ABBIAMO SCOPERTO L'ANALFABETISMO
De Mauro: "Allarme analfabetismo" (KwScuola)
D'Orta: "Analfabeti? Ecco degli esempi..."
(Laura Montanari)
De Mauro: troppi
italiani a rischio analfabetismo (Corriere della Sera)
«Un italiano su tre quasi analfabeta»
(La Stampa)
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Lunedì, 27 Novembre 2000
De Mauro: "Allarme analfabetismo"
Redazione KwScuola
L'Italia è a rischio di analfabetismo. L'allarme
viene lanciato dal ministro della pubblica istruzione Tullio De Mauro
intervenuto alla presentazione
"Educazione degli adulti", curato dal Cidi, il Centro di cooperativa
insegnanti di iniziativa democratica. Non è un allarme nuovo in assoluto, perchè
i dati messi in evidenza oggi sono quelli elaborati sei mesi fa dal Cede, il
centro di valutazione del ministrero che raccontava attraverso le statistiche
sulla dispersione scolastica il preoccupante fenomeno dell'analfabetismo di
ritorno, cioè quelli che pur avendo frequentato le scuole, dopo qualche anno,
non sanno più leggere e scrivere correttamente.
Secondo il ministro De Mauro dire che l'analfabetismo è "una questione
nazionale" non è lanciare un allarme, ingiustificato o esagerato, il
fenomeno è secondo il capo del dicastero di viale Trastevere sottostimato.
"C'è un terzo della popolazione - dice De Mauro - che ha difficoltà di
lettura, scrittura e conteggio e c'è un altro terzo che supera queste difficoltà,
ma non procede oltre". Il ministro aggiunge: "Quel terzo che non
riesce a superare test elementari di alfabetismo e calcolo numerico è quello
che più gravemente pesa sulla nostra vita sociale e sul destino scolastico
delle giovani generazioni".
Lo studio del Cede evidenzia anche una spaccatura marcata fra nord e sud, una
linea di demarcazione che fa riferimento alle condizioni sociali: più le
condizioni sociali della famiglia sono basse e più lo studente è penalizzato
nei risultati scolastici.
Ma cosa può fare allora la scuola? "Può sviluppare - rispodne De Mauro -
un buon sistema di educazione degli adulti, una educazione che duri tutta la
vita, cosa che iniziano a fare i centri territoriali per l'educazione".
E' chiaro che chi esce dalla scuola con un cattivo livello di cultura è a
rischio. E a maggior ragione è a rischio se vive in una famiglia in cui non
entrano nè libri nè giornali perchè rischia di regredire rapidamente.
La riforma dei cicli, ha sottolineato De Mauro "è orientata proprio in
funzione "dell'innalzamento dei livelli di cultura dei ragazzi, ma anche
della complessiva popolazione adulta". L'impegno nell'educazione degli
"over 18" è importante - ha detto ancora il ministro "anche in
termini di quantità di insegnanti che possono lavorare nelle attività delle
scuole".
Infine una questione: è giusto che le scuole puntino su Internet e
sull'inglese? "E' utilissimo - sostiene il ministro - sono strumenti che
vanno benissimo nella nuova scuola, ma per utilizzarli al meglio bisogna
conoscere l'italiano e avere una buona cultura di base".
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Martedì, 28 Novembre 2000
D'Orta: "Analfabeti? Ecco degli esempi..."
Laura Montanari
Ma siamo davvero un popolo di analfabeti come dicono
le statistiche elaborate dal Cede (l'istituto di valutazione del ministero della
pubblica istruzione)? Davvero un terzo della popolazione non sa leggere e
scrivere correttamente in italiano?
"Sì, non stento a crederlo" dice al telefono il maestro Marcello D'Orta,
autore del celebre "Io speriamo che me la cavo" (nella foto una
scena del film tratto dal film), il libro che raccontava gli strafalcioni
dei bambini di una scuola elementare di Arzano (Napoli). La famosa scuola "sgarrupata",
neologismo entrato poi a pieno titolo del vocabolario della lingua italiana.
Allora maestro, le statistiche del ministero dicono che l'analfabetismo è
molto diffuso, e lo è soprattutto in certe aree del Sud.
