può essere separato dall’obbligo di lavorare quando il lavoro sia stato assegnato.

Naturalmente il problema è molto complesso e non bastano certo queste poche parole per chiarirlo. Se io ho parlato dell’età dei diritti anziché dell’età dei doveri, è perché sono partito dalla constatazione (una constatazione prima ancora che una valutazione) che tutti i movimenti di emancipazione umana che caratterizzano l’età moderna, e che pertanto secondo me dovrebbero caratterizzare oggi più che mai la politica della sinistra, nascono da questa o quella richiesta di diritti dell’individuo o dei gruppi contro poteri costituiti. Così il movimento operaio chiede il diritto di associazione, poi la partecipazione al voto, che si presenta storicamente come la richiesta del diritto di voto. Il movimento femminista sorge chiedendo il suffragio universale esteso anche alle donne, e poi via via il diritto alla parità col coniuge, nelle professioni, nel salario ecc. Entro gli ospedali nascono le cosiddette carte dei diritti degli ammalati. Di contro ai poteri sempre più grandi delle imprese produttrici dei beni nascono le associazioni dei diritti dei consumatori. Di fronte allo strapotere dei mass media, il diritto alla libertà dell’informazione ecc. Che cosa sono i movimenti ecologici se non associazioni per affermare il diritto a vivere in un ambiente non inquinato? E cosa dire del diritto all’aborto, del diritto al divorzio, del diritto (discutibile, lo ammetto) alla buona morte ecc. ecc.? L’era post-bellica è nata dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, del dicembre 1948. E ti par poco? Si capisce che al diritto di vivere in un ambiente non inquinato corrisponde il dovere delle imprese di evitare l’inquinamento, degli automobilisti di usare benzine meno inquinanti ecc. Ma il mettersi dalla parte dei diritti piuttosto che da quella dei doveri significa mettersi generalmente (non sempre, d’accordo) dalla parte della libertà contro il potere.

Anche nel caso che tu citi dei poveri del Terzo Mondo, e, si potrebbe aggiungere, nel caso dei nuovi poveri dei paesi dell’Est europeo. Noi riteniamo di avere degli obblighi verso i paesi più poveri in quanto siamo venuti riconoscendo a poco a poco che avevano dei diritti, prima di tutti quello di non morire di fame. Non ho nessuna difficoltà ad ammettere che all’età dei diritti corrisponde simmetricamente l’età dei doveri. Ma di questa, al prossimo libro! Sul secondo tema, quello della "simpatia" dei comunisti italiani per l’Unione Sovietica, posso darti tranquillamente ragione. Ho usato una parola debole di proposito. Non sono mai stato comunista, tu lo sai, ma il ritorno sui temi dei comunisti divoratori di bambini, che permette ancor oggi ai Dc di tener ben ferme in mano le redini del potere, senza bisogno di ricorrere a milizie occulte, lo trovo inverecondo. Il fatto di non essere mai stato comunista non mi ha mai indotto a diventare democristiano. Con molto affetto, ricordando il famoso viaggio in Cina di cui io stesso contribuii a dare un resoconto sostanzialmente positivo.