"Nessuna sorpresa. Questi dati non sono una novità assoluta, sono anni che
sentiamo parlare di allarme dispersione scolastica e quando i bambini neppure
finiscono le scuole medie inferiori...".
Al Sud soprattutto...
"Guardi, i dati sulla dispersione sono sempre da leggere in difetto e mai
in eccesso perchè nelle statistiche non rientrano i ragazzi che fanno un numero
elevato di assenze e che alla fine pesano notevolmente sull'apprendimento. Del
resto quando insegnavo, a Napoli, mi è capitato anche di avere classi di 45
alunni".
Ma cosa può fare un maestro con una classe così numerosa?
"Poco. Non solo può fare poco, ma pensi a cosa non diventa un'aula con
dentro 45 bambini. Ecco le strutture sono un tasto dolente soprattutto al Sud,
le scuole sono davvero sgarrupate. Mio figlio fa la scuola media, entra in
classe al mattino alle 8 e ne esce alle 14,30. Ecco io dico che l'apprendimento
deve essere fatto anche all'aria aperta, con le gite di istruzione (ma non una
sola all'anno) e poi che ci deve essere la palestra in tutte le scuole".
Dunque cosa si può fare davanti all'analfabetismo dilagante?
"Investire sulla scuola. Non c'è altro da fare. Un aiuto ci viene anche
dalla televisione..."
Scusi, in che senso?
"Io sono d'accordo con chi dice che è stata la televisione a fare l'unità
d'Italia, è la televisione che, a parte certi programmi demenziali, introduce
nel linguaggio nuove parole o insegna a parlare là dove la scuola non arriva più".
Parliamo di strafalcioni e di topiche da analfabeti: ci può fare qualche
esempio?"
"Nel mio libro "Il maestro sgarrupato" (edizioni Mondadori)
racconto di un ragazzo che scrisse in un tema: "Garibaldi salpò da
Quarto al Volturno per liberare l'Italia settentrionale dai meridionali",
oppure un altro che scriveva: "Marco Polo neppure lui sapeva bene la
Cina dove stava, però fece un viaggio così lungo, ma così lungo che alla fine
la trovò per eliminazione".
Sulle amnesie alfabetiche e sugli strafalcioni, in libreria c'è solo
l'imbarazzo della scelta. Da non perdere, per gli appassionati del genere,
"Lo stupidario della maturità" (di Vigliero Lami Miti, edito da
Rizzoli), Marcello D'Orta ha selezionato per Kwscuola un breve campionario delle
stupidaggini o degli svarioni più divertenti tratti dal volume di Rizzoli:
"Quelli fatti dai prof: "Devi esercitarti un mucchio"; "Il
tuo tema mi pare abbastanza brevissimo"; "Lo vedi che quando scrivi
non balbetti?". E poi - prosegue D'Orta - quelli fatti dai ragazzi:
"Enea, moglie di Ulisse", "1882, la Germania, l'Austria e
l'Italia formarono la Santissima Trinità", "Quando vide Cerbero,
Virgilio mostrò i denti".
E fra gli svarioni sui significati delle parole: c'è chi crede che canuto sia
uno tradito dalla moglie, che la cariatide sia una malattia dei denti, che la
difterite sia un'antica divinità egizia, che l'encefalo sia un pesce, che
l'ictus sia una pianta del deserto, mentre la scapola sia una donna senza
marito"...
Il maestro di "Io speriamo che me la cavo..." sta ora lavorando a uno
sceneggiato televisivo che sarà ambientato a Cozzano, paese immaginario del
profondo Sud. Lì, protagonista della fiction televisiva sarà una maestra. E
prendendo dai temi dei suoi alunni, Marcello D'Orta legge: "C'è un bambino
che scrive: Cozzano è stata fondata prima di Cristo e così è rimasta", e
più in là: "Noi a Cozzano siamo metà uomini e metà disoccupati".
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La Stampa Martedì 28 Novembre 2000
«Un italiano su tre quasi analfabeta»
Allarme di De Mauro. Finisce l’era dei Provveditori
Mario Tortello
Provveditori agli Studi addio; le scuole dell’autonomia faranno
riferimento a un Direttore generale regionale, al quale il ministro della
Pubblica Istruzione decentrerà compiti di programmazione e gestione del
servizio, «d’intesa con le Regioni e gli enti locali». Con la pubblicazione
in Gazzetta ufficiale del regolamento di riordino del dicastero di viale
Trastevere e e dei suoi uffici periferici, si completa la riforma
dell’amministrazione scolastica italiana; davvero si può affermare che la
firma di Carlo Azeglio Ciampi sotto quest’ultimo decreto ridimensiona
fortemente i poteri di un ministero che - tra alti e bassi - ha contribuito in
maniera decisiva a «fare l’Italia e gli italiani» e che ha visto
susseguirasi sulla poltrona della Minerva uomini come Casati, Gentile, Croce,
Bottai... Stamane, a Roma, il ministro Tullio De Mauro spiega la «rivoluzione»
agli stessi Provveditori. Le tappe della metamorfosi prevedono tempi brevissimi.
Il prossimo Consiglio dei ministri dovrebbe indicare i nomi dei responsabili dei
2 Dipartimenti del ministero destinati a sostituire le attuali 8 Direzioni
generali. Entro la seconda decade di dicembre, dovrebbero essere nominati i
venti Direttori regionali, al posto dei 103 attuali Provveditori. I Direttori
avranno 90 giorni per riorganizzare i servizi sul territorio, diventando
pienamente operativi entro il febbraio 2001.
Intanto, domani, la commissione Cultura della Camera comincia l’esame del
piano di fattibilità della discussa riforma dei cicli d’istruzione (la Cisl
raccoglie firme per chiedere il rinvio dell’applicazione delle norme). E la
scuola resta al centro delle dichiarazioni di governo e Parlamento. Ieri, ha
usato parole forti lo stesso premier Giuliano Amato, intervenendo
all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università di Perugia: «I quattro
quinti della riforma scolastica - ha detto il presidente del Consiglio -
dipendono dalla capacità delle Università di formare insegnanti. Il problema
aperto è la qualità degli insegnanti medi e inferiori».E, sul piano più
generale, ancora Tullio De Mauro ha lanciato un nuovo allarme: l’Italia è a
rischio di analfabetismo. Incredibile, ma vero: uno dei Paesi più
industrializzati del mondo, lanciatissimo nel settore delle nuove tecnologie,
rischia di non sapere leggere, scrivere e far di conto. «C'è un terzo di
popolazione che ha difficoltà di lettura, scrittura e conteggio e c'è un altro
terzo che supera queste difficoltà, ma non procede oltre - spiega il ministro
-. Quel terzo che non riesce a superare test elementari di alfabetismo e calcolo
numerico è quello che più gravemente pesa sulla nostra vita sociale e sul
destino scolastico delle giovani generazioni». E incalza: «Dire che
l'analfabetismo è una questione nazionale non è lanciare un allarme
ingiustificato o esagerato; è perfino sottodimensionare il problema».
La ricetta? La riforma dei cicli scolastici - sostiene De Mauro - è orientata
proprio in questo senso. Serve puntare su Internet e inglese a scuola? E’ «utilissimo»
secondo il responsabile della Pubblica istruzione; ma non basta: «Sono
strumenti che vanno benissimo nella nuova scuola, ma per utilizzarli al meglio
bisogna conoscere l'italiano e avere una buona cultura di base». Non è solo la
scuola di base e superiore a cambiare volto; anche l’Università italiana è
incamminata sulla strada di una radicale (e non facile) innovazione. Oggi, a
Palazzo Chigi, il ministro Ortensio Zecchino presenta alla stampa l’ultimo
atteso decreto, quello sulle lauree specialistiche, con il quale si completa
l'intera riforma universitaria. Come si sa, varate le nuove lauree triennali (da
non chiamare «lauree brevi»), si tratta ora di definire i successivi percorsi
biennali di specializzazione. La rivoluzione dei percorsi di studio dovrebbe
anche venire incontro a uno dei malesseri cronici dell’attuale sistema: il
fenomeno dell'abbandono e dei «fuori corso».
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